La celebrazione del Carnevale ha origini molto antiche che portano lontano nel tempo, ai greci, ai romani, alle feste in onore di Dioniso, dio del vino e del piacere, che veniva invocato attraverso riti sacrificali per il rinnovo del ciclo vitale e della fertilità della terra.

Durante queste feste si imponeva il rovesciamento dell’ordine costituito con lo scioglimento degli obblighi sociali, con l’uso del travestimento, dello scherzo e della dissolutezza. Riti purificatori e liberatori nei confronti del passato. Queste celebrazioni antiche sono sopravvissute al Cristianesimo.

Il Carnevale quindi tramanda la sua componente sacra e profana e in tutto il mondo è festeggiato con manifestazioni dove si dà sfogo al divertimento più sfrenato, al travestimento, al ballo e all’eccesso.

La Sardegna vanta numerose e affascinanti tradizioni sparse in tutto il territorio.  Per le vie paesane sfilano in processione maschere legate a riti ancestrali e magici. Alcune sono molto conosciute, una in particolare a Mamoiada nel nuorese con la sfilata dei Mammuthones e Issohadores vestiti in pelle di pecora, con maschera in legno e sulla schiena portano sa Carriga, campanacci dal peso di circa 30 kg. Le feste sarde hanno mantenuto intatto l’elemento profano e mitologico, rendendole così uniche.

Ma è a Lula che dobbiamo recarci per assistere ad una festa antichissima dal sapore magico e inquietante, dove riti ancestrali si mostrano in tutta la loro cruenta e suggestiva manifestazione.  

Lula è un paesino di origini remote, che si inerpica nelle pendici del Monte Albo, situato nel territorio delle Baronie in provincia di Nuoro.

Ma che succede a Carnevale da tempo immemore a Lula?

La maschera protagonista è Su Battileddu.

Su Battileddu: è lui il passato da togliere di mezzo. E’ lui la vittima sacrificale. E’ lui l’inutile, il buono a nulla come ci ricorda la derivazione battile che in sardo significa per l’appunto “l’elemento inutile”, di cui sbarazzarsi.

Secondo la studiosa Turchi, il termine originario era Bathileios ovvero “ricco di messi”. Quindi, con molta probabilità, il termine suddetto significava “colui che avrebbe reso  fertili i campi”. Ecco, il sacrificio di Su Battileddu porterà nuova vita. L’intera comunità partecipa alla propria purificazione con il sangue e la cenere.

Ma vediamo cosa succede a Su Battileddu a Carnevale. Ecco la descrizione scenografica.

Su Battileddu ha il viso sporco di sangue, annerito dalla fuliggine e il corpo ricoperto di pelli di pecora o montone. Sul capo porta un fazzoletto nero sormontato da due corna fra le quali viene fissato il SaEntreortata, lo stomaco di capra, mentre sulla pancia, sotto i campanacci denominati SosMarrazzos, si trova uno stomaco di bue riempito di sangue che viene bucato di tanto in tanto.

Viene legato e trascinato a forza dai SosBattileddosIssocadores lungo le vie del paese.

I Gattias, uomini vestititi di nero come vedove, che calzano gambali maschili, e con il volto coperto di fuliggine strattonano Su Battileddu che cerca di sfuggire pronunciando frasi scurrili e senza senso.

Gli spettatori lo pungono (Suchentu Punzone) in modo da far uscire, dallo stomaco di bue, il sangue con il quale si imbrattano il volto.

Le vedove inscenano il funerale con gesti e lamenti scurrili. Talvolta portano con sé un bambolotto smembrato e chiedono agli spettatori di baciarlo.

Ogni tanto le maschere si siedono in cerchio e giocano a Pitzica e no ries cioè cercano di pizzicarsi trattenendo il riso. Chi ride, dovrà offrire da bere.

Si anneriscono tra di loro i volti con la fuliggine, in un silenzio attonito e ordinato.

Su Battileddu viene condotto dal corteo in una piazza dove è stato acceso il fuoco e finalmente cade a terra sfinito. Qualcuno esclama L’anamortu, DeusMeu…L’an’ ingorgatu! (L’hanno ucciso, Dio mio, l’hanno sgozzato!).

Viene infilzato con un pungolo per far uscire il sangue che renderà fertile la terra. Ora tutti si bagnano il viso con quel sangue che purifica, che porta nuova vita.

La vittima viene caricata su un carro ed esibita attorno al fuoco. Il sacrificio è compiuto.

Ma basta un bicchiere di vino per riportare in vita Su Battileddu!

Finalmente tutti si sciolgono in danze e canti liberatori. Ha inizio la festa.

La maschera sarda di Lula incarna con evidenza il mito di Dioniso che attraverso il sacrificio ritorna a nuova vita.  Il mito va oltre... è Cristo che sacrifica la sua vita per poi risorgere. Sacro e profano dunque trovano un connubio perfetto.

Su Battileddu ci porta la speranza, la prosperità e vita nuova! Viva il Carnevale di Lula!

Marco Bernardini