Ottobre 09, 2024

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    Sardi nel mondo

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    All’ombra della Bela Madunina, i milanesi non rinunciano a piccoli momenti di relax per stare con se stessi. Piazza Duomo è indubbiamente un punto strategico per osservare il mondo, conoscere culture e modi di essere, espressioni di un’umanità di passaggio che si incontra freneticamente. Alle volte ti soffermi, supportata dall’imponente monumento equestre a Vittorio Emanuele II, e permetti al tempo di tatuarti addosso la varietà di persone che quella piazza offre.

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    Si è svolto in Sardegna nel corso dell’ultimo week end, un educational organizzato da Eurotarget – F.A.S.I. che ha interessato i responsabili delle associazioni degli emigrati sardi coinvolti nella bigliettazione da e per la Sardegna. Un momento conviviale, una forma di riconoscenza dei vertici F.A.S.I. per l’impegno profuso in questi anni di grande lavoro per fornire un servizio importante per tutti coloro che hanno voluto trascorrere il loro periodo di vacanza nell’isola: sardi e non, va specificato.

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    Faceva freddo quel 1 gennaio 1944, ma Dionigi Puddu non ci fece così caso. Si strinse nel suo cappotto grigio verde e continuò a camminare. Aveva preso il treno da Cagliari, lasciandosi le macerie del capoluogo alle spalle e prendendo la via dei tanti sfollati che ripiegavano verso l'interno. Arrivò a Isili, con il treno, e dovette proseguire per Seulo, per tornare a casa. Quel tratto, percorso a piedi a passo svelto, sembrava interminabile.

    Aveva avuto paura, in quei quattro anni di guerra mentre il pensiero dei genitori era tornato più di una volta ma era prevalso in lui l'ottimismo di chi voleva tornare a rivedere i sorrisi dei suoi cari. 

    La sua era una famiglia di torronai, dal  1895. Il padre, Salvatore Puddu, coltivava il grano a Seulo, dove si pescavano, in gran quantità, anguille e trote. Aveva combattuto nella prima guerra mondiale e, in più occasioni, mentre le lacrime gli rigavano il volto, aveva raccontato de "sa famine 'e Spoleto" quando tutti loro, allo stremo delle forze, raccoglievano le bucce delle patate per poter mangiare qualcosa. 

    Ci aveva ripensato, Dionigi, a "sa famine 'e Spoleto" quando dopo la ritirata anche lui, insieme ad altri, patì la fame. 

    Erano tantissimi i pensieri che gli affollavano la mente, quel primo dell'anno, quando la guerra ancora non era finita. Ancora tanti eventi avrebbero scosso l'Italia ma lui poteva dirsi sicuro: stava tornando ad abbracciare la sua famiglia. 

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