“Nel caffè Tettamanzi, dove si odiava l’Italia perché aveva fatto della Sardegna una terra di confino, (come se questo non fosse stato il suo destino da Roma in poi) si diceva tra un bicchiere e l’altro che se l’Italia faceva la guerra i sardi dovevano rifiutarsi di combattere” […] (Il giorno del giudizio, Salvatore Satta)
Il Caffè Tettamanzi ha ottenuto dal Ministero dei Beni Culturali il prestigioso riconoscimento "Bar Storico d'Italia" diventando così l'unico della Sardegna, uno dei 5 del sud Italia, entrando di diritto nell'olimpo dei Bar storici Italiani.
Il Caffè Tettamanzi, aperto nel 1854 come “Caffè della Posta”, assunse la storica denominazione nel 1875, dal cognome del proprietario, un ebanista di origine lombarda giunto a Nùoro per lavorare al coro ligneo della nuova cattedrale.Fu quindi lo stesso Tettamanzi a dotare il locale degli splendidi ornati che, con un po’ d’affanno, resistono alle ingiurie del tempo e della cui unicità gli avventori del caffè si possono ancor oggi beare. La sala principale, in particolare, conserva pressoché intatti la meravigliosa boiserie e i dipinti a olio su vetro (Le pareti del locale conservano ancora alcuni specchi d'epoca).
Dieci piccoli ovali che rappresentano angioletti dediti ad arti e attività diverse e si dispongono a raggiera intorno a un nucleo centrale, una pittura sempre su vetro, appena più grande delle precedenti e raffigurante gli Amori di Venere e Mercurio (con annesso un minuscolo Cupido). Ogni singolo dipinto è “custodito” da una cornice intagliata che, unita alle altre, dipana un meraviglioso ordito fogliaceo a rilievo che occupa tutto il soffitto.
Il Caffè Tettamanzi, è dunque lo sfondo impagabile di una narrazione meravigliosa: quella di un luogo-simbolo impregnato di vita, che ha dato i natali a Grazia Deledda e Sebastiano Satta, a Salvatore Satta, allo scultore Francesco Ciusa e tanti altri attisti e scrittori contemporanei.
L'interno di questo caffè storico ricorda quello descritto da Salvatore Satta nel suo romanzo Il giorno del giudizio: «Il Corso si stendeva dalla piazza di San Giovanni, al Ponte di Ferro si affacciavano le case di pretesa, quella di Tettamanzi, altro continentale, ma di cui non si serbava ricordo che nel nome del caffè, al piano terreno. Era un caffè grazioso, con piccole salette orlate di divani rossi, come, salvando il rispetto, i caffè di Venezia».
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