Arte e Cultura

Vita, opere e verbi di Padre Luca Cubeddu

In principio era il verbo e Padre Luca lo sa bene.
Anche quello con cui Cubeddu è cresciuto, fin dall’inizio, era uno: lavorare, perchè a Pattada in pieno Settecento quello serve, e serve pure forza nelle braccia per andare nei campi e pascolare le pecore, anche se sei un bambino.

Poi, però, di verbo ne arriva un altro: comporre.

Vita, opere e verbi di Padre Luca Cubeddu

Carlo Demartis: arrivederci, professore

*DI MATTEO PORRU

Arrivederci, professore. Se lo sente dire da più di trent’anni, Carlo Demartis. E da più di trent’anni, fra classico e scientifico, in aula o in presidenza, vede crescere tanti ragazzi di Alghero e di Tempio Pausania. Del suo lavoro gli piace tutto: insegnare, capire gli studenti, trasmettere passione, avere intorno le vite degli altri, farne tesoro, notarle tutte. E fa tutto questo con la delicatezza che ci si aspetta da un uomo discreto, riservato ma mai assente. E che le vite degli altri le ama molto. Anche quando le lascia andare.

Carlo Demartis: arrivederci, professore

Salvatorico Fortunato Pitzolu, tornare a casa

*DI MATTEO PORRU

È il 1924 e il ragazzo che è appena salito sulla nave per Livorno con un biglietto di sola andata si chiama Salvatorico, ha diciassette anni e la vita l’ha lasciato solo. O almeno, lui pensa così, e ha ragione. Ha perso sua madre troppo presto per ricordarsi bene di lei e troppo presto suo padre si è sposato con un’altra donna, e questo lui non l’ha mai accettato. L’infanzia è un tira e molla, l’adolescenza ancora peggio. Le strade di famiglia sembrano divise e Pitzolu prende la sua, che porta oltre il Tirreno, quanto più possibile lontano dal padre e quindi, suo malgrado, da Bolotana, il paese in cui è nato e cresciuto.

Salvatorico Fortunato Pitzolu, tornare a casa

Sebastiano Moretti: Pitanu, Pitanu!

È il 3 giugno del 1868 e la fila di uomini chini con i sacchi in spalla sa già che il mulino della famiglia Moretti a Tresnuraghes sarà fermo anche oggi. I campi di spighe sono ancora tutti nudi, la carestia li ha spogliati in fretta e dura da mesi, più di dieci. E da più di dieci mesi trovare grano, più che difficile, è pura fortuna. Ma prova ad andarci comunque, quella gente, che magari alla fine succede qualcosa. E succede sì. Perchè, quando arrivano, scoprono che donna Marchesa ha partorito, che è un maschietto, che si chiama Sebastiano. E non c’è grano, ma c’è festa. Non che nei mesi dopo ne arrivi tanto, ma basta per riprendere il lavoro e uno stile di vita più sereno. Sebastiano cresce nei campi, fra le spighe. E quando gli urlano Pitanu, Pitanu! lui sorride e torna a casa. 

Sebastiano Moretti: Pitanu, Pitanu!

Vita e opere di Bachisio Raimondo Basolu

Non è facile venire al mondo. Non lo è in pieno Ottocento, non lo è se non sei il primo, non lo è a Bolotana. Ma se ti chiami Basolu, e Basolu a Bolotana nel 1843 vuol dire borghesia, e borghesia vuol dire che economicamente stai molto bene, allora sembra tutto a posto. O quasi.

Vita e opere di Bachisio Raimondo Basolu

Orlando Biddau e il piroscafo nero

Sul piroscafo nero che è appena partito da Fiume c’è un bambino che stringe la mano alla madre e piange forte. Ha paura. Ne ha tanta anche lei, perché suo marito è rimasto al fronte e non sa se lo rivedrà vivo. La terra si fa lontana, il mare è sempre mosso e la nave scende e sale, sale e scende. La madre guarda il cielo. Orlando Biddau, suo figlio, guarda le onde. 

Orlando Biddau e il piroscafo nero

Aldo Salis, il farmacista poeta

*DI MATTEO PORRU

Fra il palazzo di Città e Porta Sant’Antonio, a Sassari, c’è un bambino che piange. È il 1925, è giugno, è estate, fa caldo. È un maschietto, le dice l’ostetrica, ed è bellissimo. Si chiama Aldo e fa rumore come può per dire a tutti che è venuto al mondo. Da piccolo respira aria di bottega, segue le mani e i pensieri dei genitori che sulla carta sono artigiani ma di fatto creano oggetti, nel laboratorio di famiglia, in piena Città Vecchia. Adora quel lavoro, quel dar forma alle cose. Gli sembra una magia. I Salis non navigano nell’oro, due mani in più non guasterebbero e studiare non costa poco ma Aldo si sdoppia e fa entrambe le cose. Non bene, all’inizio. Di fatto tutto decolla dallo scientifico in poi.

Aldo Salis, il farmacista poeta

Essere giovani non è una scusa: l'opera prima di Danilo Lampis

Di Angelica Grivèl Serra*


Essere giovani non è una scusa è il nome che porta l’opera prima di Danilo Lampis, e già dall’entità severa del titolo si evince come le pagine di cui il libro consta, echeggeranno di una voce tagliente e di uno spirito scabro. Edito da Castelvecchi, il volume è di fattura leggera, così come lo stile di cui si dota la penna dell’autore, che sfreccia di rigo in rigo con brevi caratterizzazioni, a dare solo uno schizzo sommario delle figure descritte: concreta è l’idea di permettere ai personaggi che animano la trama d’introdursi al lettore progressivamente, soprattutto attraverso la dimensione frizzante del dialogo.

Essere giovani non è una scusa: l'opera prima di Danilo Lampis

Mariangela Maccioni, la maestra resistente

* DI MATTEO PORRU

Sua madre non risponde. Se ne sta seduta, immobile, sulla poltrona. Ormai cieca, ormai vedova. Tasta le due fedi che ha al dito da qualche ora, sapendo che quella del suo Sebastiano, lei, Giuseppina, non la toglierà mai. La vita non le darà pace: entro qualche anno se ne andranno per sempre anche i due figli grandi e lo faranno lontano, lontanissimo, oltre due oceani. Le restano poche, care cose: la piccola casa in via Barisone, gli odori e i rumori di sempre, le uniche cose in cui credere, e la figlia Mariangela, quella che le sta seduta a fianco e che le ha chiesto come sta.

Mariangela Maccioni, la maestra resistente

Salvatore Budroni, la poesia fatta a voce

*DI MATTEO PORRU

È il ventitré aprile del 1926 e a Bonnannaro c’è la festa di San Giorgio. Sul palco del paese salgono tre uomini ma a noi ne interessano due. Funziona così: si esibiranno con dei versi improvvisati a tema. Vale tutto, sia essere riflessivi che dissacranti. Il più apprezzato vince. Funziona così da trent’anni, da quando il poeta Antonio Cubeddu inaugurò la prima stagione delle gare poetiche, che per la prima volta uscivano dal piccolo mondo dei sos tzilleris e conquistavano un pubblico nuovo, popolare, ben più grande dei pochi eletti dei circoli letterari di fine Ottocento.

Salvatore Budroni, la poesia fatta a voce
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