A Cesare si attribuisce - durante il viaggio dall'Africa a Roma del 46 a.C. - la promozione giuridica di Karales e la decisione della fondazione della colonia di Turris Libisonis, oltre che la punizione dei Pompeiani di Sulci e l'appalto dei loro beni. Cesare era amico del cantante Tigellio di Karales. Soprattutto da ragazzo conosceva a memoria l'orazione Pro Sardis pronunciata dallo zio Cesare Strabone contro il proconsole Tito Albucio che fu condannato per concussione alla fine del II secolo a.C. Nel 59 a.C. Cesare triumviro era console mentre il cognato Marco Azio Balbo (il nonno di Ottaviano) governava la Sardegna. Proprio Ottaviano lo avrebbe ricordato sulle monete del Sardus Pater.

 

 

 

Cesare di Antonello Sanna

Gaio Giulio (100 ca-44 a.C), apparteneva all’antichissima e nobile stirpe della Gens Iulia, che si voleva far discendere da Iulo, il mitico Ascanio, figlio di Enea. Nel 69 fu questore in Spagna Ulteriore, per tornarci più tardi come proconsul nel 61, dopo la nomina a Pontefice Massimo nel 63. Sospettato di aver preso parte alla congiura di Catilino, nel 60 diede vita al cosiddetto primo triumvirato con Pompeo e Crasso, diventando console l’anno dopo. Nel 58 partì per la Gallia, dove condusse una campagna militare fino al 51 da lui stesso descritta nei suoi commentari (De bello gallico). Morto Crasso, sconfitto dai Parti e ucciso a Carre nel 53, il triumvirato si sciolse, e nel 52 Pompeo assunse pieni poteri. All’inizio del 49 Cesare rifiutò di obbedire agli ordini di Pompeo, che pretendeva la sua rinunzia al comando dell’esercito e il rientro a Roma come un semplice cittadino.

Nella notte tra l’11 e il 12 gennaio Cesare varcò in armi il Rubicone (fiume che delimitava il pomerio, l’area interdetta alle legioni) e in brevissimo tempo si impadronì della penisola (c.d. guerra civile dal 49 al 45, raccontata da Cesare nel De bello civili). Pompeo abbandonò allora l’Italia trasferendosi nei Balcani mentre Cesare si recò in Spagna. Perseguendo una precisa strategia egli decise di conquistare le province frumentarie, sostegno essenziale per l’imminente guerra contro Pompeo. In questa fase della guerra civile entrò in gioco anche la Sardegna. Cesare mandò infatti nell’isola, a quel tempo governata da Aurelio Cotta, fedele a Pompeo, Valerio Orca al comando di una legione. Gli abitanti di Karales insorsero in favore del lugotenente di Cesare ancor prima che questi partisse dall’Italia cacciando dalla città Aurelio Cotta. Di fatto, la maggior parte delle città sarde abbracciava in quel modo la causa dei populares e, stando a Cassio Dione, Cesare poté predere possesso della Sardegna senza combattere.

Nel novembre del 49 Cesare nominò i governatori per le diverse province; per la Sardegna la scelta cadde su Sesto Peduceo. Sia prima che dopo la vittoria su Pompeo a Farsalo (48 a.C.) i pompeiani si erano resi protagonisti di numerose scorrerie con la flotta lungo le coste della Sardegna, saccheggiando le città. Dopo Farsalo Cesare trasferì le sue forze in Africa e da qui, alla fine del 47, richiese aiuti alle città sarde e alle altre province vicine affinché gli mandasero truppe ausiliarie, vettovaglie e frumento. Il 6 aprile del 46 Cesare sconfisse l’esercito pompeiano a Tapso e dopo avere costituto una nuova provincia, alla quale diede il nome di Africa Nova, partì da Utica alla volta di Karales, dove sbarcò il 15 giugno del 46.

Qui egli condannò i Sulcitani (dimostratisi generosi con in pompeiani in occasione di una delle loro incursioni del 49 a.C.) a pagare un’ammenda di dieci milioni di sesterzi. Pretese inoltre la consegna di un ottavo delle rendite come decima e confiscò i beni di alcuni maggiorenti locali, venduti poi all’asta. Salpato da Karales il 27 giugno, navigò sottocosta lungo la Sardegna orientale per raggiungere la Corsica, quindi l’isola d’Elba e infine Roma dove fece rientro il 25 luglio. Qualche tempo dopo il suo soggiorno nell’isola Karales assunse lo stato giuridico di municipum e Turris Libisonis quello di colonia (Plinio, Nat. hist., III, 7, 84-85; per Turris Libisonis anche l’Anonimo Ravennate, V, 26).