*Di MARCELLO FOIS

Vorrei che si cominciasse a discutere della faccenda “cosa fare di ciò che è rimasto della casa di Bustianu?” senza troppi manicheismi e senza la tendenza locale ad estremizzare. Quando si estremizza è solo perché manca il materiale storico, scientifico, psicologico, etico per mettere in campo gli argomenti. E occorre considerare la realtà così com’è non per destino cinico e baro, ma perché frutto di altre, precedenti, diatribe alla nuorese, cioè frutto di discussioni accesissime, ma prive di sostanza.

Sono diatribe di questo tipo che nei decenni hanno prodotto guasti incommensurabili: abbattimento delle vecchie carceri, del vecchio comune, su tutti; e un solo, meraviglioso colpo di genio: Piazza Sebastiano Satta.

Sorvoliamo sulle ristrutturazioni senza nesso: Tribunale, casa Ciusa. Sorvoliamo sulla manìa di risolvere tutto con l’invenzione di uno spazio museale: Nuoro ha più musei che reperti, come più libri di storia che storia. Ma va detto che proprio in virtù di tutto quanto ha rappresentato Bustianu per Nuoro, perlomeno sul piano ideale, usare lo spazio dove è cresciuto come centro del rapporto tra i visitatori, ma anche tra i cittadini, e questa città non mi pare uno svilimento. Credo che lui stesso, una volta superato lo shock del constatare com’è stata ridotta la sua casa, ne sarebbe contento.

Abbiamo della storia un’opinione assai domestica, ci ricostruiamo piccoli musei privati in cantine rustiche con le foto sgranate, e photoshoppate, degli avi, con le poche pentole in rame rimaste, con qualche setaccio, o qualche brandello di un vecchio costume; poi demoliamo il nostro passato senza un’ipotesi: l’alluminio anodizzato del Banco di Sardegna, l’assetto bunker, autosalone della “nuova” Biblioteca Satta, il “centro polifunzionale” al posto delle vecchie carceri.

Casa natale di Sebastiano Satta - Foto © Nuoro App

Pensateci un po’ un luogo pubblico diventa un luogo privato, un obbrobrio in pieno Corso; una visuale, forse la più bella da Piazza Aspromonte a Badde Manna, viene coperta da un edificio che non poteva mai essere più bello del paesaggio che stava annullando; un luogo di sofferenza che, come è successo dovunque, poteva diventare uno spazio di vita viene raso al suolo come la Bastiglia, ma sostituito da un non luogo, inutile, inutilizzato, che si presenta come un accumulatore di motori a cielo aperto, inutili anch’essi. 

Ora, con questi presupposti, che discussione si vuol fare? La soluzione è proprio davanti allo spazio di cui si parla. Proprio quella Piazza Satta considerata unanimemente un gioiello. E cioè il frutto di un “pensiero” non provinciale, degno del peso che questa piccola città, sede di Nobel, e Atene a tutti gli effetti, anche a dispetto di chi vorrebbe ridurla ad una soluzione cioè è di affidare le soluzioni a chi ha a cuore materiali resistenti, che crescono di senso col tempo, e non soluzioni precarie, dettate dal contingente.

Esiste una città, nella città, che avrebbe con coraggio la soluzione a questa empasse provincialissima.

Bisogna ascoltarla: sono generazioni di intellettuali, artisti, cittadini impegnati nel sociale, imprenditori intelligenti, e sono lì. Non bisogna cercarli chissà dove. Loro vi direbbero che una città in cui vale la pena di vivere è un posto che si deve abitare, non è il salotto buono della zia che tutti possono solo guardare durante il giro della casa. Vi direbbero che il rispetto dei luoghi può essere creativo, che risolvere tutto museificando è una forma di eutanasia, perché gli spazi, d’informazione, di scambio, sociali sono altrettanto importanti per costruire un senso di sé. Vi direbbero che chi amministra un luogo delicato come Nuoro ha il dovere di conoscere l’incredibile, trascurato, materiale umano che ha a disposizione, consultarlo, metterlo in campo, tenerne conto. Vi direbbero che rispetto al danno compiuto tutta questa discussione fa proprio pena.

Lasciamo che, anche in nome di Bustianu, questo paesone si renda conto del suo valore e decida di diventare, finalmente, una città.  


*Marcello Fois è nato a Nuoro nel 1960. Vive e lavora a Bologna. Ha pubblicato, tra gli altri, Picta (marcos y marcos 1992; vincitore del Premio Calvino 1992), Ferro Recente (Granata Press, 1992), Meglio morti (Granata Press, 1993), Sheol (Hobby & Work, 1997), Dura madre (Einaudi, 2001), Piccole storie nere (Einaudi, 2002), Memoria del vuoto (Einaudi, 2006; vincitore del Premio Super Grinzane Cavour 2007, Premio Volponi 2007 e Premio Alassio 2007) e Stirpe (Einaudi, 2009; vincitore del Premio Città di Vigevano 2010 e del Premio Frontino Montefeltro 2010).

Foto Copertina © Sardegnaturismo