Sono nato qui. Non sono in grado di individuare un momento preciso in cui iniziano i ricordi. È una sequenza ininterrotta di raffigurazioni e sensazioni che ti porti dentro. Alcune più nitide e ben definite, altre più sfocate, forse nemmeno reali ma risultato della tua immaginazione e fantasia di bambino.

L'immagine di un nonno andato via troppo presto e un altro che combatté durante la grande guerra. E poi tutta una serie di personaggi stravaganti, a metà strada tra realtà e sogno, che hanno calcato, leggeri, la scena di quel piccolo mondo: Tabbacchera, Maria Noli e tanti altri che hanno popolato un microcosmo fanciullesco e magico.

Più avanti le scorribande nelle campagne a caccia di lucertole. Armati di fionde autocostruite con una forcella di legno di olivastro abbrustolita, per renderla più dura e resistente, e due elastici ricavati da una vecchia camera d'aria di bicicletta. Uno del gruppo dei "cacciatori" era un vero e proprio cecchino. In una uscita riusciva a colpire fino a 15-20 lucertole. A pensarci ora mi soggiunge un senso di colpa, ma allora quello era per noi un passatempo assolutamente innocente.

Poi le uscite alla scoperta de "Is forredos de Mancosu", le Domus de Janas pre-nuragiche presenti a poca distanza dall'abitato. Le scorpacciate di ciliegie a giugno, a scandire la fine dell'anno scolastico e di nocciole ancora acerbe, a settembre, a introduzione di un nuovo impegno nella classe successiva. Le castagne a novembre, i fagioli ad agosto per la festa di Sant'Elena, la patrona del paese, quando tutti gli emigrati tornavano per ritrovare i parenti. L'uccisione del maiale e la preparazione delle carni. Le sale da ballo improvvisate per il carnevale. Tutto in quel mondo diventava rito comunitario.

I negozi di generi alimentari, allora ve ne erano ben cinque a Tiana. Ancor prima di entrare sentivi quel tipico profumo costituito da un mix di caffè, formaggio, insaccati, pane caldo e detersivo. Differente rispetto a quello del bar, dove insieme al caffè, a prevalere era il sentore di tabacco, vino sfuso e gassosa. Più avanti, gli anni del liceo a Sorgono. La conoscenza di nuovi compagni di strada, diversi rispetto a quelli conosciuti da sempre a Tiana. Il primo vero contatto con un mondo esterno e diverso da quello sperimentato fino a quel momento. La prima occasione per vedere il Paese dall'esterno, seppure per mezza giornata.

Sullo sfondo le competizioni elettorali tra democristiani e comunisti. I primi accenni di un sindacalismo campagnolo, portato in Paese dai tianesi che lavoravano come operai ad Ottana. Un Polo industriale alieno catapultato nel centro Sardegna da una politica di sviluppo che dopo mezzo secolo non ha lasciato altro che macerie materiali e antropologiche. Un indimenticato prete che, per oltre trent'anni, ha svolto il ruolo di guida spirituale, nonché consulente in materia fiscale e previdenziale, oltre che supporto psicologico per un’intera comunità.

Questi sono alcuni dei miei ricordi di bambino e di ragazzo a Tiana.

Un paese piccolo, tra i più piccoli del circondario. A me sembrava allora grande e pieno di vita. Un luogo dove ciascuno aveva un suo ruolo, una sua identità. Quando si voleva indicare una persona, il più delle volte era sufficiente pronunciarne il nome o il soprannome e quello veniva immediatamente identificato, senza possibilità di equivoco.

Concluso il liceo, venne il momento di spostarsi a Cagliari per frequentare l'Università. Quello fu il vero momento di separazione, lo spartiacque. Una data che, nella mia vita, ha segnato un prima e un dopo nel rapporto con il Paese. Fino a quel momento nel mondo paesano il tempo scorreva lentamente, scandito dai ritmi delle stagioni e della campagna.

Da quel momento in poi ha preso a correre sempre più veloce. Gli studi universitari, la laurea. Il servizio militare e il primo impiego. Poi un primo cambio di lavoro e un altro ancora. La conoscenza di persone diverse. L'incontro con la compagna di vita, la famiglia e i figli. Nuovi impegni che si aggiungono e si sostituiscono a quelli vecchi. E, sullo sfondo, un Paese sempre più lontano, sempre più piccolo e più vecchio, come i suoi abitanti. Ormai diverso da quello conosciuto allora. Bisognoso di cure e di attenzioni. E tu che ti senti un po' un traditore, per aver abbandonato un luogo che, nonostante le difficoltà di allora, ti ha dato tanto.

"Nessuno pensa o immagina che cosa sia per me questa materna terra ch'io sorvolo come un ignoto, come un traditore".

Sono versi di Passaggio notturno, Poesia di Vincenzo Cardarelli.


“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

Lo scrive Cesare Pavese nel romanzo La luna e i falò.


In realtà, ad aspettarti sono rimasti in pochi.

La maggior parte sono andati via alla ricerca di nuove strade. Quelli che resistono ancora li vivono orgogliosamente la propria onestà quotidiana. Nel bar ancora aperto si incontra qualche persona di cui intuisci la parentela grazie ai tratti somatici che ti riportano alla sua famiglia di origine. Tutto il resto è desolazione e sconforto. I servizi pubblici sono ormai pressoché assenti. Le campagne e gli orti, un tempo rigogliosi, in abbandono. Anche l'acqua del fiume, allora abbondante, è quasi un ricordo.

A vederle ora sembra incredibile che in quelle poche case, così semplici e piccole, abbiano condotto la loro esistenza generazioni di uomini e donne di cui non è rimasta quasi traccia alcuna.

Questi e tanti altri sono i miei ricordi di Tiana.

Ma nonostante tutto, nonostante lo spopolamento e il declino che sembra condannare inesorabilmente questo pezzo di mondo, credo che la rassegnazione sia l'approccio più sbagliato. In altri luoghi, con problemi analoghi, si è trovato il modo di risalire la china. Anche qui in Sardegna vi sono collettività, guidate da amministratori illuminati e visionari, che hanno intrapreso la strada del riscatto sociale ed economico con iniziative vecchie e nuove. A quegli esempi, credo, si debba fare riferimento, per trovare una nuova via e una nuova vita per le nostre comunità.

Questo impegno lo dobbiamo ai nostri paesi. Non solo come corrispettivo per averci dato i natali, ma anche in prospettiva futura. L'evoluzione a cui ci ha condotto il modello di sviluppo fino ad ora perseguito ha determinalo lo squilibrio economico-ambientale che è sotto gli occhi di tutti. Se non si interviene subito l'umanità si troverà a breve in una situazione di non ritorno. L'unica possibilità è quella di invertire la rotta e tornare ad un sistema di vita più rispettoso dell'ambiente e di noi stessi. Forse proprio in questo sta la speranza di un futuro per le nostre piccole comunità.


Giorgio Piras

Nato a Tiana nel 1962, diplomato al liceo scientifico e laureato in Economia. Ha avuto diverse esperienze lavorative in ambiente militare, bancario e scolastico. Attualmente è funzionario del Centro Regionale di Programmazione della Regione Sardegna.

(immagine dal Sito Internet del Comune