Aprile 19, 2024

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    Contos de foghile

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    Una notte dello scorso dicembre restai più di due ore ascoltando attentamente una donna di Orosei che mi narrava le leggende del castello di Galtellì. Il suo accento era così sincero e la sua convinzione così radicata che spesso io la fissavo con un indefinibile sussulto, chiedendomi se, per caso, queste bizzarre storie a base di soprannaturale, che corrono pei casolari del popolo, non hanno un fondamento, e qualcosa di vero. Il castello di Galtellì - la Civitas Galtellina, altre volte così fiorente e popolata, ora decaduta in miserabile villaggio - è interamente distrutto; restano solo i ruderi neri e desolati, dominanti il triste villaggio, muti e severi nel paesaggio misterioso. La leggenda circonda quelle meste rovine con un cerchio magico di credenze strane, fra cui la principale è che l'ultimo Barone, ovvero lo spirito suo, vegli giorno e notte sugli avanzi del castello, in guardia dei suoi tesori nascosti. 

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    Al finire del secolo XVII c'erano in Aggius - piccolo villaggio della Gallura - due ragazzi, figli di due famiglie nemiche, che, come accade sovente in Sardegna, ed anche altrove, facevano all'amore. Lei aveva tredici anni, egli quindici; ma benché così giovani sembravano, forti e belli entrambi, grandi di vent'anni, e si amavano perdutamente, con tutta la passione indomita degli abitanti della Gallura, bizzarra regione montuosa al nord dell'isola, che ha, nel paesaggio e nella natura dei nativi, molta rassomiglianza con la vicina Corsica.

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    In tutta la Sardegna, gli anziani, seduti nel patio della loro casa o accanto al camino nelle lunghe serate invernali, si affrettano con giovanile verbosità a narrare ai più giovani le antiche storie dell’Isola. Leggende popolate di anime vaganti fra il mondo terreno e quello ultraterreno, di orchi assetati di sangue, folletti maliziosi e Janas (fate) o streghe dalle dimensioni di una mela. Le leggende, tramandate di padre in figlio e scaturite da fatti storici realmente accaduti, come l’arrivo dei vari dominatori provenienti dall’esterno o le guerre e le carestie, si differenziano molto spesso per la variante linguistica in cui sono espresse e per la parlata che ogni territorio o paese si porta appresso, come un’eredità linguistica di cui ogni persona viene omaggiata. 

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