C’è una grossa fetta di Sardegna a colorare le orecchie di questa coppa Euro 2020. C’è stata sul campo e a bordo campo, con Barella e Sirigu, ed era presente sul finale quando tra grida, sorrisi, abbracci e  lacrime dei due ‘gemelli del gol’ Mister Roberto Mancini e Gianluca Vialli - qualche appassionato di calcio ricorderà le loro prodezze nelle fila della Sampdoria – silenziosamente ecco balzare una bandiera che da lontano, se non fosse per quei Quattro Mori e per il fatto che veniva indossata da un azzurro, poteva quasi essere confusa con la Croce di San Giorgio inglese (che tra l’altro, alla faccia degli inglesi,  trae origine dalla Repubblica Marinara di Genova). 

E invece no. Come accade in tutte le occasioni importanti e significative, dallo stadio di Wembley alle gare di Formula 1, Moto GP, Tennis, nei grandi concerti, siano essi nei Palazzetti italiani che in giro per il mondo, ecco, lì c'è e ci sarà sempre un sardo pronto a sventolare la Bandiera dei Quattro Mori, l’unica appartenente a una Regione che in realtà parla di una Nazione e che è in grado di accendere nuovamente nei nostri cuori quel senso di orgoglio e appartenenza come identità, come cultura e come popolo che supera di gran lunga il nazionalismo italiano. 

A rappresentare la Sardegna erano in due, per l’appunto: Nicolò Barella, classe 1997 cresciuto nelle giovanili del Cagliari, e Salvatore Sirigu, classe 1987, cresciuto nelle giovanili del Siniscola. Due, per intenderci, che giocavano nei campetti di Torre delle Stelle e di La Caletta. Uno centrocampista, l’altro portiere. Uno imposta il gioco, l’altro lo difende. Entrambi immortalati con la nostra Bandiera, la Bandiera Sarda. Uno scatto, questo, che ha un potere comunicativo enorme per chi quest’isola la vive quotidianamente, nelle sue bellezze e nelle sue contraddizioni, ma anche per chi l’ha dovuta lasciare e la porta con sé per sempre. E, quel messaggio, è  anche per chi in terra nostra non si sente rappresentato dalla maglia italiana. 

E chissà quante emozioni per i sardi emigrati in Inghilterra che si saranno sentiti parte di un gioco più grande del calcio, che ci unisce e ci accomuna tutti, indistintamente. E quanta voglia di tornare a casa e rivedere i propri familiari e amici, connessi solo attraverso uno schermo. 

Perché nell’idea di Sirigu c’è tutto questo. Sirigu la bandiera l’ha messa in valigia prima della partenza, in mezzo a pantaloncini, parastinchi e calzettoni tricolore. Se la destinazione fosse stata diversa avrebbe pure infilato un maialetto, ma questa è un’altra storia. Proviamo a immaginare per un attimo come possa averlo fatto, con lo sguardo della speranza e dell’orgoglio, di chi non vuole crederci troppo ma anche di chi vuole crederci perché sa che a farlo poi magari le cose si avverano. 

La sua visione, le telecamere, i flash, i compagni stesi in lacrime sull’erbetta verde, i corregionali a casa. Sirigu proietta tutto su quella valigia. Anche l’anti sportività degli inglesi. Ma in fondo poco importa, perché del suo gesto con la bandiera noi a casa abbiamo avuto occhi solo per lei. 

Non succede, ma se succede…

 

 

Autore dell'articolo
Natascia Talloru
Author: Natascia Talloru
Freelance nel settore culturale. Dopo anni di formazione scientifica tra Cagliari e Milano, mi indirizzo nello studio delle terapie naturali, della medicina alternativa e antropologica, in particolare della Sardegna. E’ in Barbagia, nei luoghi del cuore, che le mie passioni per il giornalismo, la comunicazione e la musica si trasformano nel tempo in lavoro. Attualmente scrivo su testate giornalistiche online/offline e collaboro con diverse realtà locali nell’ambito della comunicazione web. Ho ideato Ilienses, un progetto musicale, culturale e audiovisivo sulla Barbagia, di cui sono anche General Manager. Vagabonda errante per natura, trovo la mia pace dei sensi nell’abitare e vivere i paesi della Sardegna, a contatto con la terra e le sue meraviglie.
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