*DI ELISABETTA CRISPONI

Qualche tempo fa la nostra direttrice Mariella Cortes ha scritto un pezzo dal titolo “Cara Sardegna, se vuoi rinascere dentro, impara a guardarti da fuori”. A quella riflessione si vuole aggiungere la seguente, che riguarda anche il guardar fuori, una sorta di invito per l’ Isola a rivolgere lo sguardo su modelli di buone pratiche esterne che possono essere replicate a livello locale.

In questo caso, l’ esempio da tenere a mente si trova dall’altro lato del Tirreno, nel cuore di un luogo famoso in tutto il mondo, molto più vicino a noi di quanto crediamo: Napoli. Il fatto che questa città sia spesso al centro di cronache poco rosee, ha contribuito a creare un certo tipo di pregiudizio collettivo. Ma è ora di comprendere che nella bella Partenope esistono esempi di virtù, e il rione Sanità è decisamente uno di quelli.

Quartiere noto anche per aver dato i natali a Totò e aver prestato le sue strade per film importanti  come L’Oro di Napoli e Ieri, Oggi e Domani, il rione Sanità nasce nel XVII secolo come elegante zona nobiliare per poi diventare un quartiere popolare. Il suo nome deriverebbe dall’eccellente qualità dell’aria, e dalla presenza delle catacombe in cui avvenivano guarigioni miracolose. Ma anche la storia più recente di queste catacombe è un tesoro che vale la pena conoscere.

La racconta Gaetano Balestra, assistente sociale napoletano di 42 anni, laureato in Cooperazione Sociale all’Università degli Studi di Napoli Federico II, attualmente presidente di Co-Operazione San Gennaro, associazione che riunisce gli operatori del terzo settore del rione e lavora per promuovere la coesione sociale; e socio della Fondazione di comunità San Gennaro Onlus.

  

Come inizia la rinascita della Sanità e come si intreccia alla tua vita? «La storia è lunga. Io sono nato nel rione Sanità e so bene come, pur contando 50 mila abitanti nel centro della città, fosse considerato un ghetto. Il quartiere aveva un marchio legato a un passato criminale e camorristico. Erano i napoletani stessi a evitare di entrarci. Dieci anni fa si è accesa una scintilla con l’ arrivo di don Antonio Loffredo, parroco della Basilica Santa Maria della Sanità. Ha iniziato a raggruppare tanti ragazzi che volevano cambiare la situazione, ma non avevano un luogo di ritrovo».

Cosa ha permesso alla scintilla di diventare una luce? «Affrontare un percorso educativo e creare una connessione umana. Si passa dalla rete di parrocchie, commercianti, enti e associazioni fino ad arrivare alla scuola. Sono nati ntS’  (Nuovo Teatro Sanità), l’ orchestra Sanitansamble, la casa editrice Edizioni San Gennaro, l’ etichetta discografica indipendente Apogeo Records.  Siamo diventati luogo di cinema, programmi televisivi culturali e letteratura. Consiglio il bellissimo docufilm “Il Sistema Sanità - Le pietre scartate” e “Nostalgia”, romanzo di Ermanno Rea».

Parliamo delle catacombe «La Cooperativa Paranza è stata costituita appositamente per gestire i siti delle catacombe che si trovavano in totale stato di abbandono. Abbiamo affrontato molti problemi, soprattutto a livello burocratico, ma siamo riusciti ad aprire al pubblico questi tesori eccezionali. Il lavoro della Paranza funziona perché penetra nel tessuto sociale, è incarnato nel territorio. Attualmente la cooperativa conta 14 soci e 40 dipendenti, e le visite registrano sempre più numeri da record, nonostante la pandemia. I soci sono i bambini che venti anni fa partecipavano alle nostre attività. Durante i lavori di ristrutturazione, sono nate le cooperative sociali Iron Angels, che si occupa dei lavori strutturali ed è il risultato di un percorso formativo diretto dall’ architetto Riccardo Dalisi; e l'Officina dei Talenti che gestisce tutte le problematiche connesse all'illuminazione. Le catacombe sono state un grande faro, hanno permesso la nascita di nuove attività commerciali, pizzerie, pasticcerie e locali da frequentare la sera. Cose davvero impensabili anni fa».

 

Finora abbiamo parlato molto di giovani. Ma i residenti adulti come hanno reagito a questo cambiamento? «Inizialmente c’è stata tanta diffidenza, molta sfiducia verso le istituzioni e verso la vita. Ci abbiamo lavorato a tamburo battente. Con la criminalità non abbiamo avuto grossi impedimenti, un po’ perché ora va su altri scenari, ma soprattutto perché la gente si è ribellata. Sei anni fa c’è stato l’ ultimo episodio di omicidio durante una “stesa”, pratica della camorra che consiste nello sparare all’ impazzata in strada per infondere terrore, e in quell’ occasione i cittadini sono scesi in piazza per dire basta. Noi tutti veniamo da un passato difficile, ma la nostra forza è stata rimboccarci le maniche e avviare una vera spinta dal basso».

Qual è il maggior riscatto che vivete da abitanti del posto? «Vogliamo scrollarci di dosso i pregiudizi. È innegabile che ormai si sia creato un “modello Sanità”, un circolo virtuoso per la gestione di beni culturali e patrimonio umano. Mi è capitato di essere invitato anche in Sardegna per descrivere il nostro operato. Si è verificata una crescita enorme, e tutto grazie ai giovani del posto che pensavano di dover andare via e invece hanno creato un presente e un futuro qui».Questa è la storia di un lavoro di squadra, ma anche una storia di autodeterminazione e occupazione, perché dimostra - come dice Don Loffredo - che «La Bellezza attira il lavoro». Nel rendere agibili e turistici questi luoghi i cittadini sono stati affiancati da un gruppo di professionisti (architetti, storici, designer, ecc.) di alto livello, e il risultato salta immediatamente all’ occhio del visitatore che, grazie alla pulizia, all’ ordine, all’ accoglienza e alla competenza degli accompagnatori, vive un’ esperienza eccezionale. Questa è una storia che insegna a tutte le aree considerate periferiche che puntare sulla formazione e il coinvolgimento delle risorse antropiche locali significa favorire il riscatto sociale e la crescita di un territorio. Il rione Sanità insegna che se a un sogno ci si dedica realmente, alla fine si realizza davvero.

 


*ELISABETTA CRISPONI Nasce a Nuoro e cresce a Lodine, nell’entroterra nuorese. Si trasferisce a Milano nel 2012 dove intraprende gli studi nel campo della Comunicazione. Giornalista pubblicista, addetto stampa e blogger, ha collaborato con testate sarde e con Africa Express, occupandosi principalmente di cronaca, cultura, attualità e spettacolo. Ha redatto la rubrica cinematografica “Cineonda” per il settimanale nuorese L’Ortobene, e porta avanti la rubrica “I viaggi di Gulliver”, approfondimento storico-sociale sui temi di emigrazione e istruzione, per il blog A Porte Schiuse. Collabora con l’associazione Malik, gestendo la comunicazione di progetti europei.

Articolo realizzato per "FocuSardegna a più voci"Vuoi diventare una delle firme? Invia la tua proposta via e-mail a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Tutte le foto sono coperte da copyright e appartengono a Gaetano Balestra.

Foto di copertina di Elisabetta Crisponi