*DI VALENTINA LOCHE
Sono di ritorno da un fine settimana formativo, con la Festa Internazionale della Pedagogia Viva. Due giorni di meraviglia, scoperte, consapevolezze, colori ed emozioni. Pedagogia, arte, psicologia, filosofia, neuroscienze, biologia. Il vulcano educativo che dormiva silente dentro di me si è risvegliato magicamente e ha proiettato nella mia testa una nube ricca di idee. Ho il cervello in fiamme, di quei fuochi belli che accendono sogni ed utopie. Pronta a seminare luce e a raccogliere bellezza.
Durante il Festival ascolto Elena Iodice, architetta bolognese che da qualche anno conduce laboratori d’arte nelle scuole.
Smuovere e vincere la paura, inoltrarsi in percorsi non battuti, scardinare l’ovvio e cercare ciò che è nascosto. Lavorare sulle crepe, sugli errori, sul “non sono capace”, per permettere a chiunque di iniziare quel Viaggio che porta prima di tutto alla ricerca di sé.
Mi si accende una lampadina, a proposito di fuochi e di vulcani. Vorrei che l’arte tornasse a far parte delle nostre vite. Ora più che mai, in questo caos di pseudo esistenza, ora che le occasioni di conoscere il mondo sono assai limitate, cerchiamo di capire quel poco che si può fare.
Arte aspettaci, stiamo arrivando.
Chiamo il Museo Nivola, a Orani. Chiedo se posso portare i bambini a visitare la mostra di Sarah Entwistle “You should remember to do those things done before that have to be done again” (Dovresti ricordarti di fare quelle cose fatte prima che siano da rifare) a cura di Alfredo Cramerotti.
"Sì, il museo è aperto, potete venire per la visita guidata".
"Sono indecisa se portare anche il piccolino di due anni, che dite?"
"Certo, vi aspettiamo".
Io, i miei figli e le mie nipotine. Un adulto e quattro bambini dai 2 ai 6 anni in un museo. Una follia. Ma le cose facili non fanno per me. Ho deciso di far respirare loro l’arte. Procedo.
Ci accoglie Sergio Flore, colui che si occupa dell’area didattica. Alias maestro Sergio, per tutti i bambini delle scuole di Orani che fino all’anno scorso frequentavano i suoi laboratori con felicità ed entusiasmo. Felicissimo di ritrovarsi dei piccoli visitatori, ci parla di Sarah, di come ha raccolto oggetti e frammenti di vari materiali per poi trasformarli attraverso l’atto del ricordo, in pratica quotidiana. Il titolo della mostra è tratto da una lettera d’amore scritta a metà degli anni '60 dal nonno di Sarah Entwistle, Clive Entwistle (1916-1976), architetto come lei e contemporaneo di Costantino Nivola. Sarah non ha mai conosciuto suo nonno, ma anni dopo la sua morte un’assicurazione americana contatta la sua famiglia per la scadenza di una polizza. Nonno Clive aveva pagato un'assicurazione trentennale di un box dove aveva archiviato dei materiali che sono poi diventati oggetti principi della ricerca di Sarah.
Nel frattempo i bambini prendono confidenza con questo posto strano, pieno di oggetti e di luce. Iniziano a saltellare, rispondere alle domande di maestro Sergio e a osservare questi bizzarri oggetti che poi così bizzarri non sono. Per questa mostra, Sarah ha creato una composizione con una serie di oggetti che registrano i movimenti di un anno e la sua prima visita a Orani. Un’aggregazione di oggetti attraverso i quali l’artista traccia archi e tangenti fra le opere di Nivola, la vicenda di Clive Entwistle (entrambi emigrati europei a New York) e la sua stessa vita e pratica artistica.
Sergio invita i bambini a sedersi su grandi blocchi di lana grezza compressa, tinta in varie sfumature di colore, accatastati in alcune parti dello spazio espositivo, dai quali si possono vedere una serie di arazzi di carta appesi al soffitto. I bambini salgono, felici. E da lì poi vorrebbero saltare. Sì, siamo al game over. La loro concentrazione e la loro autonomia sono giunte al termine. Elena, Sarah, Clive. Tre architetti. Costantino Nivola, artista e scultore. L’arte li unisce come un filo sottile che attraversa la loro creatività. Ciò che vediamo noi non è ciò che vedono i bambini. Il visibile per noi e l’invisibile per loro, forse.
L'uomo ha bisogno di mettere insieme il visibile e l'invisibile perciò elabora fiabe, miti, leggende, feste, canti, arte.
(Maria Lai)
Andiamo fuori a correre e saltare, senza dover stare attenti a non toccare questo o quello, Sergio ci raggiunge poco dopo vicino alla scultura “Madre” (Nivola, 1981). Spiega il significato di quest’opera chiedendo loro quale sia il gesto che fanno le loro nonne quando li incontrano. L’abbraccio! Per fortuna, nonostante le restrizioni da Covid-19 il contatto non è sparito dalla loro memoria. "Cosa può essere quella protuberanza al centro?" "Un pancione!" "Acione!". Una vocina arriva da pochi metri di distanza tenta di ripetere quella parola.
I bambini mentre giocano, saltano e corrono. In realtà ci ascoltano e seguono i nostri discorsi, anche se apparentemente sembrano distratti. Di questa visita al museo non avranno capito tutto, ma hanno interpretato a loro modo ciò che hanno visto, non avranno memorizzato ciò che gli è stato detto, ma si ricorderanno di aver respirato arte e creatività. Ingredienti per la libertà.
L’arte ci salverà.
*VALENTINA LOCHE
Sono nata a Nuoro nel 1978, baciata dal sole, e vivo a Orani. Educatrice guerriera, attrice teatrale, blogger attualmente in crisi. Innamorata della vita e della bellezza, fan del cambiamento, un vulcano in eruzione, dal quale scorre la lava della creatività a tratti travolgente e irrefrenabile. Realista e ottimista, apro e chiudo i cassetti dei miei sogni e faccio di tutto per riuscire a realizzarli
Articolo realizzato per il progetto "FocuSardegna a più voci"
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