Di ALBERTO MARCEDDU*

Durante questi giorni ho avuto modo di leggere svariati pensieri, espressi da persone differenti che a loro volta esprimevano la propria opinione talvolta verso un ottica divergente talvolta verso un ottica convergente, schierandosi pro o contro lavoratori ed imprenditori.

Pensieri differenti e legittimi, giusti? Questo non so dirlo.

  • C’è chi a favore dei lavoratori che pretendono un salario congruo al lavoro svolto e diritti precisi
  • C’è chi a favore degli imprenditori che pretendono di pagare secondo le competenze che ciascuno possiede

Da quale parte vi schierereste voi?

Ci sono imprenditori disposti a pagare e che, secondo loro, ritengono di pagare bene.

Trovo dispiacere nel riscontrare una retorica e banale frase - con contratto di lavoro -  che fa trapelare un’abitudine tutta italiana, probabilmente andata avanti per troppo tempo, un’abitudine cronica alla violazione dei diritti dei lavoratori diventata non solo normale amministrazione, ma addirittura azione degna di straordinario merito.

Ho ascoltato e letto della ricerca in tutta Italia della figura del cameriere, muratore lavapiatti etc, e di chi sostiene che i giovani siano dei fannulloni e che tra reddito di cittadinanza e sostegni per la pandemia, nessuno abbia più voglia di lavorare.

Poi ci sono i giovani, che ritengono di essere stati sfruttati per anni, dove per fare i camerieri hanno sopportato e subìto una difficile convivenza: sette persone in trenta metri quadrati di appartamento; condizioni scomode per affrontare una stagione estiva, che effettivamente non consentono riposo e benessere psicofisico al lavoratore.

Ci sono tanti giovani che con una laurea ed un master alle spalle, a fronte di un mercato del lavoro che non si preoccupa di chi ha investito su se stesso, offrono loro tirocini e stage a 500 euro, obbligandoli così ad emigrare in luoghi dove viene riconosciuto un maggior valore al titolo ed al sapere.

Io sto dalla parte di entrambi. 

Da giovane laureato, che ha svolto oltre dieci differenti lavori durante e dopo gli studi -tra i quali il cameriere- posso dirvi di non esser stato considerato minimamente ne dallo stato tantomeno da Enti dello stato.

I sindaci che si sono susseguiti nel mio paese non solo non hanno mai chiesto l’ausilio delle mie competenze, ma non hanno neppure sostenuto le attività sociali e culturali da me promosse.

La laurea in ingegneria l’ho spesa tra i ranghi di un resort quattro stelle, nella sala di un ristorante oppure tra le mura di qualche famiglia, immerso nei fornelli a cucinare con lo scopo di vendere qualche pentola, o ancora a vendere macchine per il caffè.

Attualmente spendo la laurea tra un vigneto e vi posso assicurare che provo molta più soddisfazione che esser sfruttato da aziende che offrono stage a basso costo.

Ma sto anche dalla parte degli imprenditori, che mi hanno sempre pagato, spesso più di quanto avessi pattuito -forse l’ho meritato, ma questo è un altro discorso- sto con loro perché sono coloro che mantengono in piedi il sistema economico nazionale.

Sto con entrambi e ritengo che forse è giunto il momento.

In quel pentolone dove per decenni si ha trattenuto il coperchio abbassato per nasconderne il sudiciume, ribollono i fallimenti politici e sociali dell’Italia.

Questi saranno i tempi della verità sui problemi del Paese...

Un' Italia che da decenni viene governata da chi in fondo non è mai stato eletto dal popolo, lo fa perché considerato “ideale” in quel determinato periodo storico.

Un' Italia che nel nome della democrazia ha fatto per anni l’anti-democrazia.

Un' Italia dove una VERA e NUOVA riforma del lavoro non la discute nessuno.

Troppo impegnati a discutere di cazzate.

Ci sono i mal pancia dei partiti, la frustrata Meloni, il nauseato Salvini, il puerile Di Maio, lo slombato Zingaretti; ma vent’anni fa, li avreste mai immaginati alla guida del governo a scrivere una nuova riforma del lavoro ?

Davvero oggi vi aspettate che la scrivano loro, che di lavoro non ne hanno mai svolto uno? 

Dalla legge 24 del 1997 nota come Pacchetto Treu sono trascorsi 24 anni, durante i quali si sono susseguite diverse altre riforme sul lavoro.

La riforma Biagi del 2003, verso una riforma del lavoro, la legge Fornero verso una prospettiva di crescita del mercato del lavoro, nel 2014 il Jobs Act promosso dal mitico “because”, il decreto Dignitá del 2018 verso nuove disposizioni in materia di dignità del lavoratore.

Non sono bastate cinque legislature, dei governi Berlusconi II-III-IV, Prodi I-II, Monti, Renzi, Letta, Gentiloni, Conte, Conte II, e a vederlo così, non vorrei non bastasse neppure quello attuale.

Il lavoro va riformato, il Paese intero va riformato, ma prima di ogni altra cosa dobbiamo ri-pensare a riformare la nostra vita.

Io per la mia vita desidero il meglio inseguendolo ogni giorno.

All’età di trentatré anni si hanno tanti progetti, mi chiedo se in questo Paese ci sia rimasto almeno il diritto di sognare.


 *Alberto Marceddu

Ingegnere Meccanico e studente di Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Sassari - Consorzio Uno di Oristano. Insegnante precario e tirocinante volontario presso l’ufficio tecnico del comune di Paulilatino. Già membro nazionale dell’Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO e di altre associazioni nel territorio regionale. Fondatore del progetto culturale Teatrando a Corte. I suoi interessi spaziano dalla politica all’arte, dallo sport  all’archeologia, dalla tutela delle minoranze culturali all’imprenditoria.