*DI ALBERTO MARCEDDU

Se una cosa non funziona non è detto che vada cambiata, magari più semplicemente è necessario cambiare il modo di farla. L’errore che in Sardegna si è sempre compiuto è quello di sostituire un modello di sviluppo con un nuovo modello. La verità è che più che un nuovo modello servirebbe un modello nuovo. Possiamo citarne parecchi modelli fallimentari, quasi sempre provenienti dal mare che hanno preso piede sempre grazie alla complicità di una politica regionale miope e suddita. 

Oggi, oltre alla complicità della politica regionale ma soprattutto della politica nazionale ed internazionale, sta avvenendo l’attuazione di un modello che, calato dall’alto, vuol calzare su ogni nazione europea ed ogni sua regione alla stregua delle diversità che possiedono ciascuna di esse; in Italia un’appiattimento ed una livellazione che, per la sua forte aggressività, vuole convincerci del fatto che la Sardegna si possa trattare come la Lombardia, la Puglia come il Piemonte, la Sicilia come il Veneto.

Il PNRR rischia di trasformarsi da piano di sviluppo dalle importanti possibilità per i comuni ed i cittadini ad un piano di sviluppo per i capitalisti e le loro società, macchine produttrici di soldi che rappresentando il 2% della popolazione europea e detenendo il 90% della ricchezza,  proveranno a decidere per il restante 98% della popolazione esistente sul territorio europeo, qualora non si generi una massa critica di cittadinanza attiva che levi il sonno a questa politica regionale e nazionale dormiente obbligandola a decidere sulla base di un confronto democratico.

La Sardegna più di altre regioni d’Italia ha pagato il prezzo. Con i suoi 445.000 ettari di interesse nazionale per bonifica, si posiziona al primo posto per inquinamento. Sappiamo su quali cadaveri dobbiamo traversare per “ripulire” le macerie di Ottana, la morte ambientale che ha generato un elevatissimo numero di decessi per tumore causati dall’inquinamento. Primo fra tutti mio padre che, dopo tante sofferenze, l’unica nostalgia che prova è quella della voce che possedeva prima della malattia, prima di perdere una corda vocale e tre quarti di laringe.

Dei 209 miliardi del Recovery Plan destinati all'Italia, dei quali il 40% è destinato al mezzogiorno,  - testimonianza del fatto che il governo riconosce nel sud un territorio con maggiori difficoltà nello sviluppo- vorremmo se ne facesse buon utilizzo, in quanto la Sardegna è l’unica isola d’Italia ad essere esclusa dal processo di metanizzazione, dimostrazione del fatto che la Sardegna si differenzia perfino dalla Sicilia ed in tale diversità necessita pertanto di un piano e di interventi fuori dall’ordinario.

Per far si che la Sardegna si trasformi in un polmone verde, in una regione modello che sia un esempio nel mondo per la produttività di energia pulita servirà tanto tempo ed impegno poiché un cambiamento repentino e drastico sappiamo tutti che non sarà possibile. Servirà, al contrario, un lungo periodo di transizione da qui alla Phase Out del carbone, dove alle otto centrali di carbone presenti in Italia la cui chiusura è prevista per il 2025, sarà necessario sostituire sistemi meno inquinanti quali il gas, implementando nel frattempo la produzione di energia pulita dalle fonti inesauribili e quindi rinnovabili.

Per la sostituzione di questi sistemi inquinanti serviranno 46 miliardi dei 180 previsti per l’intero settore energetico nazionale. Le maggiori criticità risultano in Sardegna dove sono localizzate le centrali del Sulcis (Enel) e Fiume Santo (EP Produzione), dato che la loro dismissione avrebbe impatti molto forti sul sistema energetico ed economico dell’isola, vuoi per la presenza di industrie energivore come quelle siderurgiche, vuoi per l’assenza di alternative quali per esempio le infrastrutture per il gas naturale.

La Sardegna inoltre, oltre essere l’unica regione d’Italia ad essere esclusa dal processo di metanizzazione, è priva di un sistema di trasporto del gas naturale, mentre esistono reti di distribuzione, in alcuni casi ancora in fase di realizzazione, che attualmente utilizzano altri combustibili. La giunta regionale sarda, con una serie di provvedimenti presi a partire dal 2004, ha adottato un Piano di Metanizzazione che ha portato alla suddivisione del territorio in 38 bacini di utenza.

Alcune delle imprese aggiudicatarie hanno realizzato reti che sono alimentate con gas diversi dal gas naturale (GPL o aria propanata), mentre risultano attualmente in fase di ulteriore sviluppo solo reti gestite da Italgas (con lavori avviati in 4 bacini e lavori previsti in ulteriori 6). Il piano di metanizzazione di Italgas prevede l’alimentazione delle reti mediante depositi di GNL locali dotati di impianto di rigassificazione, oltre all’utilizzo di carri bombola per le zone più remote. 

  • 14 bacini su 38 in cui esistono già reti di distribuzione (completate in tutto o in parte);
  • 100 km di rete in esercizio;
  • 000 utenze servite (60% con aria propanata, 40% con GPL);
  • 101 comuni serviti (su un totale di 377 comuni);

Riguardo al trasporto di gas naturale, i progetti di SNAM prevedono: 

  • un collegamento virtuale (“Virtual Pipeline”) con il continente che prevede il caricamento di GNL dal terminale di Panigaglia ed il trasporto per mezzo di bettoline verso depositi costieri sardi dotati di rigassificatore;
  • un collegamento fisico (“Sealine”) con la penisola tramite gasdotto connesso alla rete di trasporto nazionale (286 km per circa 800 M€ di CAPEX);
  • una rete di trasporto (“dorsale”) del gas sul territorio sardo (“Rete Energetica Sarda”) alimentata dai collegamenti virtuale e fisico (progetto sviluppato congiuntamente da SNAM e SGI – 585 km per circa 600 M€ di CAPEX); 

Riguardo ai depositi/rigassificatori costieri di GNL, vi sono cinque progetti sul tavolo regionale: 

  • 1 in costruzione (Higas a Oristano, senza rigassificatore);
  • 1 autorizzato (Edison a Oristano, con rigassificatore);
  • 2 con procedura autorizzativa in corso (IVI petrolifera a Oristano, Isgas Energit a Cagliari, entrambi con rigassificatore);
  • 1 per cui è stata espressa una semplice manifestazione di interesse (Consorzio Industriale Provincia Sassari a Porto Torres); 

La situazione che emerge è di vasta complessità ed il discorso prosegue. Sono tematiche che ho trattato ampiamente in un progetto che ho scritto recentemente (e consultabile prossimamente) il cui testo presuppone oltre alla conoscenza dei fatti, anche una conoscenza dei temi. Per questo motivo mi auguro che i nostri politici regionali stiano dedicando grossa parte del loro tempo allo studio della materia, considerato che tra loro fioccano i diplomi di scuola superiore oltre ovviamente a quelli di scuola di populismo.


ALBERTO MARCEDDU

Laureato in Ingegneria Meccanica all’Università di Cagliari dove svolge per un mandato rappresentanza studentesca. Vincitore di una borsa Erasmus studia e vive per un anno accademico in Spagna all’Universidad de León. Assistente Tecnico di Laboratorio presso l’Istituto Superiore Alessandro Volta di Nuoro. Già membro nazionale dell’Associazione Italiana Giovani per l’UNESCO e di altre associazioni sul territorio regionale. Nel 2016 fonda il progetto culturale Teatrando a Corte