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*DI MARCO SECHI
Da tanto tempo subiamo degli spettacoli di dubbio gusto, spesso elaborati col supporto dell’ambiente del folklore, sintomo di un popolo sardo che avrebbe sempre voluto e probabilmente ancora vorrebbe esserci, ma che non è mai riuscito a costituirsi, a rappresentarsi. Essi si configurano come il ripetersi di una malsana abitudine, manifestata spesso in esibizioni goffe, carnevalate, celebrazioni di feticci, per rivendicare un sedicente “orgoglio nazionale sardo”, senza alcun fondamento concreto.
Sono cresciuto a Sassari. Una città in cui lo spirito urbano e moderno si coniuga con i valori della Sardegna. Le tradizioni come i Candelieri e la Cavalcata Sarda si uniscono alla parte più moderna della città. La passeggiata in Via Roma, l’arrivo in Piazza d’Italia, quante volte abbiamo camminato in queste strade. Ma l’anima della città in cui mi piace passeggiare ogni volta che torno è il centro storico: Piazza Santa Caterina, il Duomo, le vie in cui ci sconsigliano di camminare perché pericolose. Ma cosa è pericoloso di fronte al virus che tutto livella?
Il 4 Marzo, data per me importante, finalmente i 40 anni. Torta, amici, nipoti e parenti. Una domenica in arrivo con tantissimi viaggiatori. È da mesi che abbiamo organizzato questi viaggi, i turisti sono euforici, ogni giorno mi scrivono chiedendo maggiori dettagli. “Che bello, domenica finalmente saremo su quel trenino, un viaggio che abbiamo tanto desiderato.”
Il 4 Marzo, pomeriggio, soffio le candeline, taglio della torta.
“Mamma, dice che sospendono l’attività didattica!”
Ore 20.00 la notizia diventa ufficiale, sospese le attività didattiche sino al 15 Marzo.
Il 5 Marzo leggiamo il decreto, iniziamo a prendere tutte le precauzioni, iniziamo ad annullare il viaggio dell’8 marzo.