Situato nel medievale Giudicato di Arborea, il castello di Medusa rappresenta un unicum nel suo genere. Il complesso fortificato, situato nel territorio tra Samugheo e Asuni,  sorge sul colle calcareo Sa conca ‘e su Casteddu, a picco sulla gola formata dal Rio Araxisi, in epoca tardo romana con l’obiettivo di controllare le comunità indigene della Barbaria. Il castello è oggi facilmente raggiungibile seguendo l’itinerario che parte dal centro di Samugheo.

 

Collocato in una zona prevalentemente montuosa, con colli solitari e selvaggi, gole e dirupi, in un contesto naturalistico maestoso e impervio intervallato da torrenti montani, dove nidificano i falchi, circondato da domus de janas, nuraghi e boschi secolari, si inserisce lo sperone roccioso dalle pareti a picco sul fiume Araxisi, che, da tradizione popolare, prende il nome di Castello di Medusa. Quello che, come indicato anche da La Marmora ( «una fortezza innalzata dai generali degli imperatori Greci per tener in freno i popoli Barbaricini…»), nasce come castrum e venne poi riformato da Giustiniano con restauri che si susseguirono dal VII al VIII secolo, arrivando fino all’età giudicale dove ebbe funzione di castello di frontiera, lungo il confine col Giudicato di Cagliari. Poche le fonti documentarie che raccontano la storia antica del castello: nel 1075, quando Papa Gregorio VII afferma la supremazia della Chiesa, assegna il castello in feudo al Giudice di Arborea Orzocco de Zori che lo lascia, poi, in eredità ai discendenti maschi. Altra menzione è del 1189, nel documento che parla di un ''Castrum Asonis'', probabilmente facente parte dei Castra Felicia ricordati dall’Anonimo Ravennate nel VII secolo,  quando la rocca fu ceduta, insieme alle sette guardie che lo custodivano, dal giudice Pietro I d'Arborea al comune di Genova come saldo dei debiti contratti dal padre Barisone e poi recuperata dal sovrano dietro la promessa di un ingente pagamento. Il 4 aprile 1336, nel testamento del Giudice Ugone III di Basso, si fa riferimento al passaggio del territorio di Samugheo ai nipoti. Viene poi, nel 1389, restaurato in alcune parti dalla Giudicessa Eleonora che vi invia, per difenderlo dagli aragonesi, una guarnigione con a guardia Piero De Acene. Con la fine del marchesato di Oristano, il castello cadde in mano agli aragonesi, rimanendo, poi, sotto la giurisdizione della Contea di San Martino di Sorgono per passar poi, nel 1725, al comune di Samugheo  al quale tutt’ora appartiene.

 Il castello, ascrivibile alle fortificazioni di frontiera, oltre a sbarrare il passaggio dell’Araxisi, domina visivamente i principali percorsi di percorrenza dei popoli dell’attuale Barbagia, costituendo un importante presidio prima di Forum Traiani. Oggi restano solo tratti delle mura a recingere un'area di circa 540 mq, una cisterna e i resti di due torri. Si tratta, come evidenziato dal Cavallo, «di un insediamento militare con all’interno magazzini, granai, cisterna e alloggi che, per le loro caratteristiche planimetriche e costruttive, richiamano strettamente i granai e le cisterne della piccola città di Dara, in Asia Minore, anch’essa dell’epoca di Giustiniano». Nonostante la struttura sia da tempo abbandonata – sebbene sia stato reso visibile e percorribile il percorso che vi conduce – è possibile identificare i vari stadi costruttivi.

Della fase romana è il un complesso rettangolare situato nella parte sud-occidentale; le cortine occidentali e le due torri di cui una dotata di cisterna, sono riconducibili all’età bizantina mentre le cortine della parte orientale si rifanno ai restauri di epoca giudicale. A confermare la lunga storia della struttura fortificata, il ritrovamento di monete risalenti all’età di Giustiniano e di tre epigrafi: si trattava di una lapide che commemorava un soldato della I coorte pretoria dei sardi (truppe ausiliarie all’esercito romano, attestate dal II secolo d.C.) e di due iscrizioni riferite all’imperatore Giustiniano e al suo successore, Giustino II. L’ingresso della rocca si trovava nel punto in cui la rupe si unisce al costone sito a nord costituendone il lato più stretto dove la muratura occupa tutta la larghezza permettendo l’accesso lateralmente. Il complesso, di forma quadrata leggermente allungata e ulteriormente prolungata da una punta avanzata sulla cui sommità, a fianco dell’accesso, di ritrovano i resti di una torre che probabilmente stava a guardia delle alture antistanti. Le cortine murarie situate a est sono invece più basse seguendo lo sviluppo delle pareti rocciose. Di facile rilevazione, la cisterna e i tratti di alcuni ambienti interni. Particolarmente curiosa è l’esistenza di ambienti sotterranei, ai quali accennavano anche lo Spano il La Marmora che, però, risultano oggi irrintracciabili. Sono state però censite le numerose grotte, di notevole interesse geologico, posizionate lungo la parete rocciosa.

 Oltre che per la sua unicità storica ed architettonica, il castello è noto per le numerose leggende popolari che ne riconducono il possesso alla regina Medusa, figlia del re Forco che avrebbe regnato sulla Sardegna per 28 anni la quale, alla sua morte, lasciò al diavolo il castello e i suoi tesori. A presidio di tali ricchezze, custodite in un forziere, sarebbero state messe “sas muscas magheddas”, rinchiuse in un forziere identico a quello del tesoro che, se aperto, avrebbe distrutto l’umanità. Il tesoro di Medusa venne citato nel XIX secolo, durante il processo di un noto bandito di Asuni, Francesco Perseu, condannato per rapina e incarcerato a Genova, il quale, in una sua relazione chiese di poter tornare in Sardegna confessando di aver trovato, una sala ricca di oggetti di valore in una delle grotte sul colle del castello che avrebbe mostrato in cambio della grazia. Nonostante la momentanea scarcerazione, il bandito, condotto a Medusa, non trovò nulla e venne ricondotto nel carcere di Genova. 

Mariella Cortes

Relazione presentata in occasione dei 50 anni dell'Istituto Italiano dei Castelli.

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Mariella Cortes
Author: Mariella Cortes
Curiosa per natura, alla perenne ricerca di luoghi da scoprire, persone da raccontare e storie da ritrovare. Giornalista dal 2004 per carta, televisione, radio e web, lavoro a Milano come formatrice per aziende e professionisti e come consulente di marketing e comunicazione. FocuSardegna è il filo rosso che mi lega alle mie radici, alla mia terra che, anche nei suoi silenzi, ha sempre qualcosa da dire. Mi trovi anche su: www.mariellacortes.com
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