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“Abba et bentu, annada de sarmentu (Acqua e vento, annata di sermento, cioè abbondanza d’uva) Annada de binu, annada de pagu tinu (Annata di vino, annata di poco giudizio) ”.
Quando inizia l’autunno inevitabilmente non si può non apprezzare la vite, una pianta dai frutti corposi e multiformi che occupa piacevolmente le nostre tavole e ci allieta tra feste e canti durante le vendemmie, divenendo in questo modo una delle più rappresentative della stagione.
“Ci si sveglia un mattino che è morta l’estate/e negli occhi tumultuano ancora splendori…E’ mutato il colore del mondo.” Così scriveva Cesare Pavese nel lontano ottobre del 1935 durante la sua permanenza a Brancaleone Calabro. In quel caso il poeta si affacciava all’autunno ma, con un mese d’anticipo, questo piccolo passaggio della raccolta di poesie “Lavorare stanca” non può che risultare attuale, reduci da un’estate variabile dal punto di vista climatico, tra l’alternarsi del sole e giornate rattristate dal maltempo.
Camminare per guadagnare salute e per riscoprire con un occhio differente la nostra isola. Camminare non solo per calpestare sabbie bianche o per immergersi in acque di color turchese, ma per conoscere un’altra Sardegna, la meno pubblicizzata ed accattivante, la meno accessibile, la più amata dagli spiriti avventurieri che non rinunciano al brivido di una prospettiva ad alta quota o più semplicemente al passaggio lungo sentieri inerpicati, dove solo mufloni, cinghiali o le anime di antichi pastori parrebbero quasi aver visitato.