- FocuSardegna*-

Fuga dei cervelli, rabbia, spopolamento, nuova emigrazione, disoccupazione, precarietà. Tutti termini, questi, che ultimamente vanno a riempire le pagine di quotidiani, periodici e siti web.

Il tutto va di solito a concludersi con la necessità di un miglioramento o il buon auspicio di un cambiamento. Ecco, se cambiamento sembra la parola chiave, l’uovo di Colombo per far uscire la nostra Isola da una situazione oltremodo drammatica, cosa stanno facendo, in tutto ciò, i sardi? Cosa i giovani laureati disoccupati o sottopagati e cosa la classe dirigente che  dovrebbe vigilare e intervenire con adeguate politiche in questi casi? In che modo si sono attivati tutti i responsabili della Cultura, degli enti pubblici e tutti coloro che, dopo aver avuto l’incarico si sono semplicemente adagiati sulla propria poltrona?

Se da una parte si auspica il cambiamento, dall’altra lo si teme. Se da un versante si lancia la corda dello sviluppo, il capo opposto non esita a tagliarla. Sembra quasi che tale situazione, masochisticamente faccia star bene e piaccia a molti crogiolarsi nel turbine delle lamentele, attendendo una soluzione che deve scendere dal cielo per risolvere la situazione.

Non è una regione per giovani, potremmo parafrasare. Perché, di fatto, siamo legati a un’impostazione vecchia, superata; perché facciamo sì che tutto venga tenuto al guinzaglio da chi ha sempre tratto vantaggio dalle posizioni di comando; perché, noi stessi, temiamo di perdere anche quelle gocce di acqua pura che ogni tanto cascano dal cielo; perché abbiamo paura di imporci, di dire apertamente la nostra.

Ciò accade per due ragioni: da una parte chi, tra i giovani, è riuscito ad avere il suo posto nel mondo attraverso logiche politiche non ha nessun interesse a darsi da fare per cambiare le cose ma si limita a tutelare la propria posizione; dall’altra ci sono le solite piovre che da anni stanno ben arpionate alle loro poltrone e si limitano a criticare ciò che potrebbe far tremare il loro trono o metterlo in ombra. Persone che non hanno più voglia di confrontarsi con il nuovo e stare al passo con i tempi ma impongono la loro lentezza a tutti gli altri andando a frenare l’avanzare del nuovo oppure, in una logica ancora più malsana, dandogli l’illusione del potere per poi manovrarlo alle spalle.

Vogliamo ancora questo?

Possiamo sopportare che a frenare lo sviluppo ci sia chi, per anni, ha costruito volutamente cattedrali nel deserto e, con insopportabile mania di protagonismo continua a pretendere un proselitismo politico e imprenditoriale?

Noi di FocuSardegna, nel nostro piccolo, dal momento della nostra nascita ci stiamo facendo portavoce di un possibile cambiamento ospitando storie di innovazione e nuove pratiche, il parere – costruttivo – di personalità della nostra società e analizzando, di volta in volta, eventuali margini d’azione.

Non siamo politici né siamo affini a questo o quel partito, siamo un gruppo di giovani che non vuole attendere che la manna cali dal cielo e ha iniziato un percorso che ci auspichiamo possa essere condiviso da molti.

Crediamo che da questa situazione di stallo economico e sociale si possa uscire ma solo mediante un rinnovato interesse verso il dialogo, la condivisione e la partecipazione sociale che sappia travalicare i deleteri ragionamenti fatti di critiche per partito preso.

Sosteniamo, inoltre, che competenza e merito siano l’unica via per conseguire tale obiettivo e che investire in Cultura e formazione sia fondamentale per il raggiungimento di una società culturalmente evoluta e quindi maggiormente consapevole delle proprie scelte ma soprattutto delle proprie responsabilità.

A tal proposito, riteniamo che utilizzare la Cultura quale leva per uno sviluppo economico e sociale sia un’idea giusta e che cercare di favorire l’istituzione di un distretto culturale sia una mossa vincente. Non concordiamo pertanto con chi, a seguito del convegno su “Cultura e Impresa” organizzato presso la Camera di Commercio di Nuoro dalla Confindustria Sardegna Centrale, li ha bollati come: “Un’idea da bocciare, un“modellino” vecchio e superato”

Chi era presente al convegno, o chi ne ha solo sentito parlare e si è sentito in dovere di dissentire, probabilmente non conosce a fondo le dinamiche distrettuali e cosa comporti la sua istituzione a livello economico e sociale, altrimenti, con molta probabilità, non si sarebbe espresso in questo modo.

Se si parla di Distretto Culturale lo si fa perché l’esperienza ha dimostrato che in differenti realtà, caratterizzate da diverse connotazioni storiche, geografiche e sociali, questo è stato un esempio di successo, capace di generare reddito ed occupazione. Ovviamente non è la soluzione a tutti i mali, ma rimane, di fatto, un seme di novità che vuole germogliare.

A questi signori noi rispondiamo che:

- a Nuoro ci sono le condizioni strutturali per far partire un sistema culturale che consenta, soprattutto ai giovani laureati, di mettere a frutto i loro studi, con nuove occasioni di lavoro;

- la proposta di un sistema culturale integrato a Nuoro è frutto di uno studio serio e merita rispetto;

- ci sono diverse evidenze empiriche di come i distretti culturali abbiano funzionato (e continuino a farlo) in diverse città del mondo. Tra queste citiamo: Austin, Pittsburg, Indianapolis, St. Louis, Minneapolis, Louisville, Ceder Rapids e Denver negli U.S.A., Linz, Bilbao e Vienna in Europa; Napoli, Viterbo, Noto, Trento, Rovereto, Mantova, Monza Brianza e Cremona in Italia;

- la scuola e l’Università sono (e saranno) i protagonisti di questo progetto, insieme alle istituzioni culturali, alle associazioni  e fondazioni non profit;

- gli enti locali hanno un ruolo decisivo, a loro è affidata la programmazione sovra-comunale sul territorio;

- il progetto è rivolto ai cittadini ma anche a chi vuole ‘contaminarsi’ col territorio, a chi è interessato a visitare i musei cittadini e a quei tanto vituperati “turisti culturali”.

Smettiamola, pertanto, di sparare contro chi avanza idee e proposte per sfruttare al meglio il proprio patrimonio, per offrirlo agli altri, per aprirsi e confrontarsi con chi viene da fuori.

Con questo appello vogliamo farci portavoce di questo cambiamento, vogliamo appoggiare le novità, vogliamo credere che per noi giovani dimenticati ci sia ancora una speranza.

Noi ci mettiamo la faccia e i nostri nomi.

Chiediamo a voi, qualora la pensaste come noi, di mettere il vostro nome nel box dei commenti qua sotto e sostenere, così, questo Manifesto per il cambiamento della Sardegna. 

 

*Simone Tatti, Mariella Cortes, Matteo Setzu, Irene Bosu, Giampaolo Carboni

Autore dell'articolo
Mariella Cortes
Author: Mariella Cortes
Curiosa per natura, alla perenne ricerca di luoghi da scoprire, persone da raccontare e storie da ritrovare. Giornalista dal 2004 per carta, televisione, radio e web, lavoro a Milano come formatrice per aziende e professionisti e come consulente di marketing e comunicazione. FocuSardegna è il filo rosso che mi lega alle mie radici, alla mia terra che, anche nei suoi silenzi, ha sempre qualcosa da dire. Mi trovi anche su: www.mariellacortes.com
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