Fino all'avvento dell'Islam nessuna trasformazione fu più profonda della conversione di Costantino al cristianesimo e della successiva cristianizzazione dell'impero romano. Il pantheon romano così flessibile si accorse che non c'era spazio in esso per il nuovo Dio cristiano così preponderante, ed anche il Nuovo Testamento che aveva sempre diviso Cesare e Dio dovette fare adesso i conti con un Cesare scelto da Dio.

La distinzione tra religione e politica, così cara ad ebrei e cristiani, non era propria dei pagani: per loro vita civile e vita religiosa erano un tutt'uno, e le massime cariche civili e militari erano al tempo stesso anche cariche religiose. Era loro incomprensibile associare uno stato multiculturale al politeismo a differenza dei cristiani che valorizzarono presto il nesso tutto teorico tra la loro religione monoteista ed il nuovo stato.

La religione romana di Stato era basata su celebrazioni in onore di divinità che erano state imperatori, ed il loro cerimoniale aveva unito e consolidato la lealtà dei provinciali verso Roma; quando però, all'inizio del IV secolo d.C. l'imperatore stesso divenne cristiano, l'intera eredità culturale che aveva unito l'impero dovette essere ridefinita ex novo: in questo nuovo contesto si inserisce la figura di Costantino che con la sua opera diede un nuovo assetto generale.

Costantino era giunto al potere succedendo al padre Costanzo nei territori di Gallia, Spagna e Britannia[1] ereditandone alcune idee religiose che lo influenzarono per tutta la vita, in particolare aderì con convinzione al culto del Sole. Interessante a tal proposito risulta una visione di Apollo avuta da Costantino in Gallia in cui la divinità annunciava lui un'eccezionale longevità: Apollo rappresenta il dio solare gallico, e l'episodio di chiara matrice propagandistica, sottolinea il nuovo favore accordato al culto del Sole.

Il dies solis natalis, il giorno natale del Sole, era celebrato dai Romani il 25 Dicembre e fu mutuato dai cristiani come giorno natale di Gesù, tant'è vero che molti romani credevano che i primi cristiani adorassero proprio il sole. Questa confusione era senz'altro favorita dal fatto che Gesù fosse risorto nel primo giorno della settimana dedicato al sole (domenica), giorno di festa per i cristiani.

Si sa che la propensione di Costantino per il cristianesimo è legata alla battaglia di Ponte Milvio del 312[2] contro Massenzio, ma occorre tenere presente che tutte le sue invocazioni sono sempre rivolte ad una non precisata Divinitas innominata che si adattava sia ai cristiani che ai pagani, tant'è che per questi ultimi Costantino rimaneva sempre Pontifex Maximus, la somma carica sacerdotale pagana.

Costantino si mosse sempre per la ricerca dell'unità e della concordia della Chiesa[3] allora in preda ai primi conflitti religiosi tra ortodossi e non, che derivava da un preciso disegno politico che considerava l'unità del mondo cristiano condizione indispensabile per la stabilità dell'impero; occorreva inoltre trasformare la forza delle comunità cristiane dotate di grandi capacità organizzative in una forza di coesione statale.

Il battesimo di Costantino avvenne, come era allora usanza, solo in punto di morte nel 337 considerato questo un modo sicuro per ottenere la vita eterna venendo mondati da ogni peccato: a battezzarlo nella sua residenza fu il vescovo ariano[4] Eusebio. Morendo dava vita all'epoca che dalla nuova capitale dell'impero da lui fondata prese il nome, ovvero l'epoca bizantina.


 

 

 LE ARDIE

Quando i primi monaci a seguito del generale bizantino Belisario vennero in Sardegna nel 553 diffusero il cristianesimo di tipo greco e con esso il culto dei relativi santi; in seguito con lo scisma del 1054 tra chiesa d'oriente e chiesa d'occidente la Sardegna fu affidata alla giurisdizione di Roma ma i culti di origine greca, ormai radicati nella tradizione, resistettero.

Fino ad allora la chiesa sarda, benché tendesse all'autocefalìa[5], dipendeva dal Patriarcato di Costantinopoli, che a sua volta riconosceva ancora il primato d'onore e di giurisdizione della Santa Sede di Roma. Il rito greco che si officiava in Sardegna si differenziava dal rito latino in alcune espressioni liturgiche quale quella di unire la cresima al battesimo alla vigilia di Pasqua o di Pentecoste.

Mentre il clero operava nella parte di Sardegna romanizzata avente come centro le città vescovili costiere e Forum Traiani (Fordongianus), nell'interno, nella zona delle Barbagie attuali, i monaci bizantini seguaci della “Regola di San Basilio” iniziarono la loro intensa opera di evangelizzazione cercando di convertire gli indigeni che ancora adoravano le divinità nuragiche[6].

I Bizantini introdussero il culto dei loro santi, su tutti Sant'Antioco e san Costantino, nonché la venerazione per gli arcangeli Gabriele e Raffaele. Costantino infatti è considerato santo dalla chiesa ortodossa orientale ma non da quella cattolica e non è riportato nel Martirologio Romano ma solo nel Sinassario Costantinopolitano dove è celebrato il 21 Maggio assieme alla madre sant'Elena, lei santa anche per Roma che la celebra però il 18 Agosto. Il culto di santu Antine si radicò profondamente nelle tradizioni popolari e a lui sono dedicate le Ardie che vengono celebrate in alcuni paesi come Sedilo o Pozzomaggiore.

Il termine Ardia deriverebbe dall'arabo “Al-Bardaa” ed indica l'armatura con la quale veniva bardato in cavallo per la guerra: la radice “bard-” indica anche l'atto del vigilare, che traslato in ambito religioso, si riferisce allo scortare l'effige del santo lungo la processione.

L'Ardia più famosa è senza dubbio quella di Sedilo che si svolge dal 5 al 7 Luglio: il capocorsa (Pandela) stringe lo stendardo con l'effige del santo protetto da alcuni cavalieri (Iscortas) che devono difendere l'effige dagli altri cavalieri assalitori simboleggianti la paganità di Massenzio mentre si compiono alcuni giri al galoppo attorno al santuario[7].

La maggior parte degli studiosi moderni fa risalire la tradizione dell'Ardia ai corpi di guardia a cavallo bizantini che stanziati nella zona di Fordongianus difendevano il territorio. È molto interessante soprattutto l'origine equestre dell'iconografia di Costantino: in realtà la statua equestre è quella dell'imperatore romano Marco Aurelio (121-180), unica risparmiata dalla furia iconoclasta dei primi cristiani che erroneamente la scambiarono per una statua di Costantino salvandola così dalla distruzione.

La leggenda circa le origini dell'Ardia di Sedilo narra che a costruire la chiesa di fu un uomo nativo di Scano Montiferro, tale don Giommaria Ledda, al quale durante la prigionia ad opera dei Mori a Costantinopoli apparve in sogno Costantino che garantì lui la libertà in cambio della promessa di edificare una chiesa in suo onore in località “Monte Isei”.

Don Giommaria, per presunta intercessione divina, fu liberato il giorno dopo e poté fare finalmente ritorno a casa. Un giorno si recò a Ghilarza per l'acquisto di alcuni capi di bestiame e lungo la strada incontrò un giovane che palesatosi per Costantino ricordò lui la promessa fatta: l'uomo però si giustificò in quanto rimasto senza soldi, ma a quel punto, il santo regalò lui un sacchetto contenente delle monete d'oro che dovevano servire per la costruzione della chiesa. Con il gruzzolo si recò a Sedilo e poté iniziare i lavori, ma la somma in breve tempo si rivelò insufficiente. Sconsolato tornò a Scano Montiferro, ma miracolosamente il portamonete si riempì di nuovo di monete d'oro e poté così completare i lavori.

Il Monte Isei era un luogo di culto utilizzato fin dall'epoca nuragica così come testimoniato dal ritrovamento di un betile[8] noto come “sa pedra de Santu Antine”; si dice inoltre che la chiesa sia edificata sopra un pozzo sacro di epoca nuragica in seguito cristianizzato.

In conclusione possiamo affermare che il culto di Costantino è chiaramente di origine pagana traslato poi al mondo greco-bizantino che lo esportò in Sardegna. È interessante notare come la conversione di Costantino nel IV secolo d.C. avvenne a sua volta tramite la mediazione del culto solare mitraico di origine iraniana e che nacque per una questione di convenienza politica anche se con il tempo si tramutò in un'adesione sincera al nuovo Dio.

 

Antonello Cattide*



[1]      Fu nominato Cesare dalle truppe ad Eburacum l'attuale York.

[2]      Per la storiografia pagana la conversione al cristianesimo viene fatta risalire agli anni attorno al 326 a seguito dell'uccisione del figlio Crispo e della moglie Fausta. I sacerdoti pagani manifestarono all'imperatore in preda al rimorso l'impossibilità di lavarsi da colpe tanto gravi e per questo motivo pare si rivolse al Cristianesimo, l'unica religione in grado di garantire la purificazione da ogni peccato. In realtà ciò farebbe pensare ad una reazione pagana intellettualmente forte e vigorosa che iniziò a manifestarsi quando la politica costantiniana divenne discriminatoria.

[3]      Convocò nel 325 il Concilio di Nicea in cui fu stabilita la natura del Figlio in relazione al Padre; in particolare, stabilire se il Figlio fosse della stessa sostanza del Padre. Si arrivò ad un documento condiviso nel quale Cristo era definito “Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato e non creato dalla stessa sostanza del Padre”, e nato da parto virginale di Maria.

[4]      L'arianesimo è una dottrina elaborata dal vescovo Ario (256-336) e condannata nel Concilio di Nicea del 325 che sosteneva la natura inferiore di Gesù rispetto a quella del Padre ipotizzando una sua creazione smentendo in questo modo la trinità divina.

[5]      Il primate era nominato da un concilio di vescovi locali a loro volta eletti dal primate.

[6]      Si data a questo periodo una missiva del Papa Gregorio Magno indirizzata ad un certo Ospitone dux Barbaricinorum perché convincesse il suo popolo ad abbandonare i culti pagani e a convertirsi al Cristianesimo. Ciò ci farebbe supporre che al di là del limes  che separava la romanitas dalla Barbaria, vi erano delle popolazioni statualmente conformate in un regno autonomo.

[7]      Per un approfondimento sulle Ardie vd. G.CONCU-S.RUIU, Ardias e Parillas in Sardegna, Nuoro: Imago Multimedia, 2008.

[8]      Il betile è una pietra lunga conficcata nel terreno che rappresenta il dio maschile e della fertilità (la sua forma ricorda il fallo), ma esistono anche molti esempi di betili con mammelle o incavi. Betili che vuol dire “case del signore” erano considerate sedi delle divinità che dovevano proteggere i defunti e sono situati per questo motivo in prossimità delle tombe dei giganti .