Che cos’è la grazia?

Forse per trovarla, per rintracciarne il significato più profondo e immediato, serve perdersi, lasciarsi trasportare da quello che ascoltiamo, che accade, che ci circonda.

Emiliano Deiana è partito da questa stessa domanda e l’ha trasformata in un libro, L’infinito in un istante (MaxOttantotto edizioni), un delicato gioiello di richiami, suggestioni, richiami.

Seguendo lo spirito dell’opera, l’intervista è stata al buio: prima le risposte, poi il libro.

Di questo testo, infatti, a parte i post sulla pagina social di Deiana, non avevo letto nulla. Ho deciso, allora, di lasciarmi guidare dalle parole dell'autore di La morte si nasconde negli orologi per indagare le suggestioni e le domande che portano poi, in fase di lettura, a una ricerca personale che si appiglia alla nostra esperienza, a quello che siamo, ascoltiamo, ricordiamo.

Alla nostra idea di grazia.

 

Quanti semi hanno fatto nascere L’infinito in un istante?

Più di uno. Per me non c’è mai un motivo univoco dietro la nascita di un libro. Il primo seme è una necessità: volevo leggere o scrivere qualcosa che parlasse di grazia in un momento di marciume, astio, odio e indifferenza.  

Il secondo seme è quello della mancanza e parte da una domanda: cos’è la grazia? Quando me lo chiedevo non avevo tutte le parole per descriverla. Così ho iniziato a studiare, leggere, ragionarci. Ed ecco L’infinito in un istante che non è un romanzo e nemmeno un saggio ma, piuttosto, un’allucinazione.

 

In foto: la mappa mentale con cui l’autore ha ricostruito il percorso che ha portato all’opera completa

 

Quando è partito questo viaggio? C’è un punto zero?

Ero in macchina, stavo andando a Cagliari. Qualche giorno prima ero andato alla ricerca di libri sulla grazia ma non avevo trovato quello che rispondeva alla mia domanda.

Voglio trovare la grazia in tutte le cose, anche in quelle brutte, mi ripetevo.

Durante una sosta ho fatto una ricerca in rete e ho trovato un libro intitolato L’ombra e la grazia, di Simone Weil. Non appena arrivato in città sono entrato in libreria l’ho trovato subito: è stato strano, non è un libro così comune. Da quella lettura sono scaturite mille riflessioni e poi ho collegato poesie, canzoni, storie, opere e ragionamenti autonomi in questo viaggio allucinato alla ricerca della grazia.

 

E l’hai trovata?

Spero di si. L’ho cercata in tutte le cose che ho indagato in questo libro.

 

È un intervista al buio: facciamo degli esempi.

Il libro è fatto sulle scritture e sulle immagini che si rincorrono.

C’è una poesia di Sergio Atzeni che recita: “nei tuoi fianchi materni grazia di passo”.

In apertura dico che la grazia è movimento e allora parlo al tango, quella danza che un autore ha definito “un pensiero triste che si balla”. Questa affermazione è stata contestata da Jorge Luis Borges secondo cui il tango non è un pensiero ma un’emozione: io lo contesto a mia volta, dicendo che il tango non è un’emozione ma è proprio l’immagine della grazia.

Questo esempio per far capire come funzionano le associazioni: in ogni citazione o spunto, inserisco delle mie riflessioni.

 

Il tema delle associazioni è ricorrente nella tua scrittura: anche La morte si nasconde negli orologi è un libro ricchissimi di giochi di parole, intrecci narrativi e citazioni più o meno implicite.  

Lì secondo me c’è una riflessione: puoi solo dimostrare che in letteratura nessuno inventa più nulla. Noi siamo le parole degli altri e al limite le possiamo reinterpretare e reinventare con delle storie.

In La morte si nasconde negli orologi avevo il terrore di non finire il romanzo e le citazioni erano la mia rete di sostegno che poi ho riportato nelle coordinate sentimentali. In questo caso, invece, ogni riferimento è direttamente esplicitato.

 

A proposito di coordinate: rispetto a L’ombra e la grazia, quali sono gli elementi comuni?

Quel libro in realtà era un pretesto e alla fine sono solo due le ispirazioni: una è il titolo del libro e l’altra una considerazione di Giordano Bruno sul mescolarsi di luce e ombra dove l’ombra non è il buio ma il luogo in cui, spesso, si nasconde la grazia.

Ne L’ombra e la grazia si parla di grazia discendente. Se guardiamo l’arcobaleno da sinistra a destra ci sembra che, giunti a un certo punto, si salga e basta, ma se lo guardiamo per intero notiamo che è tutto discendente, che va verso il mondo. Ecco, nella grazia io vedo una luce che discende verso il mondo, una forma di carità gratuita.

 

C’è una chiave di lettura che consigli a chi legge il libro?  

Ci sono tante porte. Cito un esempio di Borges, l’idea della biblioteca come mondo, con esagoni infiniti, quasi un labirinto di Cnosso. Consiglio di fare un viaggio insieme dentro alle visioni della musica, dell’arte delle parole e, al contempo, di perdersi.

 

E anche di cercare una sorta di grazia personale?  

Di cercarla in tutte le forme.

 

Anche nel buio?

Anche in quello che ci sembra brutto c’è tanta grazia. Anche nelle cose terribili. Prima di suicidarsi, il pianista Luca Flores scrisse una lettera bellissima a suo padre che si conclude con: "e io amo quei musicisti che cantano, scrivono, suonano ogni nota come se fosse l’ultima”. In quelle parole ho visto tutta la grazia possibile. La grazia si nasconde anche nelle cose dure da digerire, nelle difficoltà. Bisogna aprire il cuore. 

Faccio un altro esempio: si narra che durante le burrasche le onde si raggruppino in gruppi di nove e proprio l’ultima onda, la nona, è la più pericolosa, terribile, terrificante. Il quadro di Ivan Konstantinovič Ajvazovskij si intitola proprio così e anche in quei colori, in quella drammaticità, si scorge una forma di grazia.

 

Hai scritto che L’infinito in un istante contiene anche un romanzo che nei primi e negli ultimi due capitoli si ricongiunge. Un po’ la metafora dell’arcobaleno che ritorna, anche qui, come idea di grazia discendente.

Cito dal libro: "ogni cosa ora ha il suo cominciamento”. Nei primi due capitoli e negli ultimi due c’è un micro romanzo che ha rafforzato la mia ricerca iniziale. Il primo parla della morte di mio padre. Ci siamo solo io e lui. È in coma, nel suo letto, e io faccio una cosa completamente insensata: gli faccio ascoltare una canzone di Sergio Endrigo e, inaspettatamente, giunge la grazia. Il secondo capitolo è la fuga da questa morte che negli ultimi due, in una sorta di lettera di riconciliazione, fa giungere a uno stato di consolazione.

 

Quanta Sardegna popola L’infinito in un istante?

Ci sono tre punti che riguardano tre grandi artisti.

Il primo parte da una frase di Pasolini, “è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia”, che fa partire una serie di percorsi che mi portano a mia madre, Grazia, cui è dedicato il libro. Mi chiedo che cosa sia una madre e, pensando a Susanna Colussi e Celia de la Serna y Llosa, madri di Pier Paolo Pasolini e Pasolini e Ernesto Guevara, rifletto sul momento in cui apprendono della morte dei figli ed ecco che sovviene La madre, di Francesco Ciusa.

Il secondo punto, sempre riferito al ruolo della madre è la meravigliosa similitudine di Costantino Nivola che paragona il gonfiarsi del pane a quello del ventre materno; da questo ci si collega alla bellezza della creazione e si arriva a un’opera di Maria Lai, Andando via, e al romanzo La chiesa della Solitudine, di Grazia Deledda, a cui, nel libro, è dedicato uno dei ritratti realizzati da Gavino Ganau.

 

Cito William Blake: “…tenere l’infinito nel palmo di una mano e l’eternità in un’ora”. Racchiudiamo il tuo libro in una fotografia di Sardegna?

Per un periodo la 131, in direzione Cagliari, è stata deviata sulla destra. Subito dopo Sanluri appare, in questo momento dell'anno, una collina dove il vento muove il grano, procedendo dalla base della collina sino al punto opposto, dove c’è un traliccio che di quanto è brutto è bello.

Sul mio profilo social ho pubblicato una delle foto scattate lungo questo percorso: siamo tra Marmilla e Sarcidano, una collina, un albero, la pace. Non è perfetta, è stata scattata dalla macchina, ma lì c’è la mia idea di grazia, di infinito in un istante.

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Ho letto L'infinito in un istante subito dopo questa intervista e mi chiedo, ancora: cos’è, dunque, la grazia?

Ogni persona troverà la sua risposta nel libro. O si farà nuove domande. O nessuna delle due. Magari ci si lascerò trascinare in un viaggio che, a discapito di quanto afferma l’autore, è tutt’altro che allucinato quanto, piuttosto, una lucida successione di ispirazioni che, in modo diverso, a volte vicinissimo e altre distante, compongono un mosaico chiaro, completo.

E, come i mosaici, va ammirato alla fine, dalla giusta angolazione, nella sua interezza.

L’infinito in un istante è in libro in cui prendere appunti. Un libro da leggere, prima ancora che da descrivere.

Un libro della scoperta e della riflessione dove in un continuo rimando si viene costantemente sollecitati a rintracciare canzoni e poesie, fotografie e vicende umane e, insieme, una nostra versione della grazia, magari più vicina di quanto pensiamo.

Basta, per citare l’autore, saperla cercare. 

 

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Le foto di copertina e all'interno dell'articolo provengono dai profili social di Emiliano Deiana

 

Autore dell'articolo
Mariella Cortes
Author: Mariella Cortes
Curiosa per natura, alla perenne ricerca di luoghi da scoprire, persone da raccontare e storie da ritrovare. Giornalista dal 2004 per carta, televisione, radio e web, lavoro a Milano come formatrice per aziende e professionisti e come consulente di marketing e comunicazione. FocuSardegna è il filo rosso che mi lega alle mie radici, alla mia terra che, anche nei suoi silenzi, ha sempre qualcosa da dire. Mi trovi anche su: www.mariellacortes.com
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