-Mariella Cortès*-

 

Nulla da festeggiare, nulla da aggiungere. Lacrime da versare,  ancora tante, così come i disagi, troppi. Critiche, solo se costruttive e confronti sempre necessari. E’ passato esattamente un anno da quel momento in cui la Sardegna ha dovuto fare i conti con un disastro annunciato e inaspettato allo stesso tempo e del quale, ancora oggi, si ritrova ad aver paura.

Quando il ciclone Cleopatra, il 18 novembre 2013, scatenò le sue intemperie sulla nostra Isola, nessuno era pronto a reagire e, quasi certamente, nessuno si aspettava una tale catastrofe in grado di provocare  19 vittime, 270 sfollati e danni per svariati milioni di euro. Rispetto ai dati storici, come riporta l’Arpa Sardegna in una sua dettagliata analisi meteorologica,  si è  trattato di un raro evento meteorologico estremo, con la maggior estensione di territorio coinvolta nell’arco di una sola giornata.

È in occasione di questi momenti, estremi,appunto, che si valuta non solo la “preparazione” di un territorio e dei suoi amministratori ma, anche, le strategie di prevenzione, se sono state attuate. Il ponte romano in prossimità di Oliena, rimasto intatto dopo il violentissimo passaggio di Cleopatra è stato citato, anche da noi di FocuSardegna, come un  simbolo di quelle terribili giornate. Da una parte ci riportava alla mancanza totale di prevenzione e di lungimiranza nel costruire ponti, strade, case e canali affinchè durino nel tempo cosa che, a quanto pare, era molto più gradita agli antichi che ai contemporanei.

Dall’altra, quel ponte era metafora dell’orgoglio sardo che resisteva e affrontava: lo stesso orgoglio che scatenò una corsa all’altruismo senza precedenti con mobilitazioni da tutti gli angoli dell’Isola. Nessuno stette lì a farsi tante domande, la parola d’ordine era e rimase “intervenire subito”. Produzioni editoriali (come “Sei per la Sardegna”), spettacoli teatrali e varie altre iniziative di pregevole livello si susseguirono una dopo l’altra con una partecipazione intensa che tenne alta, nei mesi successivi, la soglia di attenzione (una fra tutte, “Sardegna  chi_ama”, promossa da Paolo Fresu che, con un successo strepitoso, riuscì non solo a raccogliere diverse migliaia di euro ma, anche a far tornare viva l’attenzione sulle necessità post alluvione). Viene però da chiedersi cosa ne sia, oggi, a distanza di un anno esatto da quelle giornate, degli sfollati, delle strade distrutte, dei ponti crollati, delle macchine travolte e, soprattutto della sicurezza. 

L’allarmismo con il quale vengono oggi accolte le previsioni del meteo e l’annunciare il rischio idrogeologico va a compensare i problemi di comunicazione precedenti ma non a migliorare la situazione esistente che, purtroppo, è ancora in fase di stallo. In un servizio tv per ll Fatto Quotidiano, Davide Mosca apre uno spaccato terribile della Olbia e della Gallura a 12 mesi di distanza.

La strada per Tempio è ancora bloccata e le macchine di chi perse tragicamente la vita, giacciono ancora nel dirupo. Chi ha perso la casa è ancora ospite di parenti e amici e, soprattutto, i famosi 50 milioni di euro, presenti nelle casse del comune di Olbia e immediatamente spendibili, che il sindaco Giovannelli aveva chiesto di poter sbloccare, svincolandoli dal patto di stabilità, rimangono ancora sotto vetro. 

Intanto, si continua a tremare non appena viene annunciato il maltempo e alle prime gocce di pioggia si teme il peggio. Questo mentre in buona parte dell’Isola i paesi  a rischio idrogeologico sono una tremenda realtà, quelli colpiti da Cleopatra contano ancora danni e macerie e le strategie di prevenzione richiedono ancora tanto lavoro. Il Presidente Pigliaru, sulla sua pagina Facebook ha recentemente ricordato l’approvazione della delibera che vedrà il personale dell’ente foreste occupato nella pulizia e manutenzione dei corsi d’acqua in un progetto di messa in sicurezza il territorio da rischi idrogeologici. E’ questo sufficiente? 

In questi giorni, precedenti al triste anniversario, si moltiplicavano,sui social network le immagini di situazioni ancora uguali a un anno fa, come quelle di Bitti e Onanì, postate da Mauro Pili e le situazioni, reali, dei troppi sfollati che vivono ancora a casa di amici e parenti.

Le certezze sono poche, le domande, in occasione di questa ricorrenza, foriera di mille dubbi e perplessità, invece, tante.   Quanto cambierà nei prossimi mesi? Quando gli sfollati potranno tornare a casa? Quando i segni di quella terribile giornata verranno rimossi o sanati? E quando si potranno aspettare l’autunno, l’inverno e le sue piogge senza la paura di rivivere quell’orrore possa ripetersi? Quanti 18/11 ci dovranno essere prima che la Sardegna si doti delle misure necessarie a fronteggiare emergenze di questo tipo? Si aspettano i fatti, per lacrime, promesse e parole non c’è più tempo. 

*FocuSardegna

Autore dell'articolo
Mariella Cortes
Author: Mariella Cortes
Curiosa per natura, alla perenne ricerca di luoghi da scoprire, persone da raccontare e storie da ritrovare. Giornalista dal 2004 per carta, televisione, radio e web, lavoro a Milano come formatrice per aziende e professionisti e come consulente di marketing e comunicazione. FocuSardegna è il filo rosso che mi lega alle mie radici, alla mia terra che, anche nei suoi silenzi, ha sempre qualcosa da dire. Mi trovi anche su: www.mariellacortes.com
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