- Mariella Cortès *-
Immaginate, dopo questa estate di stampo autunnale in buona parte dell’Italia di arrivare finalmente in Sardegna per godervi le meritate vacanze. Immaginate di trovare un settembre ancora caldo, piacevole, dove passeggiare per le vie delle cittadine di mare e, magari, fare qualche acquisto. Immaginate tutto questo e aggiungeteci, però, il triste epilogo dei locali chiusi. È recente la notizia, riportata su Videolina, della situazione in cui si sono trovati alcuni turisti in vacanza a Porto Rotondo.
Non si tratta di un caso isolato. Sono state diverse le lamentele, anche nel corso di questa stagione che, a discapito del meteo, sembra chiudersi positivamente. Si tratta, spesso di temporary shop, avviati solo per i tre mesi “caldi” e chiusi prontamente per essere riaperti in zone dove il turismo destagionalizzato viene maggiormente incentivato. Se da una parte vi sono i due piatti della bilancia che vedono da una parte imprenditori pronti a investire su tutto l’anno e, dall’altro, coloro che abbandonano l’Isola certi di aver guadagnano a sufficienza nel corso dei tre mesi, a mantenere le file del discorso sono politiche regionali poco atte a favorire una destagionalizzazione effettiva. I fortunati casi – ancora troppo isolati e pochi, a rigor del vero – che si impegnano per, spesso a fronte di sacrifici, garantire una continuità annua, si ritrovano sovente pionieri di località che paiono, anche in queste prime settimane di agosto, totalmente abbandonate.
Va poi detto che, rimane, in molti ambiti, la nomea dell’Isola cara, non proprio a portata di mano con turisti che sottolineano la tendenza di alcuni imprenditori a voler guadagnare in tre mesi estivi il necessario per l’intera stagione, andando a far lievitare i prezzi. Non si dovrà fare di tutta l’erba un fascio, penserete. Esistono, fortunatamente imprenditori illuminati che fanno valere la regola della qualità su quella della quantità e si garantiscono un buon ritorno d’immagine. Gli stessi che sulle tavole dei loro ristoranti fanno trovare prodotti sardi a km 0, olio, vino, carni nostrani, proponendole con orgoglio e applicano dei prezzi onesti. Quelli che valorizzano le eccellenze dell’agroalimentare preferendole ai prodotti industriali da discount e, nel loro piccolo, combattono stagione dopo stagione la loro battaglia. Per la regola, purtroppo, del “uno danneggia tutti”, una mentalità che vede- ancora – il turista come una seccatura da spennare bene e in fretta, spesso prevale sulle buone pratiche, quelle delle quali andare fieri.
Ma, a livello regionale, valgono le stesse domande: quanto ci si spende per destagionalizzare? Quanto per tentare di portare – ma anche tenere in Sardegna i cosiddetti turisti tardivi? Quante le strategie per rendere ancora più accattivante il nostro autunno caldo dove a miti giornate sulla spiaggia si possono abbinare i gustosi week end di Autunno in Barbagia?
E quanto si fa per far comprendere – finalmente – ai sardi che la Sardegna potrebbe smetterla di vedere i suoi giovani emigrare per poter assicurare loro un futuro nella loro terra, con le loro famiglie? Le buone pratiche ci sono, la volontà pure. A mancare è una strategia politica non ballerina, come riportava giustamente in uno dei suoi ultimi editoriali Bepi Anziani su L'Unione Sarda ("Quella scommessa mai vinta", 2/9/2014), risoluta nelle decisioni a lungo termine anche quando queste sono a cavallo di legislature differenti.
*FocuSardegna