Nel 1849 gli abitanti di Santu Lussurgiu si rivoltarono contro la borghesia agraria che con l’Editto delle Chiudende si era impossessata dei migliori terreni. Tre manifestanti morirono uccisi dai proprietari. In seguito terreni comuni vennero divisi in lotti e dati ai poveri. Per qualche tempo su quelle aree non venne chiesta nessuna imposta. Qualche anno dopo l’esattore comunale si presentò con le cartelle per la riscossione. Pochi tra quei contadini e pastori poterono onorarle; gli altri rivolsero ai grandi proprietari chiedendo loro l’acquisto di quei lotti.

 

Un episodio della storia del paese così traumatico da essere ricordato con la frase di uno di quei possidenti :”Si est zente po lottes, nara-ddi ca no che seo”. Se è gente per quei terreni, di loro che non ci sono, tanta era l’offerta che si rifiutavano di comprare. Oggi la Sardegna è destinata a rivivere la medesima storia. I nuovi latifondisti si chiamano Matrìca e Mossi &Ghisolfi. Una società milanese intenderebbe acquisire 17.000 ettari per la produzione di biomasse. La svendita dei terreni verrà facilitata dall’Imu agricola che ricadrà su persone impossibilitate a pagarla. Il destino dei Sardi, ancora una volta, legato al modello fallito dell’industrializzazione.

Chi in questi anni ha parlato di land grabbing, è stato ignorato e deriso. Qui da noi non può succedere, veniva detto, ci salverà la quotazione dell’euro. Quello scudo è infranto. Siamo alla rapina delle nostre speranze. La Regione su questo dovrebbe dare una parola definitiva. È possibile non rendersi conto che se perdiamo le terre fertili perdiamo il nostro futuro, saremo ospiti in casa d’altri? Lo sviluppo rurale avrà ancora senso? L’Expò 2015 ha come tema il cibo considerato strategico nel mondo affollato e inquinato del futuro.

Noi invece, facilitiamo l’introduzione di specie infestanti, ad alto consumo idrico, che sotto il sole estivo bruceranno come cerini. Alla fine ci resteranno solo terreni sterili. Basterebbe una legge di pochi articoli per impedirlo. In Sardegna è possibile coltivare solo specie destinate all’alimentazione umana ed animale o per attività tradizionali artigiane ed industriali. Nessun privato può detenere terreni agricoli con una superficie superiore ai mille ettari. La riforma agraria degli anni 50, aveva espropriato chi eccedeva quella quota. Costituzione di un Monte terre che acquisti dai privati e poi rivenda a prezzi agevolati ai giovani agricoltori.

L’acquisto di terreni agricoli eccedenti una dimensione da stabilire, è permesso solo a chi è residente nell’isola da almeno cinque anni. I politici pensano alle elezioni, gli statisti alle nuove generazioni, diceva De Gasperi. Messaggio sempre valido.

Articolo ubblicato su L'Unione Sarda e Sardegna Sopratutto http://www.sardegnasoprattutto.com/archives/5444

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