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*Di Alessandra Derriu
Quando migliaia di anni fa in Sardegna vengono scavate le domus de janas (case delle fate o case delle streghe), per accogliere le sepolture dei defunti, queste diventano abitazioni, a specchio di quelle del mondo dei vivi, con porte verso l’aldilà, per l’aldilà, un mondo di pietra per ospitare i morti e favorire il loro passaggio. Abbiamo visto nell’’articolo precedente “Janas e fate, sibille e streghe porte e donne magiche in Sardegna” come la tradizione popolare da tombe-case dei morti le identifichi come dimore abitate da creature leggendarie di piccola statura che tessevano, cantavano, panificavano, predicevano il futuro, avevano il dono della profezia, le janas. In seguito le janas divennero le streghe.
Alcuni concetti si sono affermati concordemente: uno di questi è che gli uomini siano stati privilegiati, con i condizionamenti del paese d’origine e dell’epoca, nei ruoli di comando. La donna è un essere ragionevole e sensibile, ma si è spesso trovata in una situazione di dipendenza e di essere, o addirittura sentirsi, inferiore all’uomo, essendo obiettivamente più debole e più portata al sacrificio.
Di Alessandra Derriu*
In Sardegna, come altrove, il vino è protagonista ed ingrediente principe di diverse pratiche magico-superstiziose, utilizzate a scopi curativi, contro il malocchio, nelle fatture e legature d’amore. Non a caso, mai per caso. I rituali, testimoniati nei documenti dei Tribunali dell’Inquisizione, dal Medioevo all’epoca Moderna, uniscono conoscenze legate alla medicina popolare, antichissime credenze e culti pagani ad una forte religiosità e devozione.