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La Sardegna, prima di tutto, significa mare. Non sarò certo io a contestare questa consapevolezza collettiva, o ad affannarmi per smentirla. Tra l’altro, sono il primo a crederlo. E d’altronde, quando qualcosa entra a far parte del senso comune, deve per forza contenere un fondo di verità. Ma è proprio per sfatare questo mito che una delle cose da fare assolutamente nell’isola è andare a sciare. Pensate alla curiosità che suscitereste nei vostri amici.
Da vestali di Adone a devote di San Giovanni Battista. C’è una tradizione antica di tremila anni dietro la festa che, a partire dall’ultimo sabato di luglio, anima per diversi giorni Quartu Sant’Elena. È la terza città della Sardegna: come un prezioso gioiello, è incastonata tra una delle zone umide più interessanti d’Europa, il parco di Molentargius (è qui che nidifica una nutrita colonia di fenicotteri rosa), e ventisette chilometri di costa che ancora conservano scorci incantevoli e insenature incontaminate. Terra e mare si incontrano proprio per la festa di San Giovanni: una vetrina per ammirare tutte assieme le ricchezze delle tradizioni quartesi. Protagoniste sono sette ragazze, le traccheras, che con abiti ornati dei più bei gioielli in filigrana e al ritmo di trallalera (canzoni tradizionali sarde in versi), ogni anno su carro detto tracca partono dal centro storico per raggiungere l’antica chiesa campestre del litorale quartese, dedicata a Sant’Andrea.
Dal silenzio della sua chiesetta nel cuore del quartiere di Stampace, si risveglia Sant’Efisio. È arrivato il primo maggio, il giorno della grande festa. Quello in cui da tutta la Sardegna i fedeli arrivano a Cagliari per rendere omaggio al santo protettore che liberò la città dalla peste e dai pirati. Il rito si rinnova oggi, come 351 anni fa. Allora (era il 1656) la peste si era diffusa in tutta l’Isola e aveva mietuto oltre 10 mila vittime. I cittadini disperati invocarono il santo: “O Efis libera nos de su mali e ti promitteus una festa manna” (“Efisio, liberaci dalla pestilenza e ti promettiamo grandi festeggiamenti”). Poco tempo dopo, una pioggia battente cadde sulla città liberandola finalmente dal morbo.