Una delle tante storie di solitudine. Una qualunque vicenda di cinica burocrazia . Quale logica spiegazione avrà potuto trovare il detenuto del carcere di Massama a Oristano, davanti alla richiesta, negata dal Direttore, di poter incontrare il suo cane? E’ quanto accaduto qualche settimana fa. Al detenuto, affetto da forti crisi depressive, la psicologa del penitenziario aveva prescritto la Pet Therapy. Appoggiandosi all’Associazione socialismo diritti e riforme (Sdr) , l’uomo ha in seguito inoltrato domanda al Direttore, ma la mancanza di regole, gli ha impedito  di poter riabbracciare il suo cane, ricevendo un secco no. "Non si può prendere un provvedimento che poi, a condizioni analoghe, non venga applicato anche agli altri detenuti." – ha spiegato Pierluigi Farci, Direttore del penitenziario, motivando il rifiuto.

 Anche l’intervento della Presidente Maria Grazia Caligaris dell’Associazione Sdr , non è stato sufficiente a cambiare direttiva:  “Manca un regolamento che ne determini la precisa natura, le modalità e le finalità, dunque la richiesta non può essere soddisfatta. Resta però un fatto incontrovertibile. Nelle carceri di Bologna, Firenze, Livorno e Montone è stato possibile non solo far incontrare i detenuti con i cani, ma addirittura, a Padova, consentire la convivenza in cella con i canarini. Auspichiamo che anche in Sardegna i detenuti possano incontrare i loro animali, specialmente quando le loro condizioni psichiche sono particolarmente difficili.”

Intanto, la vita nelle carceri corre. Dentro le mura, dietro le sbarre, chiusi nei bagni un metro per un metro, i detenuti scambiano sotto pelle le loro storie. Per uccidere il tempo,  aspettano inesorabili la notte, l’unico momento nella quale il cervello smette di parlare, fino al giorno successivo, e quello dopo, e un altro ancora, in attesa che l’interruttore si riaccenda. Inscatolati dentro le loro coscienze con le quali fanno i conti, per quei maledetti errori commessi. 

Vietato l’ingresso ai cani, vietato tutto. Sembrerebbe una cosa di poco conto, ma, forse, per chi vive là dentro, rappresenta un’ ulteriore negazione che va a sommarsi alle innumerevoli problematiche burocratiche delle quali ancora, non vi sono regole, che necessitano di anni e anni di valutazioni.

Con calma. “Il tempo non fa il suo dovere e a volte peggiora le cose”.

 

Cos’è la Pet Therapy

Con Pet Therapy o AAT ( Animal Assisted Therapy) si intende un sistema terapeutico dolce, basato sull’interazione uomo-animale. Si tratta in realtà di una co-terapia che va ad integrare o coadiuvare le terapie standard, con l’obiettivo di ottenere un miglioramento comportamentale, fisico, cognitivo, psicosociale e psicologico-emotivo.

L’animale è il co-terapeuta e, insieme ai medici, agli psicologi e ad altri specialisti del settore, può concorre per facilitare l’approccio alla terapia,  migliora la convivenza con la malattia o più semplicemente la realtà quotidiana di soggetti che si trovano in una condizione umana di solitudine e di forte stress psico-fisico.

L’idea di utilizzare la Pet Therapy è avvenuta in seguito all’osservazione dei risultati ottenuti con numerosi pazienti affetti da autismo, sindrome di Down, sindrome di West, demenze senili, psicosi, sclerosi multipla, disturbi psicomotori, dell’attenzione e dell’apprendimento ecc., nei quali si è constatato che prendersi cura di un animale può attutire l’ansia, ridurre lo stress e aiutare a rispondere positivamente ai trattamenti effettuati.

Gli animali che vengono utilizzati più di frequente sono il cane, il gatto, il cavallo, l’asino, il delfino, il pappagallo, con il supporto di un veterinario, che potrà selezionare quello più adatto al tipo di terapia da attuare, sorvegliare lo stato di salute degli animali stessi e sottoporli a controlli periodici.

In Italia il riconoscimento si è avuto con il decreto del Presidente del Consiglio del 28 febbraio 2003, che recepisce l’accordo tra il Ministero della Salute, le Regioni e le province Autonome, in materia di benessere di animali da compagnia e Pet Therapy. L’attenzione prestata a livello legislativo alla Pet Therapy consente alla disciplina una dignità scientifica e procedurale nel nostro paese.

La Pet Therapy utilizza un approccio simile a un gioco, per favorire la socializzazione, la comunicazione , per stimolare lo sviluppo e/o potenziare  sfere emotive quali responsabilità e autostima. Cosa differenzia la Pet Therapy dagli altri metodi alternativi?  L’animale, al contrario dell’uomo, non ha pregiudizio, si relaziona con l’essere umano in maniera semplice e permette di rivalutare i propri schemi di socializzazione.

 

Autore dell'articolo
Natascia Talloru
Author: Natascia Talloru
Freelance nel settore culturale. Dopo anni di formazione scientifica tra Cagliari e Milano, mi indirizzo nello studio delle terapie naturali, della medicina alternativa e antropologica, in particolare della Sardegna. E’ in Barbagia, nei luoghi del cuore, che le mie passioni per il giornalismo, la comunicazione e la musica si trasformano nel tempo in lavoro. Attualmente scrivo su testate giornalistiche online/offline e collaboro con diverse realtà locali nell’ambito della comunicazione web. Ho ideato Ilienses, un progetto musicale, culturale e audiovisivo sulla Barbagia, di cui sono anche General Manager. Vagabonda errante per natura, trovo la mia pace dei sensi nell’abitare e vivere i paesi della Sardegna, a contatto con la terra e le sue meraviglie.
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