Gianmario Demuro, classe 1960, è professore Ordinario di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Cagliari. Laureatosi nel 1984, diventa avvocato nel 1988 e solo due anni dopo consegue il dottorato di ricerca in Diritto Pubblico presso l’Università degli studi di Firenze. Nel tempo, ha partecipato a diverse attività di drafting normativo e ricoperto incarichi rilevanti nell’ambito della direzione scientifica universitaria e non. La sua vasta esperienza in campo nazionale ed internazionale, fanno di lui uno dei massimi esperti di Diritto Costituzionale in Sardegna. Con lui parleremo della Costituzione Italiana e approfondiremo alcune delle tematiche più calde di questa campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale della Sardegna; tra queste la Zona Franca integrale e l’indipendenza.

Partiamo.

1. Una delle tematiche maggiormente trattate in questa campagna elettorale in Sardegna è quella relativa alla zona franca integrale. Può spiegare ai non addetti ai lavori se vi è una reale possibilità che sia istituita e, nel caso, quale iter si dovrebbe seguire?

Non vi è alcuna possibilità di istituire una zona franca integrale. Sin dalla nascita degli stati moderni la prima competenza dello Stato è stata quella di raccogliere le imposte per la gestione degli affari di Stato. Questa semplice considerazione ci riporta ai tempi in cui allo Stato era affidato il potere di “spada” e di “moneta”, poteri questi sui quali si fondava l’identità dello stesso. Con la nascita della Repubblica  italiana i Costituenti non fecero che confermare tale antica ragione e, di conseguenza, affidare alla competenza esclusiva dello Stato il sistema tributario e doganale.

Il primo punto fermo è, dunque, che la competenza è esclusivamente statale e alle Regioni a Statuto speciale sono attribuiti alcuni “privilegi fiscali” in un ambiente di autonomia finanziaria. Privilegi fiscali disciplinati in ogni statuto regionale secondo le ragioni della specialità riconosciute in maniera diversa a ogni regione, ognuna ha la sua specialità finanziaria.  Sono proprio gli statuti speciali a rappresentare il nucleo duro del cd “federalismo fiscale”  (disciplinato dalla legge delega 42/2009) in quanto regolano i rapporti “uno ad uno” tra lo Stato e la singola regione speciale. In sintesi, ogni regione ha il suo privilegio fiscale in ragione di quanto è riconosciuto dallo statuto speciale. Appare chiaro che la disciplina normativa sulla quale la Sardegna può invocare per la costituzione della zona franca doganale è quanto definito dall’articolo 12 dello Statuto che riserva allo Stato la competenza in materia doganale e prevede la possibilità di istituire “punti franchi” nell’isola. Facoltà questa che è stata disciplinata dal decreto legislativo 75 del 1998 che ha dato attuazione alla previsione statutaria, disciplinando in concreto l’attuazione delle “zone franche doganali” di cui alla disciplina comunitaria in sei porti della Sardegna e nelle relative aree industriali a esse collegate o collegabili funzionalmente.

Senza addentrarci nella descrizione della disciplina comunitaria cui lo Stato si è obbligato a realizzare, appare evidente che quanto concesso alla Sardegna è la possibilità concreta e reale di delimitare parti del territorio in accordo con il titolare della potestà tributaria ovvero in accordo con lo Stato. Nessuna iniziativa può essere intrapresa senza la collaborazione statale poiché dal punto di vista fiscale è lo Stato che può definire il proprio territorio. L’unica zona franca che è, a oggi, definita è quella del porto di Cagliari.

2. Quello dell’indipendenza della Sardegna è un sentimento che di recente coinvolge sempre più sardi. Ipotizzando che la maggioranza dei sardi fosse a favore di questa soluzione, come ci si dovrebbe comportare e quanto ostico sarebbe percorrere questa strada?

L’Italia è uno Stato unitario che articola la dimensione repubblicana in vari livelli di governo: dai Comuni sino alle Regioni. Ognuno di questi livelli ha diversi gradi di autonomia amministrativa, normativa e finanziaria. La nostra Costituzione non ammette nessuna forma di distacco di una parte della Repubblica dallo Stato. In sintesi a nessuna Regione è data la possibilità di secessione. Ogni forma d’indipendenza dovrebbe dunque realizzarsi contra Costitutionem.

3. In Italia la coesistenza tra Province e Regioni crea spesso una sovrapposizione di competenze. A suo avviso, quale sarebbe dovuta essere la struttura ideale degli enti locali? Uno Stato centralista formato da distretti oppure uno federato con maggiore devoluzione dei poteri?

Non esistono forme ideali in astratto; ma forme che si realizzano in concreto in un dato momento storico. L’Italia ha scommesso nel 1948 in una via intermedia a quella descritta nella domanda, ma ha, in parte, perso la scommessa perché spesso accade che  poteri e funzioni appaiano sovrapposti o non adeguatamente distinti. Non servono grandi riforme del modello quanto il suo adeguamento alle nuove esigenze così da potersi attribuire le diverse funzioni in modo quanto più razionale e adeguato al livello di complessità della struttura locale stessa. Basterebbe usare l’esempio della scala delle carte geografiche e usare lo zoom di Google Maps per capire il livello di competenza di ogni parte della Repubblica. Ogni livello di governo deve poter gestire le competenze che è in grado di affrontare in ragione della dimensione. Ad esempio la protezione civile è necessariamente di livello regionale ma la popolazione deve essere istruita e preparata ad affrontare le situazioni di pericolo direttamente dal livello comunale. Altro esempio è quello del diritto alla sicurezza. Molti paesi esposti al rischio di catastrofi, adottano un approccio alla prevenzione e gestione dei rischi fondato coinvolgimento diretto delle comunità locali, Community based approach to disaster mitigation. Approccio che si serve della cd. resilienza di comunità, concetto mutuato dagli studi di ingegneria, ossia la capacità di un materiale di resistere alle sollecitazioni. Applicato al nostro caso si tratta della capacità di una collettività di resistere a eventi drammatici che sfidano il proprio ambiente. Naturalmente bisogna informare e preparare la comunità dei cittadini alla conoscenza e valutazione del rischio. Naturalmente è necessario il coinvolgimento diretto della comunità dei cittadini per la definizione di strategie e soluzioni per la salvaguardia della propria sicurezza. E’ necessario predisporre procedure chiare nelle quali tutti possano fare la loro parte. Il diritto alla sicurezza è diritto alla vita e, come detto, oltre ad avere una dimensione definita nelle costituzioni nazionali, ha una dimensione universale che tutti devono garantire. La responsabilizzazione delle comunità locali deve essere l’approccio anche di ogni scelta regolativa che dovrà incidere sull’assetto ambientale. Solo per fare un esempio, il divieto di costruire negli alvei dei fiumi, la regimazione delle acque e tutto ciò che sia necessario a garantire il bene primario della vita dovrà essere fatto nella consapevolezza che il fine è tutelare la vita delle persone.

4. Ogni tanto, in politica, si contesta l’anacronismo della Costituzione. Lei crede che ci siano delle parti che, in virtù delle evoluzioni storiche e sociali, andrebbero effettivamente aggiornate oppure è tra quelli che ne sostiene l’immodificabilità?

Tutte le Costituzioni possono essere aggiornate altrimenti non esisterebbero le procedure di revisione della Costituzione. La maggior parte delle Costituzioni moderne sono rigide poiché prevedono un procedimento di revisione aggravato rispetto alla approvazione di una legge ordinaria, ma ciò non significa che non possano essere modificate lasciando invariati i principi supremi. Ad esempio, possiamo modificare la forma di governo ma non l’articolo 1 della Costituzione che riconosce in capo al Popolo la sovranità. Tra le tante possibili riforme, quali ad esempio la riforma del Titolo V, la più urgente è la riforma del bicameralismo paritario e la trasformazione del Senato in Camera delle autonomie.

5. La corte Costituzionale ha da poco decretato l’incostituzionalità della legge elettorale denominata in gergo “porcellum” nella parte che stabilisce la presentazione di liste elettorali ‘bloccate’ e in cui non consente all’elettore di esprimere una preferenza. Ne consegue pertanto che anche la legge elettorale, sino a poco in uso, per l’elezione del Consiglio Regionale con tanto di “listino” e collegi uninominali, avesse di fatto qualche deficit di costituzionalità?

La Legge regionale statutaria 12 novembre 2013, n. 1 “Legge statutaria elettorale ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto speciale per la Sardegna” ha cambiato il sistema elettorale e ha abrogato il listino. I collegi non sono uninominali bensì circoscrizionali e coincidono con la ripartizione territoriale delle province. Un eventuale profilo d’incostituzionalità potrebbe essere rinvenuto nel premio di maggioranza che ha uno “spread” molto ampio. Può, infatti, ottenere la maggioranza del 55% dei seggi anche chi ottenga un solo voto in più del 25 per cento dei voti di coalizione ( il limite minimo infatti oscilla tra il 25 e il 40 % ).

6. Recita l’articolo 1 della Costituzione: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro[…]”. In virtù di una disoccupazione che sfiora il 13% e una Banca Centrale impegnata a contenere l’inflazione e non a favorire la crescita e l’occupazione, come invece fa la FED, non crede che l’Italia sia una Repubblica fondata su qualcos’altro?

Certamente il lavoro non si crea scrivendo regole costituzionali. Le regole servono a identificare il valore fondante della nostra Repubblica: il Lavoro. Da questo punto di vista è il Lavoro che deve indirizzare le politiche pubbliche e garantire che sia il Lavoro il valore sul quale giudicare la validità delle scelte economiche. In sintesi sarà il Lavoro a dover ispirare le politiche di soluzione di una crisi economica che appare ormai una crisi di sistema.

7. Diritto al Lavoro e Diritto alla Salute: entrambi garantiti dalla Costituzione. Considerando che l’evidenza dei fatti è talvolta contraddittoria, ci spieghi quale dei due assume maggiore rilevanza nei casi in cui questi confliggono.

Si tratta di un caso da manuale di conflitto tra valori fondamentali. La risposta è scritta nell’articolo 41 che subordina l’iniziativa economica privata al rispetto della sicurezza e della dignità della persona. Nessun lavoro che mette a rischio la salute è un buon lavoro per la nostra Repubblica.

8. Secondo lei, che senso ha l’esistenza dei referendum consultivi se puntualmente se ne disattendono le scelte che da questi ne derivano?

L’uso degli istituti di democrazia diretta deve essere rivisto, soprattutto alla luce dell’evoluzione degli strumenti di democrazia elettronica. Oggi è più semplice consultare la popolazione mediante il Web piuttosto che organizzare un referendum consultivo. In ogni caso è necessario valutare qual è il valore da attribuire alla consultazione. Un valore orientativo della decisione finale o decisorio? La mia opinione sul punto è che se la proposta è chiara e definita la consultazione può essere decisiva per la scelta.

9. Tra le altre cose, lei è anche docente ordinario presso un’università della Sardegna. Qual è il suo giudizio in merito all’organizzazione interna ed in particolare, cosa pensa andrebbe necessariamente rivisto?

L’organizzazione interna delle Università è ormai largamente decisa dalla legislazione nazionale. Gli spazi di autonomia delle Università sono ormai molto ristretti. In ogni caso le Università dovranno essere capaci di dare anche servizi reali agli studenti: servizi abitativi, mense, borse di studio.

10. Domanda di rito per la nostra rubrica. Che suggerimento si sente di dare ad un giovane sardo.

Il primo consiglio è non avere paura di affrontare le difficoltà. Il secondo è studiare sino allo sfinimento. Il terzo è di essere consapevole che i sardi sono depositari di una cultura millenaria. Il quarto è di mettere insieme i primi tre consigli e di seguire i propri sogni.

 

Simone Tatti

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Simone Tatti
Author: Simone Tatti
Giornalista, data analyst e performance strategist per aziende, istituzioni e privati che hanno bisogno di implementare il proprio business e costruire un’immagine positiva mediante comunicazione tradizionale e digitale. Economista di formazione, con master in sviluppo territoriale e gestione d’impresa mi appassiono al mondo dei media dopo aver vinto il primo concorso universitario Heineken – Ichnusa in “Marketing e Comunicazione”. Scrivo con costanza da circa nove anni su testate giornalistiche off e online prediligendo la produzione di reportage e articoli di analisi statistico/economica. Per amore verso la mia terra, fondo www.focusardegna.com. Ho curato l’immagine e la comunicazione di progetti di destinazione turistica (i.e. Distretto Culturale del Nuorese e Sardinia East Land | destinazione globale Nuorese Ogliastra) e la gestione dei canali social di affermati mass media (Unione Sarda, Videolina e Radiolina). Di recente anche startupper.

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