Divinità greca, tra le più celebri della mitologia e tra le più venerate dagli antichi; in greco Herakles. Nato dall’unione di Zeus con Alcmena, il nome dell’eroe si deve probabilmente intendere come “gloria di Era”. Tuttavia, proprio da Era, sposa di Zeus e furente per il tradimento, E. è nel mito continuamente perseguitato. Le vicende dell’infanzia e della giovinezza dell’eroe sono contrassegnate da episodi di violenza spesso involontaria. Esempio tipico è l’uccisione del musico Lino, suo maestro, che aveva ripreso E. a per la sua indisciplina.

Sposatosi con Megara, figlia del re di Tebe, e reso folle da Era, E. uccise la moglie insieme ai figli da lei avuti. L’oracolo di Delfi gli impose a questo punto di mettersi per 11 anni al servizio del fratello Euristeo, signore di Argo, Micene e Tirinto, il quale a sua volta obbligò l’eroe a compiere 12 imprese, note come “fatiche”. La prima di queste, l’uccisione del leone di Nemea della cui pelle l’eroe si sarebbe rivestito, darà origine al modello iconografico più conosciuto per E., quello con la leonté, il manto della pelle di leone. Racconta Diodoro Siculo che E., portate a termine le fatiche, per guadagnarsi l’immortalità e divenire egli stesso un dio, avrebbe dovuto inviare una colonia in Sardegna guidata dai figli avuti con le 50 figlie del re di Tespie, e detti perciò Tespiadi.

Poiché questi erano troppo giovani, prosegue Diodoro, E. dispose che alla guida della spedizione si ponesse il nipote Iolao, quarto eroe mitico in ordine di tempo dopo Sardò, Aristeo e Norace secondo Pausania, a giungere in Sardegna. L’affermazione del culto di E. nell’isola è dunque legata alla sua progenie (dal momento che i Tespiadi sono considerati gli eroi fondatori), ma anche alla contestuale assimilazione a Melqart, l’E. punico. Questo corrispondeva, però, anche al Maceride dei Libî e degli Egizi: il padre di Sardò, l’eponimo dell’isola, che gli antichi abitanti invocavano nel tempio di Sid-Sardus Pater, ad Antas. Una versione tarda del mito pretende che nel suo viaggio verso Erythia, l’isola dell’Oceano dove l’eroe avrebbe rubato le mandrie di Gerione (10° fatica), E. abbia seguito la rotta delle isole del terzo bacino del Mediterraneo: Sardò (Sardegna), Kyrnos (Corsica), così chiamate dal nome dei due figli di E., e Baliares (Baleari) da Balius, il compagno dell’eroe. A questo passaggio ricordato dal mito lungo le coste dell’isola si deve forse la nascita di due toponimi, citati da Claudio Tolemeo nel II sec.d.C.: Herculis insula corrispondente all’attuale Asinara e interpretato come la sede di un santuario, ed Herculis Portus, localizzabile forse a Cala d’Ostia fra Bithia e Nora. In questi centri si dovevano svolgere verosimilmente cerimonie religiose legate ai traffici marittimi, dei quali E. era il protettore. Direttamente correlato al primo toponimo andrà anche ad Herculem, stazione lungo la strada a Karalibus Turrem, posta forse in prossimità di Stintino. Secondo Stefano di Bisanzio (IV sec.d. C.)  una città sarda, Herakleia, aveva preso il nome dal dio, che le fonti antiche riguardano anche come il dio poliade, il dio cittadino, di Olbìa (Olbia) e Ogryle (Padria).

Proprio dalla parte nord-orientale della Sardegna proviene la testimonianza più significativa della iniziale propagazione del culto eracleo, una figurina bronzea da Pheronia (Posada) risalente al IV sec. a.C. in cui l’eroe è riprodotto secondo i canoni della plastica di stile italico; il pezzo, prodotto delle botteghe umbro-sabelliche, giunse sull’isola in virtù di scambi commerciali condotti da un devoto del dio. Chiaro simbolo di un culto già affermato è invece la testa fittile a grandezza naturale del II a.C. riemersa dalle acque del golfo interno di Olbia nel 1990. Pertinente ad una statua intera, la testa si caratterizza per la leonté, ed era destinata verosimilmente ad un qualche luogo di culto che, come ha di recente ipotizzato l’archeologo Rubens D’Oriano, poteva essere il santuario di Eracle-Melkart, individuato ad Olbia sotto la chiesa di S. Paolo.  L’assimilazione a Melqart rende tuttavia evidente perché molte testimonianze relative al culto di E. provengano dal sud dell’isola, dove l’elemento punico è preponderante.

É il caso, ad esempio della piccola ara con E.-Melkart seduto, rinvenuta a Sulci; e nonostante il tempio di Antas sia dedicato a Sid-Sardus Pater, proprio quest’area in virtù del patrimonio epigrafico e artistico rinvenuto mostra quanto il culto per E. fosse sentito in questa parte dell’isola. Tra i reperti rinvenuti ad Antas basterà citare la celebre statuina bronzea di chiara impronta ellenistica raffigurante l’eroe nazionale degli Elleni. Dall’antica stazione di Biora (Serri) proviene poi la dedica Numini Deo Herculi (III sec. d.C.) posta su di un cippo-colonna di trachite ed effettuata dal collegio dei Martenses (istituzione forse a carattere militare). Altra testimonianza epigrafica è l’iscrizione incisa su un piccolo altare, rinvenuto a Cagliari, e recante l’attributo Hercul[i] Victor[i]. Antichissimi e pregevoli reperti che, pur non ricollegabili a forme cultuali, testimoniano l’affermazione che ebbe l’iconografia classica di E. in Sardegna, sono quelli provenienti da Tharros, dove l’eroe aveva una grande tempio ricordato in una iscrizione del III a.C.: l’anfora a figure nere del Gruppo di Leagros (520-510 a.C.) con E. che uccide il gigante Anteo; un kernophoros (bruciaprofumi) con testa di E. avvolta dalla leonté; una coppa con E. in lotta con il toro cretese (500-470 a.C.). Va infine segnalato anche il santuario ipogeico di E. sotèr, ossia “salvatore” localizzato a San Salvatore presso Cabras: un esempio di sopravvivenza e trasformazione del mito di E., nella sua connotazione di divinità salvifica, che in epoca Cristiana cederà il passo al culto di Cristo Salvatore degli uomini. Il graffito del santuario di fine III o principio IV sec. d.C., rappresenta E. al culmine della sua prima fatica, nell’atto di strozzare il leone di Nemea.