Marzo 28, 2024

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    L'intervista

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    di Angelica Grivèl Serra*

     

    Sono le cinque di un pomeriggio d'autunno che mostra già la sua veste invernale, e quando il direttore d'orchestra Leonardo Sini risponde al telefono, la sua voce, che custodisce palpabili strascichi del roco di un'infanzia amata, trasuda una indefinibile flemma. C'è un che di pacato e formale nel suo parlare che si svela però quasi subito ingannevole: si accende d'un tratto, animandosi, nel momento in cui s'innesta il dialogo sulla musica e sulla sua vita lavorativa. L'entusiasmo dei suoi trent'anni si percepisce ora tutto, mentre declina in racconto i più recenti trionfi e l'importanza delle origini sarde come felice trampolino di lancio per la sua precoce, vividissima carriera.

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    Che cosa si sarà sussurrato per i vicoli dei paesi e le strade di città, tra le campagne e le piazze delle chiese, nei giorni seguenti allo sbarco sulla Luna? Quanti, ma soprattutto come, nella Sardegna del 1969, prima dell’arrivo del turismo di massa e degli smartphone, degli hashtag e delle story, hanno vissuto con la trepidazione da grande occasione quel momento, cercando, intimamente, di non perdere uno e un solo istante della diretta tv che avrebbero ricordato per tutta la vita?

    Sicuramente, nelle case degli italiani, in quella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969, si respirava un gran profumo di caffè: chi aspettava sul divano, chi a letto, chi sul terrazzo, guardando la Luna, chi cercava di non farsi sopraffare dal sonno e chi raggiungeva i fortunati possessori di una televisione in bianco e nero. Oltre 50 anni sono passati da quel momento storico che non ha subito l’ingerenza di dirette social, di opinionisti dell’ultima ora o complottisti da tastiera. Non allora, perlomeno. Ed è per questo che, forse, sembra che di anni ne siano passati molti di più. Un momento che è stato unico. E c’è, in questa vicenda che ancora oggi fa parlare e fantasticare, un protagonista indiscusso che, per l’Italia, ha rappresentato più dei tre pionieri dell’Apollo 11. Chiedete a chiunque avesse più di 6 anni nel 1969 di citarvi un nome legato al momento dello sbarco sulla Luna e sarà il suo, Tito Stagno. Di lui e di quella infinita diretta, condotta in mutande per sopportare il caldo torrido, si è detto e letto tanto, così come ha fatto storia la diatriba con Ruggero Orlando sull’esatto momento in cui la sonda toccò il suolo lunare. Il solo fatto di pronunciare il suo nome rievoca un’epoca di scoperta e immaginazione ma, anche, di cronache di grandi avvenimenti storici che videro spiccare la sua firma. Tito Stagno era, già prima dello sbarco sulla Luna, “il vostro inviato da qualunque luogo”. Nato a Cagliari il 4 gennaio del 1930, esordisce su Radio Sardegna per arrivare a Roma nel 1955 e, da lì, iniziare una fulgida carriera in Rai. La sua firma si lega a doppio filo a memorabili eventi del secolo scorso, documentando i viaggi di due Presidenti, Segni e Saragat, il primo viaggio di Papa Giovanni XXIII – in treno, a Loreto -, le visite dei Presidenti USA Kennedy e Eisenhower in Italia, indimenticabili eventi sportivi, e, soprattutto, le grandi conquiste spaziali.

    Resistere alla possibilità di fare una chiacchierata con lui è impossibile. Averne l’occasione è un regalo da condividere.

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