Se vai in Egitto sai di trovare le piramidi. Se passi per la Grecia, te lo aspetti che prima o poi finirai nei pressi di qualche tempio dalle massicce colonne. A Roma, vuoi non incappare nelle gradinate a mezzaluna degli anfiteatri?Così, se passi per i territori che anticamente formavano la Mesopotamia, non ti aspetti di beccare un nuraghe. Eppure in Sardegna, dove amiamo non farci mancare niente, dal mare alla montagna e dal deserto al canyon, sovvertiamo tutte le aspettative esibendo una struttura tipica della Mesopotamia: una ziqqurat, l’unica del Mediterraneo.Si trova in una vasta pianuralungo la strada che da Sassari conduce a Porto Torres, ed è uno dei monumenti preistorici più antichi della Penisola. A segnalarne l’esistenza nel 1950 fu Antonio Segni, all’epoca Ministro dell’Istruzione, che parlò all’archeologo Giovanni Lilliu di una misteriosa montagnola situata in una delle sue tenute, precisamente nella pianura della Nurra, in località Monte d’Accoddi.

Secondo il Ministro, quella montagnola custodiva un segreto importante. Non la pensò allo stesso modo Lilliu che, recatosi sul posto più per rispetto nei confronti dell’autorità che per convinzione, valutò il cumulo di terra come una delle tante sedimentazioni scoperte nelle vicinanze dei nuraghi.

A crederci un po’ di più fu l’archeologo Ercole Contu, allievo di Lilliu, che scavò per primo la collina, dissotterrando numerosi oggetti del periodo Neolitico.

Ma la vera natura dell’edificio fu scoperta verso la metà degli anni Ottanta, quando gli scavi, iniziati dallo studioso Santo Tiné nel 1979, portarono alla luce il grande vano collocato a circa cinque metri e mezzo d’altezza rispetto alla pianura circostante. Un altare preistorico, unico in Europa e nell’intera area del Mediterraneo, con le tipiche caratteristiche della ziqqurat mesopotamica.

Il monumento, secondo Ercole Contu, trova il suo raffronto più significativo con quello di Anu, nell’antica città sumera di Uruk. “Anche l’epoca – sostiene lo studioso – potrebbe più o meno corrispondervi”.

Si tratta quindi di una struttura a gradoni, di forma tronco piramidale e dotata di una rampa d’accesso che conduce alla cima dell’ampio promontorio rettangolare. Alla destra della rampa è situata una grossa pietra piatta sulla quale, molto probabilmente, venivano eseguiti i sacrifici. Sul lato sinistro si erge invece un menhir di quasi quattro metri e mezzo, a poca distanza dal quale ne compare uno più piccolo. Non lontano dall’altare, si trova una grossa pietra sferica, tutta solcata da piccole incisioni circolari.

Gli studiosi, concordi nel ritenere la ziqquratdi Monte d’Accoddi un antico luogo di culto, la fanno risalire al periodo Neolitico (tra il IV e il V millennio avanti Cristo). Difficile stabilire l’origine dell’edificio, dal momento che non esistono altre strutture simili nel resto della Sardegna.

Secondo una leggenda, l’altare fu voluto da un re mesopotamico Uruk, finito sull’isola con la sua gente per ragioni sconosciute. Costruito il villaggio, Uruk decise di erigere un tempio dedicato alla luna, anziché, come voleva l’usanza, al sole. Una notte il re sumero incontrò una donna bellissima che lo pregò di mostrarle il tempio. Lui però rispose che questo non sarebbe stato possibile fino al termine dei lavori. Così, da quel giorno in poi, la bella si presentò al re ogni notte con la stessa richiesta e, ogni notte, il re le oppose il solito rifiuto.

Finché una sera la donna, anziché esprimere il consueto desiderio, annunciò un oscuro presagio: “Una terribile tempesta - disse – si abbatterà sul vostro villaggio e spazzerà via ogni cosa”.

Uruk mise al riparo il suo popolo e quando giunse la tempesta, con la sua forza distruttrice, tutto parve soccombere, tranne la luna che, placida, osservava gli eventi dall’alto del cielo. Tornata la quiete, il tempio apparve sprofondato sotto il cumulo di una collina. Era stata proprio la luna a scatenare la tempesta per sotterrare il tempio, poiché, scesa sulla terra nelle sembianze della bellissima donna, si era innamorata del re e aveva deciso di trascorrere con lui, rinunciando alla propria natura divina, il resto della vita.

Così Uruk, la sua amata e l’intero popolo tornarono a casa, in Mesopotamia, lasciando all’isola, come unica traccia del loro passaggio, la collina di Monte d’Accoddi, e il suo segreto nascosto.

 

 Da "101 cose da fare in Sardegna almeno una volta nella vita" di Gianmichele Lisai