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Di Angelica Grivèl Serra
Il pomeriggio in cui la vita di Paolo cambiò era vestito del più potente fulgore di luce primaverile. Era aprile, forse maggio: questo dettaglio, Paolo, in seguito, nel rievocarlo durante le innumerevoli interviste che lo tennero impegnato nelle moltitudini del globo, non lo avrebbe ricordato nitidamente.
Ci sono progetti culturali necessari. Attesi, sospirati, sussurrati, percorrono strade diverse e spesso attendono anni prima che qualcuno riesca a captarne lo spirito e a tradurre in forma qualcosa di etereo. Ecco, Civitates Babariae del duo Ilienses è questo. È molto altro. Perchè è un progetto musicale e culturale, un progetto di ricerca e avanguardia, un progetto intimo e al contempo comunitario. È, il sofisticato lavoro di Natascia Talloru e Mauro Medde, anche, un viaggio.
Quando lo vedi suonare, quando ascolti quello che vien fuori da quelle mani che si muovono talmente tanto velocemente che ti aspetti che da un momento all’altro prendano fuoco, si trasformino, diventino aria e insieme note musicali, non riesci a smettere di pensare a cosa passi nella mente di un improvvisatore come Antonello Salis quando costruisce, sul palco, i suoi mondi. E che cosa possa provare, nel passare come un sicuro equilibrista, dalla fisarmonica al piano e dal piano alla fisarmonica scivolando tra le note dell’orchestra che lo accompagna.
“Pensi alla musica, solo alla musica. E a quello che verrà subito dopo – ci risponde”.