In questi giorni si registra, tra gli osservatori politici, istituzionali accademici ed economici, il quasi unanime convincimento che la sola via di uscita dalla situazione che attraversiamo presupponga un massiccio intervento finanziario pubblico in campo economico e, al tempo stesso, la momentanea sospensione di norme sui bilanci pubblici che, ormai palesemente, impediscono adeguate misure di politica economica e che, per tale ragione, dovrebbero giustificatamente essere passibili di deroghe.

Tralasciando ogni opinione su queste regole, anche costituzionali, che impongono i pareggi di bilancio, ritengo che sia realistico immaginare, nell’immediato futuro post coronavirus, la ricerca di fonti finanziarie in grado di alimentare immediatamente gli investimenti pubblici necessari per il finanziamento delle misure anticrisi.

Sul punto si registrano varie ipotesi che oscillano tra un fantomatico ed illimitato ricorso alle casse pubbliche e l’assunzione di un nuovo debito pubblico che, tuttavia, in entrambi i casi, andrebbero verosimilmente a gravare sulle generazioni future. Ritengo sia da prendere in considerazione una soluzione che, pur condividendo il keynesiano presupposto iniziale, non sconfini in un nuovo indebitamento.

In Sardegna la Regione dispone di numerosi fondi strutturali di provenienza comunitaria e nazionale finalizzati alla crescita economica, alla coesione sociale, economica e territoriale, ed all’innovazione. Una vasta galassia di strumenti individuati con vari acronimi (FESR, FSE, FC, FEASR, FEAM, FEAOG, FSC). Complessivamente abbiamo di fronte un volume di investimenti che, attraverso una straordinaria ed immediata ridefinizione della spesa e delle regole di rendiconto, consentirebbe, già nella seconda parte del 2020, un’imponente immissione di danaro pubblico nel tessuto economico che non ha precedenti nella storia della Sardegna.

A questo riguardo è utile ricordare che esistono programmi, piani e bandi che in diversi settori (agricoltura, turismo, industria, ricerca, etc.) prevedono contributi per investimenti a favore del settore privato. Quasi sempre tali investimenti operano come contributo in conto capitale e, pertanto, sono mediamente in grado di generare un movimento economico pari al doppio dell’investimento iniziale.

Giova ancora ricordare che le somme in entrata per la Regione Sardegna sono parametrate sui gettiti IVA e IRPEF generati nel territorio ed è quindi semplice calcolare il rapporto tra investimenti e gettito fiscale. L’intervento, guidato dal governo regionale e dalle strutture tecnico-burocratiche che ad esso fanno capo, di semplificazione ed immediata generazione di liquidità si dovrebbe, dunque, sviluppare su due fronti. In primo luogo, attraverso la drastica semplificazione delle regole di spesa e rendiconto quando il finanziamento sia concesso a favore di un soggetto pubblico.

Le regole generali sulla spesa dei fondi pubblici (codice degli appalti, regole sulla trasparenza, etc.) sono più che sufficienti a dare garanzie sulla regolarità della spesa ed ogni altro onere burocratico comporterebbe un inutile aggravio ed una perdita di tempo. Deve finalmente valere la regola che le amministrazioni pubbliche devono fidarsi delle amministrazioni pubbliche e versare immediatamente l’intero ammontare delle somme già attribuite in sede di stanziamento.

Va invece affrontato con più delicatezza il tema dei finanziamenti ai privati.

In questi casi vi sarebbero diverse soluzioni in grado di generare una rapida immissione di liquidità a favore delle imprese, siano esse le dirette destinatarie del finanziamento o le fornitrici di queste. Per quanto riguarda le imprese che beneficiano di finanziamenti periodici (ad es. nel comparto agricolo), si potrebbe provvedere all’immediata liquidazione di somme maturate fino all’annualità 2020, da sottoporre a verifica nell’anno seguente.

Per quanto concerne i contributi una tantum per investimenti in accordo con gli istituti bancari si potrebbero predisporre regole che consentono l’erogazione dell’intero contributo attraverso un meccanismo di conti correnti dedicati e fuori dalla disponibilità diretta del beneficiario, da utilizzare a favore dei fornitori dei beni o dei servizi oggetto degli investimenti a seguito di dichiarazioni/asseverazioni degli stessi beneficiari e dei loro professionisti.

L’istituto bancario potrà rendicontare la spesa fermo restando i necessari controlli in via successiva ed in maniera tale da sanzionare la difformità di spesa dei fondi rispetto alle dichiarazioni. In questo modo, nel secondo semestre del 2020, gli organi di governo della Regione assicurerebbero alla Sardegna una mole di investimenti enorme (diverse centinaia di milioni di euro) in grado di generare un effetto moltiplicatore nell’economia reale e tale da garantire un gettito fiscale (nelle annualità successive) che potrà garantire la tenuta dello stato sociale (si pensi al sistema sanitario della Sardegna che si basa sul gettito IVA).

Sono consapevole che la realizzazione di questo programma di investimenti secondo le modalità descritte richieda una parziale deroga alle vigenti normative anche di provenienza sovranazionale e, soprattutto, il superamento di un sistema di sfiducia e diffidenza verso i beneficiari di finanziamenti pubblici (siano essi privati che pubbliche amministrazioni), ma ritengo che, così facendo, la Regione garantirebbe la immediata e concreta spendibilità delle risorse finanziarie già assegnate, piuttosto che da aleatori, futuristici e alibistici programmi straordinari di spesa. I

l momento potrebbe essere favorevole anche nei confronti dell’Unione Europea dalla quale – anche alla luce delle recenti aperture sulle linee di credito - si potrebbero ottenere deroghe giustificate dall’attuale situazione emergenziale, in luogo di una più agevole quanto azzardata autorizzazione ad indebitare ulteriormente le future generazioni.

Fabrizio Mureddu

Commissario Consorzio Universitario Nuoro