DI ALBERTO MARCEDDU

L’Italia resta il fanalino di coda tra i Paesi UE per la quota di laureati, il 28% nella fascia tra i 28 e i 34 anni registrata nel 2020.

Il nostro Paese secondo i dati Eurostat, è ancora lontano dalla media europea e dall’obiettivo che Bruxelles ha prefissato: far salire al 45% entro il 2030 la media dei giovani che hanno completato l’istruzione universitaria. La quota Italiana è superiore solo a quella della Romania che è pari al 23%. 

In testa alla classifica stilata in base alle quote dei laureati registrate nei singoli Paesi, c’è il Lussemburgo 61%, Cipro e Irlanda entrambe 58%, Lituania 56% e Paesi Bassi 52%. 

Questi Paesi insieme a Belgio, Danimarca, Francia, Spagna, sono i primi dieci Paesi dell’UE per percentuale di laureati che hanno ampiamente raggiunto l’obiettivo europeo.
Complessivamente nel 2020, solo il 41% della popolazione compresa tra i 25 e i 34 anni aveva completato l’istruzione universitaria nell’UE.

La strategia Europa 2020 ha fissato l'obiettivo di ridurre a meno del 10 %  la percentuale di giovani di età compresa fra 18 e 24 anni che abbandonano prematuramente l'istruzione o la formazione, abbassandolo successivamente di un punto 9% al 2030.
L’abbandono scolastico in Italia registra un miglioramento, scendendo al 13,1% nel 2020, ma il Paese resta lontano dai più elevati standard europei. Peggio di noi solo Malta (16,7%), Spagna (16%) e Romania (15,6 per cento). Lo segnala il report di Openpolis dedicato all’abbandono scolastico.

C’è da dire che nel lungo periodo la tendenza del nostro paese segna un miglioramento. Il tasso di abbandono scolastico è passato dal 17,8% del 2011 al 13,1% del 2022, (-4,7 punti percentuali). 

Allo stesso modo un miglioramento simile è avvenuto in Francia e Germania che però partivano da punteggi più soddisfacenti del nostro.

Esiste una correlazione tra il fatto che sono sempre meno i giovani a  laurearsi e sempre meno ad abbandonare la scuola? 

Dai dati si evidenzia come in Italia, sempre meno abbandonano la scuola e sempre meno concludono un percorso universitario. Ci si ferma sostanzialmente al diploma di maturità. Evidentemente quella posizione che consenta lapartecipazione alla fase concorsuale nel pubblico impiego, con la consapevolezza pertanto che questo Paese non offra alcuna opportunità lavorativa ai più qualificati che per questo motivo decidono di emigrare verso Paesi più sviluppati, più tecnologici,  che investono maggormente nella ricerca e nello sviluppo.

Secondo i dati Eurostat elaborati da Openpolis, l’Italia è in dodicesima posizione tra le nazioni dell’UE per spesa pubblica.

L’Italia nel 2020 investe in ricerca e sviluppo 56 mld, meno della metà del Belgio 123 mld. Risulta ben distante dalla vetta della classifica, dove troviamo il Lussemburgo con 279,2 mld per abitante, seguita dalla Germania con 184 mld.

Poco sotto Austria, Finalndia e Francia con un valore tra i 95,7 e 99,7 mld.

In Italia siamo infatti tra gli ultimi in europa per numero di ricercatori.

Secondo i dati Ocse 2019 la Francia aveva poco più di 11 ricercatori ogni mille occupati, Regno Unito 9,9 mentre la Germania 9,7 e 7,1 per la Spagna, che sono sempre più dei 6,3 dell’Italia. La media europea infatti conta 8,8 ricercatori ogni mille abitanti e l’Italia si posiziona almpiamente sotto.

Eseguendo un’analisi attenta dei dati riportati, si evidenzia come non sia conveniente affrontare un percorso universitario in italia. Forse per questo sempre più giovani si fermano al diploma di maturità, o addirittura decidono di abbandonare la scuola in anticipo, magari proprio per iniziare ad occuparsi e lavorare nell’azienda di famiglia.

Cos’è la “ fuga dei cervelli ” se non la volontà di inseguire i propri obiettivi e realizzarsi malgrado in un Paese che non è il tuo ma che presto diventerà per esserlo? 

In Italia bisognerebbe guardare in faccia la realtà: un Paese fermo al palo da ormai decenni, che giorno dopo giorno si indebita sempre più, inseguendo la strada dello sviluppo. Uno sviluppo che non passa fra le mani di casa ma che prova ad essere raggiunto mediante strumenti e risorse che provvengono dall’estero. Abbiamo demandato tutto ad altri, affidando le redini di un cambiamento a terzi, svilendo ogni risorsa umana, oscurando ogni  mente fresca. Quel che ci resta è una palude, un acquitrino dove sguazzano classe dirigente e politica, godendosi il terzo tempo tra una spruzzata di trielina alllo smoking ed una spennellata di cera al proprio sarcofago.

 


*ALBERTO MARCEDDU

Laureato in Ingegneria Meccanica all’Università di Cagliari dove svolge per un mandato rappresentanza studentesca. Vincitore di una borsa Erasmus studia e vive per un anno accademico in Spagna all’Universidad de León. Assistente Tecnico di Laboratorio presso l’Istituto Superiore Alessandro Volta di Nuoro. Già membro nazionale dell’Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO e di altre associazioni sul territorio regionale. Nel 2016 fonda il progetto culturale Teatrando a Corte