«Gallia est omnis divisa in partes tres» come ben ricordano molti studenti è l’incipit  de “De Bello Gallico”, uno dei grandi classici della letteratura latina. Una sorta di diario di guerra, scritto tra il 58 ed il 50 a.C. da Caio Giulio Cesare, impegnato nella campagna di conquista della Gallia dove fornisce un resoconto in terza persona.

Da un anno a questa parte sui media c’è un altro “diario di guerra” molto meno epico che potrebbe iniziare così:  «Italia est omnis divisa in colores tres». La guerra in atto è quella contro il COVID-19. I colori sono rosso, arancione e giallo in base ad una serie di dati sulla diffusione del virus, sull’affollamento nelle terapie intensive e sul famigerato “RT” ovvero un indice che ci dice quante persone possono essere contagiate da una sola persona in media.

Dal 1° marzo 2021 nella tavolozza con la quale il Ministero della Salute colora l’Italia, oltre al giallo, arancio e rosso, si è aggiunto il bianco. La prima regione a fregiarsi di questo colore è la Sardegna. «Preso atto della sussistenza dei presupposti di cui all'articolo (blablabla) ai fini dell'applicazione alla  Regione  Sardegna  delle misure previste per le "zone bianche", come determinate  dal  decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  14/01/2021 e successivi decreti adottati ai sensi dell'articolo (blablabla bis)  Sentito  il  Presidente  della   Regione   Sardegna   (blablabla ter) emana la seguente ordinanza: alla  Regione  Sardegna  si applicano le misure di cui alla c.d. "zona bianca"  come  determinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021 […]».

Con queste parole il 27 febbraio 2021, il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato, sulla base dei dati e delle indicazioni della Cabina di regia la nuova ordinanza che lascia intravedere una tenue speranza che qualcosa stia migliorando. Secondo il protocollo del Comitato Tecnico Scientifico una regione può entrare in “zona bianca” qualora per almeno 21 giorni consecutivi si registrino meno di 50 casi su 100mila abitanti e un indice Rt inferiore allo 0,5. Oltre ai contagi bassi, è necessario anche che le strutture ospedaliere non siano in sovraccarico.

La Sardegna con un indice Rt pari a 0.68 (il più basso in Italia) e 29,47 casi di contagio su 100.000 abitanti è quindi in possesso dei requisiti per fregiarsi del primato di essere la prima regione bianca!

Si tratta della prima parvenza di normalità! Questo prevede la piena libertà di spostamento, la riapertura delle scuole e delle università con lezioni in presenza, la riapertura dei musei, dei teatri, dei cinema, delle piscine, palestre e i centri sportivi al chiuso. Infine il “coprifuoco” partirà dalle ore 23.30 fino alle ore 5, per permettere in tal modo ai ristoranti di rimanere aperti fino alle 23.00. I bar e pub invece dovranno chiudere alle 21.00! Ma attenzione: non è un “Tana, liberi tutti!”: in zona bianca ovviamente continuerà a essere obbligatorio indossare la mascherina all’aperto e nei luoghi chiusi, mantenere la distanza interpersonale e igienizzarsi le mani all’ingresso dei negozi!

Da lunedì 1° Marzo quindi la Sardegna è diventata la prima regione italiana nella quale si prevede il “massimo” delle libertà consentite in tempi di coronavirus. In realtà nel bianco candore sardo, esistono anche tre piccoli “nei rossi”, tre piccole aree (La Maddalena, San Teodoro nella costa orientale e Bono nel Goceano) nelle quali sono stati riscontrati dei contagi. Le leggi della fisica prevedono che una molla tenuta in pressione e poi lasciata libera, scatterà in modo potente.

Per evitare una reazione simile che potrebbe evocare una situazione “pre-covid” nella quale i cittadini fossero portati a credere di potersi dare alla pazza gioia, il presidente della Regione Autonoma della Sardegna, Christian Solinas, ha pensato di adottare una ordinanza che prevederà riaperture graduali e controllate, e, in ogni caso, concordate costantemente con il Ministero e il Comitato Tecnico Scientifico. A questo punto, però, balza subito alla mente la situazione che si creò quando la notte di sabato 8 marzo 2020, si diffuse la notizia che la Lombardia era “off limits”. Nessuno poteva entrare. Nessuno poteva uscire.  Avvenne così l’esodo dalla Lombardia degno di quello dei tempi di Mosè dall’Egitto. La Stazione Centrale di Milano fu invasa non solo dagli fuori sede originari del Sud, che tentavano di ritornare a casa, ma, soprattutto degli stessi lombardi diretti presso le loro seconde case al mare. Fu così che alcune mete turistiche furono prese d’assalto.

Ovviamente una delle mete dei lombardi (ma anche veneti, piemontesi e romani!) fu proprio la Sardegna. Località turistiche come  Porto Rotondo, Alghero, Stintino, Villasimius erano affollate come a Ferragosto. A nulla valse l’ordinanza che rendeva obbligatorio l'isolamento domiciliare. Molti sindaci e comunità locali ebbero modo di verificare che i turisti arrivati in Sardegna, complici i primi refoli di una primavera in nuce, iniziarono a godersi liberamente mare e sole sardo e sfuggire alle restrizioni delle prime zone rosse. 

Morale: i contagi schizzarono e trasformarono il Nord Sardegna in una zona rossa.

All’inizio dell’estate 2020, poi, Christian Solinas, il governatore della Regione Autonoma della Sardegna, memore dell’“invasione longobarda” del mese di marzo pensò di chiedere ai turisti una sorta di “patente o passaporto sanitario” che dimostrasse l'esito di un tampone negativo effettuato entro una settimana dalla partenza per poi eseguire un nuovo test all’arrivo ed un eventuale "monitoraggio" con un'app. Apriticielo!

Il sindaco di Milano Beppe Sala rispose piccato «Quando deciderò dove andare per un weekend o per una vacanza, me ne ricorderò. Discriminare gli italiani per regione di appartenenza è assolutamente sbagliato: Milano e la Lombardia saranno sempre terre di libertà e di accoglienza».

Luca Zaia governatore del Veneto, in modo più “soft” ribadì «Capisco i timori di Solinas e comprendo le sue ansie. Parlare è facile ma una responsabilità non si prende alla leggera. Però nessuno può uscirne come un untore. Mi metto nei panni di un lombardo e non troverei giusto che qualcuno mi trattasse da agente di contagio».

Infine Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali, bloccò subito questa opzione bollando come anticostituzionale la proposta del governatore della Sardegna «Rileggete l'art. 120 della Costituzione! Una Regione non può adottare provvedimenti che ostacolino la libera circolazione delle persone […] se gli scienziati dicono che non ci sono passaporti sanitari, non ci sono». Poi a Ferragosto, ci fu l'impennata di contagi in un locale di Porto Rotondo e la Sardegna passò da “Covid free” a “sorvegliata speciale”. Quod erat demonstrandum. Poi ci fu anche un focolaio in un “villaggio resort” a Santo Stefano, nell'arcipelago di La Maddalena, con 26 positivi su 470 tra turisti e personale. Nell’intera Regione, si registrarono nuovi contagi, riportando la situazione a quella verificata in pieno lockdown a metà aprile!

Anche in questo caso, si è potuto appurare che i contagi furono causati da alcuni turisti e sbarcati in Costa Smeralda dalla Spagna per un ultimo epilogo vacanziero prima di ritornare a casa. Stavolta pare invece che il presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas, sia riuscito nel suo intento: ha firmato un’ordinanza in base alla quale, a partire dall’8 marzo, chi entrerà in Sardegna, dovrà obbligatoriamente registrarsi alla piattaforma della Regione Sardegna o all'app “Sardegna Sicura”, dimostrando l'avvenuta vaccinazione (con l’inoculazione di entrambe le dosi) o aver eseguito l'esame diagnostico molecolare del tampone rino-faringeo o del tampone antigenico con esito negativo non oltre le 48 ore prima della partenza. Chi, invece, non ha né fatto il test né il vaccino, potrà fare –gratuitamente–  il tampone rapido all'arrivo o (a sue spese) nelle 48 ore successive. Oppure stare in quarantena fiduciaria per 10 giorni.

Chi non rispetterà gli obblighi sarà – ovviamente –  sanzionato come per legge. Ecco perché questa promozione “bianca”, che è una notizia rassicurante (evito di dire “notizia positiva” perché quell’aggettivo per un po’ di tempo ha un’accezione nefasta!) ha allertato molti sardi! Leggendo alcuni commenti sui social mi è venuta alla mente quella che in psichiatria viene definita la sindrome dell’«eterno insoddisfatto».

Se fossimo stati considerati “regione gialla” avremmo già letto, visti i contagi in netto calo, centinaia di commenti biliosi per la mancata promozione. Ora che ci hanno promossi “prima regione bianca”, ecco allora che spuntano come funghi, i menagramo, che dicono «ci vediamo a Pasqua in terapia intensiva!». Gli eterni insoddisfatti, appunto! Purtroppo si sa, se uno è scottato dall’acqua calda, avrà poi paura anche di quella fredda. Esiste infatti il timore che, per la terza volta (non c’è due senza tre?), la Sardegna, da Covid-free venga inondata da una secchiata di vernice color rosso vermiglio.

Un po’ come accade quando indossiamo ad un party una camicia immacolata e la difendiamo consapevoli che basta pochissimo per ritrovarsi qualche brutta macchia per colpa del solito idiota. Pertanto non ci resta che affidarci alla responsabilità di ciascuno (residente o no!) con l’auspicio che il colore della Sardegna resti bianco come la sabbia de “la Pelosa” a Stintino, giudicata la quinta spiaggia più bella del mondo. O azzurro come il suo mare. Questa è la nostra …speranza (decidete voi se usare quel termine come un sostantivo o …come un cognome!)

Vincenzo Mangione