Eroe greco imparentato con Eretteo, il mitico re di Atene. Il significato che reca questo nome (daídalos in greco è “artisticamente lavorato”) rende evidente il ruolo che la mitologia ha riservato a questo eroe greco, ossia quello di artefice di importanti creazioni: viene così descritto come architetto, scultore, inventore di arnesi per la falegnameria e di mezzi meccanici.

Protagonista di un mito composito, che muta notevolmente a seconda delle versioni, è stato ricollegato alle vicende di Minosse, Icaro, Teseo e Arianna, del Minotauro etc. La tradizione più comune vuole che avesse come allievo ad Atene il nipote Talo, il quale ispirandosi ad una mascella di serpente inventò la sega. Lo zio, invidioso, lo gettò dall’Acropoli. D. fu condannato all’esilio e riparò a Creta dove divenne l’architetto del sovrano Minosse. Per lui costruì il labirinto dove fu imprigionato il Minotauro. Giunto a Creta Teseo per combattere il mostro, D., contravvenendo alla volontà di Minasse, lo aiutò a ritrovare la strada per uscire dal labirinto suggerendo ad Arianna lo stratagemma del filo, che l’eroe ateniese usò per orientarsi.

Scoperto da Minosse, D. fu costretto alla fuga insieme al figlio Icaro. Volati via insieme da Creta con ali costruite con penne d’uccello e cera, il solo D. riuscì a raggiungere la Sicilia; Icaro, invece, cadde in mare dopo essersi avvicinato troppo al sole, facendo sciogliere la cera. Dalla Sicilia, secondo Pausania, D. passò in Sardegna al seguito di Aristeo, anche se il periegeta afferma immediatamente che la notizia non è credibile perché Aristeo, secondo la cronologia mitica, sarebbe vissuto molto prima di D. Per Diodoro Siculo il mitico eroe-architetto sarebbe stato invece chiamato sull’isola da Iolao e qui avrebbe realizzato érga pollà kaì megála, “opere numerose e grandi”, chiamate Daidáleia dal nome del costruttore e visibili ancora al tempo dello storico siceliota.

Anche l’anonimo autore del De mirabilibus auscultationibus (forse prima metà del II sec. d.C.), ricorda che in Sardegna furono edificate costruzioni “secondo l’arcaico modo dei Greci”, fra i quali spiccavano edifici a volta di straordinarie dimensioni. L’autore, tuttavia, non ne assegnava la paternità a D. ma a Iolao. In ogni caso, a queste opere che affondano le loro origini nel mito di Dedalo (vista comunque la sua connessione con Iolao), il cui nucleo d’origine rimonterebbe al XIII sec. a.C., sono state spesso ricondotte le tholoi, le torri a cupola, intese come una derivazione dell’architettura micenea, forse dei sepolcri.  

A cura del Prof. Attilio Mastino