Chi era Cristian Gregu? Un morto ammazzato dimenticato, rimosso dalla coscienza collettiva. Uno dei tanti nella storia della Barbagia consegnati all’oblio di un dolore strettamente familiare. Aveva 19 anni, Cristian. Era coetaneo di Gianluca Monni, lo studente ucciso a Orune lo scorso 8 maggio mentre alle 7 del mattino aspettava il pullman che lo doveva portare a Nuoro. Il 23 settembre del 1991 rientrava a Mamoiada insieme al padre Angelino Gregu: entrambi, babbo e figlio, massacrati dai pallettoni sparati nel buio della notte contro l’auto che viaggiava nella strada per Nuoro. Spesso è sfuggito anche alle ricostruzioni dei cronisti il nome di Cristian Gregu, vittima di uno dei tanti Erode, pianto pubblicamente per pochi giorni.


Il silenzio/ ora è totale/ perché la voce dei morti/ è muta: sono versi riportati nel 1986 in un giornalino scolastico e scritti da un dodicenne, Orlando Pilia. Chi era Orlando Pilia? Un ragazzo di 14 anni che nelle campagne del suo paese, Oniferi, il 21 settembre del 1988 venne trovato cadavere, la testa spappolata da una fucilata, riverso accanto al corpo del padre Salvatore. Quel giorno non era voluto andare a scuola, si era intestardito per accompagnare il babbo a far legna. La presenza dell’adolescente non ha fermato i killer. Uccisi entrambi, senza pietà: chissà se il piccolo Orlando ha avuto il tempo di ripensare a quella poesia intitolata “Il vento” scritta in classe due anni prima e al terribile presagio inciso in un verso: È la voce di un piccolo gufo/ che annuncia/ che la sera è vicina…
Quel gufo, sempre a Oniferi, aveva funestamente “cantato” anche cinque anni prima. Un altro divoratore di bambini rimasto senza nome, infatti, il 10 luglio del 1983 uccise Bernardo Brau, 17 anni, massacrato a fucilate insieme al padre Pietro Paolo mentre accudiva le pecore.
Il nome di Bernardo è tornato subito alla mente dopo la recente tragedia di Orune perché al giovane ucciso a Oniferi è stato intitolato l’Istituto tecnico Agrario di Nuoro, una scuola a cui oggi è associato il Professionale “Volta” dove studiava Gianluca Monni.
Almeno in questo caso la memoria resta viva e il sacrificio di Bernardo continua a far riflettere. Dopo l’ultimo agguato di Orune tanti coetanei di Gianluca Monni hanno cercato una spiegazione nel testo della lapide collocata nell’androne dell’Agrario: "Bernardo Brau, assassinato all'età di 17 anni mentre accudiva al lavoro dei campi. Non è tanto il riconoscimento delle seppur spiccate doti di bontà e serietà che gli avevano guadagnato la stima di tutti, quanto un segno tangibile contro la prepotenza di chi vuole perpetrare nei nostri paesi un clima intollerabile di odio e vendetta, un grido corale contro la violenza la quotidiana offerta del rifiuto delle barbarie" Bisognerebbe intitolare una scuola anche a Gianluca e a Cristian, e a tutti gli altri giovanissimi uccisi. Servirebbe se non per capire, andando oltre le diverse storie e dinamiche dei singoli casi, almeno per ricordare che in piccoli paesi come Oniferi si vive fianco a fianco con uomini capaci di sbranare i cuccioli d’uomo. Oniferi però in questo caso non è un luogo geografico ma un simbolico specchio della realtà globale. Perché poi Lula si ritrova a piangere Luisa Manfredi.
Chi era Luisa Manfredi? Venne uccisa sul balcone di casa da un solo pallettone di una sola fucilata sparata nel buio della sera il 25 novembre del 2003. Era figlia di Matteo Boe, la giustizia non è riuscita a dare un nome ai suoi assassini e un intero paese da dodici anni convive con un Uomo Nero senza volto. Ancora oggi non si sa se quella sera il killer voleva uccidere realmente l’adolescente, se sia andato oltre le sue intenzioni o se l’obiettivo era un altro.
Chi era Maria Teresa Moni? Maria Teresa Moni aveva12 anni nel 1977, la sera di Capodanno, corse ad aprire il portoncino di casa richiamata dal trillo del campanello insieme al padre. La fucilata indirizzata al padre uccise lei. Non mancano poi i delitti di adolescenti maturati nel mondo giovanile. Giovanissime vite rimaste impigliate nella micidiale rete tesa dagli adulti dove la prepotenza si miscela con l’alcol e trova un innesco nella facilità di procurarsi un’arma. L’omicidio di Gianluca Monni porta – ma lo scenario non è ancora chiaro e la prudenza è d’obbligo in attesa almeno delle verità processuali – e per di più si attende di capire quanto sia forte il legame con la scomparsa di Stefano Masala, 28 anni, sparito dal suo paese, Nule, la sera del 7 maggio 2015, il giorno prima dell’omicidio di Orune. Un’offesa a una ragazza, una rissa tra giovani dei paesi vicini, un contendente disarmato con la pistola che sparisce, gli adulti che non riescono a spegnere l’odio montante. Tessere di un puzzle ancora da collocare al posto giusto tra Orune e Nule. Sapendo bene che la verità giudiziaria non sempre è sinonimo di giustizia. Lo si è visto nel caso di Cristian Meloni.
Chi era Cristian Meloni? Aveva 14 anni. Venne ucciso a Torpè da un cugino minorenne il 24 gennaio del 2004. Forse i due ragazzi giocavano con un fucile, forse lo scenario è ben più grave: doppie verità consegnate e perpetuate che nel tempo continuano a dividere gli adulti. Non mancano, per fortuna, colpevoli puniti come gli aguzzini di Manuel Stocchino.
Chi era Manuel Stocchino? Aveva 20 anni. Era di Arzana. Il suo cadavere venne trovato il 28 gennaio 1996 sepolto nella spiaggia di Arbatax: picchiato, torturato e alla fine soffocato dopo la rissa in un bar da tre coetanei poi individuati e condannati. Dagli adolescenti ai bambini. Cuccioli d’uomo sbranati, appunto. Piccole vittime da consegnare al silenzio ovattato dai luoghi comuni, per cullarsi sul luogo comune. Chi era Andrea Orunesu? Andrea Orunesu aveva sei anni. Nell'estate del 1981 salutò a Bitti la mamma incinta di otto mesi e con il padre Bachisio partì per Olbia. Ad aspettarli nell’ovile di Zucchitta c’era i killer che non esitarono a sparare anche sul bambino. Uccisi entrambi, padre e figlioletto. Il cronista non ha più cancellato dalla memoria l’immagine di quella mamma seduta in un salotto buio con una foto poggiata sul pancione: Andrea in lacrime, ritratto a carnevale con il viso imbiancato e il vestito della classica maschera triste, accompagnata da un pensiero fissato poi nel titolo de “L’Unione Sarda”: «Hanno ucciso Pierrot».
Chi era Pietro Azzena? Pietro Azzena aveva 12 anni. Il suo corpo venne scoperto il 18 maggio del 2014 (un anno fa) a casa sua, massacrato a sprangate insieme al padre Giovanni Maria e alla madre Giulia Zanzani. Ucciso forse perché testimone scomodo (il colpevole è in attesa di processo, come Pietro Paolo, come Orlando, come andrea. Solo che quel delitto si è registrato a Tempio. Qualcuno allora parlò di “schema barbaricino”, altri di “violenza di importazione”. Analisi affrettate condite da autodifese non richieste di chi, aggrappandosi ai luoghi comuni, non vuole o no riesce a rassegnarsi al fatto che la Barbagia, l’Ogliastra, la Gallura sono nel mondo e il mondo con tutte le sue contraddizioni è in Barbagia, Ogliastra, Gallura. Anche in questi giorni tra i commenti sui fatti di Orune e Nule qualcuno ha parlato ancora di “codice barbaricino”. Ma La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico è datata 1959, con alcuni aggiornamenti: quanti oggi hanno la capacità, la passione, la voglia di lavorare sul campo di Antonio Pigliaru? Chi riesce a leggere gli immutati pilastri originari dell’analisi dell’intellettuale orunese con le mutazioni della realtà attuale? Troppo facile rifugiarsi nelle analisi affrettate dei post sul blog. E, magari, continuare a cullarsi sull’dea che «per fortuna in Barbagia resistono certi valori come il rispetto per le donne e i bambini».
Chi era Maria Molotzu? Maria Molotzu aveva sette anni. Era figlia del podestà di Bono. Il 7 luglio 1933 venne rapita, uccisa e sepolta in un muretto a secco da una banda composta anche da barbaricini: il suo aguzzino venne fucilato a Nuoro-Pratosardo il 28 marzo del 1936.
Chi era Assunta Nieddu? Assunta Nieddu aveva 12 anni. Il 2 febbraio 1928 venne uccisa ad Arzana da un bandito conosciuto come “La tigre dell’Ogliastra” che voleva punire il padre Antonio Nieddu. Storie lontane, si dirà. La cronaca di oggi ci dimostra che non è così. Ricordate che questo è stato, ammoniva Primo Levi invitando a non dimenticare l’immane tragedia dei campi di sterminio nazista perché quell’Olocausto non si ripetesse. Ricordiamo che questo è stato. Anche quando dal male nasce il bene.
Chi era Antonia Mesina? Antonia Mesina aveva 16 anni. Venne uccisa a colpi di pietra il 17 maggio del 1935. Morì per non cedere alle voglie sessuali del suo violentatore. È stata beatificata da papa Giovanni Paolo II il 4 ottobre del 1987. La festa della Maria Goretti sarda cade il 17 maggio: questa domenica a Orgosolo il cronista pregherà anche per i cuccioli d’uomo sbranati dall’uomo dimenticati anche in questa ricostruzione. Ricordando un passo dell’omelia pronunciata proprio da san Giovanni Paolo II durante la messa di beatificazione di Antonia Mesina riferito al fatto che Antonia Mesina raccoglieva legna quando venne aggredita: «Quel giorno si accende un altro fuoco e si prepara un altro pane per una famiglia». Questo vale anche per Gianluca, Berbardo, Orlando, Cristian, Maria Teresa, Luisa, Manuel, Cristian, Andrea, Pietro, Assunta, Maria…

Articolo pubblicato sul settimanale L'ORTOBENE