Neria De Giovanni nasce a Sestri Levante nel 1952 e vive tra Roma ed Alghero. Laureata in lettere all’Università di Cagliari, ha insegnato per otto anni letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Sassari. Giornalista pubblicista,  è Presidente dell’ A.I.C.L. (Associazione Internazionale dei Critici Letterari) con sede a Parigi. E’ coordinatrice per l'Italia della Rete Europea F.A.M. (Femme Art Mediterranée). Ha pubblicato quasi una quarantina di volumi tra saggistica e prosa letteraria, ottenendo numerosi riconoscimenti. E' tra le massime esperte di Grazia Deledda cui ha dedicato 12 volumi. Ideatrice e conduttrice del Premio Nazionale Alghero "Donna di Letteratura e Giornalismo" che si consegna a Roma presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dirige il Portale Letterario e la Casa Editrice Nemapress di Alghero-Roma e ha curato diverse trasmissioni radiofoniche e televisive con emittenti regionali e nazionali.

Con lei parleremo di letteratura, comunicazione, donne con qualche curiosità sulla sua vita.

Partiamo:

1.      Signora Neria, lei è una donna molto brillante e impegnata, copre diversi ruoli di prestigio, ma chi è Neria De Giovanni, descrivendosi in poche parole?

 Allora Neria De Giovanni è una signora, una donna, che ama tantissimo studiare e scrivere. Io credo di essere proprio nata per questo. Ho una bella famiglia e tanti affetti però effettivamente una delle cose che mi riempie di gioia è comunicare, scrivere, studiare le cose che secondo me hanno ancora bisogno di essere scoperte, comunicandole poi agli altri. Mi piace parlare alle amiche e agli amici che amano ascoltare le cose che voglio dire, e quindi credo di essere così, una donna di comunicazione letteraria. 

 2.      Numerose opere le ha dedicate alla figura di Grazia Deledda, quando e con quale libro si è avvicinata per la prima volta al Premio Nobel?Ritiene che in Sardegna vi siano ancora delle difficoltà a valorizzare questa figura?

Nel lontanissimo, ormai altro secolo, 1989, sono stata invitata alla Florida State University a Tallahassee in Florida per aprire con delle conferenze un nuovo master in letteratura italiana, avevo pensato di voler lasciare qualcosa di mio, allora ho detto va bene io mi occupo di letteratura delle donne, mi occupo di poesia, due aspetti della cultura che erano un po’ trascurati parlando dell’altro secolo, quindi ho pensato, in Sardegna abbiamo l’unico premio Nobel per le lettere italiane femminile, io voglio parlare di lei e quindi ho raccolto le mie numerose conferenze e relazioni che avevo già fatto in unico volume che si chiamava appunto “Grazia Deledda”. Il tempo era pochissimo ricordo, questo invito l’ho avuto a novembre, l’idea di fare questo libro l’ho avuta a fine novembre, il master era a gennaio quindi ho chiesto a diverse case editrici ma nessuna in un mese, con Natale compreso, mi dava retta. Allora ho detto va bene lo faccio io, lo stampo con la mia casa editrice e lì è nata la collana Nemapress, la collana saggi nelle edizioni Nemapress che io ancora dirigo. Grazia Deledda diciamo ha iniziato sia la mia attività pubblicistica come volumi sempre su Grazia Deledda, sia la collana saggi della Nemapress, quindi è doppiamente nel mio cuore insomma e adesso sono arrivata a dodici libri su Grazia Deledda e il tredicesimo lo sto proprio ultimando. Secondo me Grazia Deledda ha attraversato due momenti come fama. Il primo fino agli 70 del secolo scorso, Grazia Deledda non si studiava, neppure nelle università sarde, neppure altri scrittori sardi perché c’era in voga una bruttissima considerazione della letteratura isolana come provinciale, come una letteratura regionale. Ho avuto alcuni professori all’Università di Cagliari e quando chiedevamo “fateci studiare Grazia Deledda, Giuseppe Dessì, Sebastiano Satta, Salvatore Satta” ci rispondevano “no, noi non siamo provinciali dobbiamo guardare fuori dalla Sardegna”. Quindi Grazia Deledda è stata ignorata, era anche una donna oltretutto, una donna ribelle nel mondo di schemi barbaricino, quindi figuriamoci. Oggi invece ha un rischio opposto, cioè quello di volere per forza ricanalizzarla. Io mi sto battendo perché Grazia Deledda sia considerata certo una scrittrice con radici sarde fortissime, come lei spesso scrive “Io se fossi nata a Stoccolma, a Roma o a Nuoro, sarei stata sempre quella che sono, una donna che si appassiona dei fatti della vita”. Le sto dettando quasi parola per parola una sua frase che io ho proprio inserito in un libro per dimostrare che Grazia Deledda aveva fortissima la concezione della sua origine sarda però oggi rischiamo di metterle il vestito sardo sempre, invece lei su trenta romanzi circa una decina almeno li ha ambientati in quello che noi chiamiamo continente, quindi è bene si possa ampliare la sua visione del mondo. Oggi secondo me c’è questo rischio, la si vuole pubblicizzare. Cioè tutto si chiama Grazia Deledda pure le salsicce, ed è ridicolo!   

3.      Una vita per la letteratura dunque,  quali sono state le sue influenze oltre alla succitata Grazia Deledda?

Come dicevo amo la letteratura delle donne e la poesia, però in questi anni mi sono imbattuta in personaggi anche della storia della cultura delle donne, e anche questi non avevano molta presa, e soprattutto non erano molto noti. Quindi mi sono avventurata devo dire anche con un buon successo viste le e cose che poi mi dicono chi legge questi libri, nel descrivere anche la storia di donne un po’ dimenticate. Faccio un esempio, Amalasunta, la figlia di Teodorico, era una grandissima regina, sapeva leggere e scrivere in latino e greco, oltreché il gòto, quando alla sua epoca anche i re come Carlo Magno avevano il sigillo perché non sapevano neppure fare la loro firma. Era una donna molto colta per l’epoca che ha fatto una politica particolare di pacificazione trai Goti, i Latini e i Romani e poi è stata strangolata, ancora oggi non si sa bene perché. Dunque questa donna mi ha affascinato e ho scritto la sua vita, così come ho scritto la vita di Ildelgarda di Bingen, la grandissima Ildegarda, da poco proprio nel 2013 è stata fatta Dottore della Chiesa da Benedetto XVI, ed è la quarta donna Dottore della Chiesa, gli altri 33 uomini, anche questo è importante e ancora oggi pochissimi la conoscono. E’ stata una donna, una badessa che ha messo in riga anche Federico Barbarossa. Altre donne di questo genere che mi vengono in mente per esempio Lola Mora, una grandissima scultrice argentina che ha vissuto a Roma e ha conosciuto Grazia Deledda. Piuttosto a proposito sempre di Grazia Deledda una delle cose a cui mi sono dedicata e che è saltata da qualche parte durante i miei studi, è proprio per dare la dimensione di Grazia Deledda che non è soltanto sarda chiusa nei cortili di casa sua come oggi purtroppo si rischia di farla ritornare, ma una Grazia Deledda aperta al mondo. A questo proposito è stato bandito a Galtellì, il paese dove ha ambientato “Canne al Vento”, il Premio Internazionale Galtellì in onore di Grazia Deledda per dei testi di prosa che ricordino i temi cari a lei; questi testi possano essere scritti in italiano, in sardo ma anche in inglese. Avremo una giuria composta da quattro persone, due donne e due uomini, una professoressa della Columbia University, il Direttore Editoriale dell’ Art Museum di New York,  due professori uomo e donna dell’Università di Hong Kong e per gentilezza sono molto onorata di questo, la presidenza della giuria la faccio io come rappresentante Italia-Sardegna. Quindi è una visione nuova su Grazia Deledda, quella appunto dell’apertura a tutto il mondo. Grazia Deledda è la scrittrice, anzi lo scrittore tra uomini e donne insieme, italiano più tradotto al mondo, questo ce lo dimentichiamo ecco. 

4.      Nonostante oggi vi siano una serie di canali da cui trarre informazioni e arricchirsi culturalmente pare che in Italia si legga molto poco o ci si informi male, secondo lei a cosa è dovuto questo andamento e cosa si potrebbe fare per ottenere un’inversione di rotta in positivo?

 Si legge poco, male e sempre più sintetico. Il fatto che per esempio adesso le notizie arrivino sempre via mail oppure la lettura venga fatta sul web è tutto molto più veloce, richiede meno parole e più sintesi ripeto. Io credo che potrebbe essere come dire anche un perverso progetto del “Grande Fratello”, in effetti il cittadino che è informato è veramente cittadino, il cittadino che non è informato bene è un suddito, questo è un dato di fatto. Allora io spero che non ci sia un progetto più ampio che tenda a tenerci come sudditi e quindi a non informarci correttamente. Certamente le donne e gli uomini di cultura devono assolutamente contrastare questo pericolo, e io credo che primo un’informazione via Internet fatta bene sia importante, non lasciata alla sciatteria, perché troppe volte noi leggiamo addirittura degli errori di grammatica o proprio nel linguaggio. Quindi deve essere un’informazione  non sciatta, fatta bene, perché i nostri giovani ormai si stanno muovendo sulle piattaforme web, sulle autostrade di Internet. Questo tipo di informazione è altrettanto importante della carta stampata. Io ne sono convintissima! Tra l’altro dirigo anche il portale letterario e vedo dai risultati dalle letture, e vedo che effettivamente se scrivo una nota su Grazia Deledda dopo un giorno ha non so 500 letture, se avessi scritto quella stessa nota su una rivista specializzata probabilmente non avrebbe avuto lo stesso numero di lettori. Quindi evviva Internet però fatto bene, cioè con attenzione e non in maniera troppo veloce, nella scrittura non nella lettura, perché a volte ci sono degli errori madornali. Per dirle un esempio, leggevo un articolo l’altro ieri in cui si parlava di un premio dato a Bevilacqua, ma Bevilacqua Osvaldo della tv; lo stesso articolo era corredato da una foto di Alberto Bevilacqua lo scrittore. 

  5. Oltre all’informazione e alla lettura si denota anche un impoverimento nel rapportarsi ad altre forme di espressione artistica. Penso per esempio alla poesia, parecchi, soprattutto i giovani, la trovano noiosa e poco interessante. Vista la sua esperienza anche come Docente secondo lei è collegabile ad una scuola vecchio stampo che non usa forme comunicative ed educative al passo coi tempi, o ad un inaridimento sociale che porta a percepire l’arte solo superficialmente, o quali altre cause suggerirebbe?

 Allora sfatiamo il mito che la poesia non piace, la poesia piace. Quando vado in giro per il mondo, e leggo poesie, perché una delle mie attività è anche quella di fare non dico teatro, non sono un’attrice, ma credo di essere una discreta lettrice di poesie, quindi leggo, faccio recital o reading. La poesia piace, ma la dobbiamo passare all’aria aperta e finirla di fare i professori. Io sono stata professoressa, ho insegnato nelle università e nei licei, mai quando insegnavo facevo troppe parole sulle parole degli scrittori, bisogna leggerli gli scrittori. Invece troppo spesso i professori ma anche i critici quando fanno le presentazioni, non so per esempio di Leopardi, leggi Leopardi! Perché piace!I poeti contemporanei leggili, falli ascoltare! No invece si coprono di grandi discorsi, di filologici, di come dire ragionamenti intellettualistici, è quello secondo me che allontana, cioè il parlarci troppo sopra. Io credo che la poesia sia molto amata dai giovani, ho tantissimi amici poeti, con la mia casa editrice pubblico tanta poesia e tanta ne rifiuto perché ovviamente nella quantità non c’è sempre la qualità. Però per la mia esperienza vedo che soprattutto i ragazzi amano ascoltare la poesia, quando ci sono dei reading o delle serate di poesia i ragazzi non scappano addirittura ascoltano, ammirano, le bevono quelle parole. Però se ci si intromette con un tipo di alterigia o di intellettualismo vecchio stampo questo secondo me è deleterio, tu devi spiegare. Quando finisco di parlare di un autore/autrice mi dicono “l’avrei voluta sentir parlare per ore perché lei parla in maniera semplice”. Per me è il complimento più bello che mi possano fare, perché parlare difficile o dire quattro/cinque parole in latino ci riusciamo tutti, ma il risultato qual è?Che i ragazzi si allontanano dalla letteratura, questo non deve succedere, perché secondo me è nell’animo dei ragazzi e dei non più ragazzi anche, ascoltare proprio la poesia. E’ bello!Leggiamo Grazia Deledda, non soltanto ascoltiamo tizio professore dell’Università tale. Veramente, la poesia oggi piace, è deleterio spesso come la si presenta. Noi dovremmo imparare prima di tutto a non essere professori, ma nel senso negativo del termine, oggi non abbiamo più maestri, io vorrei essere una maestra non una professoressa e non so se son troppo presuntuosa nel dire questo. Il suo professore che come diceva le ha trasmesso Leopardi alle scuole superiori è stato un maestro che le ha insegnato un qualcosa che le è rimasto dentro, perché le piace prendere un libro di letteratura o di poesia piuttosto che leggersi la domenica sportiva. Non ho nulla contro lo sport, mi perdonino i giornalisti sportivi ma il discorso è che oggi non abbiamo più maestri ma molti professori, a tutti i livelli ovviamente. 

6.      Le nuove tecnologie possono essere funzionali in questo senso, come vede l’editoria sul web e che rapporto ha lei, sempre in riferimento alla letteratura, all’arte e alla cultura in generale attraverso Internet?

 In parte l’ho già detto prima io ho un buon rapporto con Internet, non dobbiamo chiuderci sul discorso, oddio! Oddio! Il web o l’e-book ucciderà il libro cartaceo, assolutamente no, secondo me non è così, cioè possono solo convivere tutti e due, ma io dico  bello se un ragazzo legge sul tablet, sempre meglio sul tablet che nulla, poi quando avrà più soldini anziché leggere l’e-book che troverà attraverso Amazon o altri store su Internet, magari avrà piacere di comprarsi un libro, tenerselo in mano e magari segnare due parole che gli erano piaciute, cioè io non demonizzo. Dalla mia esperienza come casa editrice i nostri libri sono anche in versione elettronica ma vedo che non li vendiamo, mi sono accorta che in Italia forse, perlomeno il pubblico a cui ci rivolgiamo noi,  non è abituato. Forse i ragazzi sono più abituati a leggere sul tablet. La versione elettronica, non lo dico solo io ma anche l’ALI (Associzione Librai Italiani) che ha fatto parecchi studi su questo, non va, ancora siamo molto indietro rispetto al mondo anglossassone, però secondo me tutto serve. 

 7.      Limitandoci alla Sardegna, a parer suo ci son stati dei cambiamenti, in positivo o in negativo, nelle forme di espressione comunicativa e artistica anche fuori dai nostri confini?E’ una Sardegna più consapevole?

 Si, secondo me si. E devo dire anche a dispetto delle istituzioni che non sempre sono all’altezza, e questo lo vorrei dire tranquillamente e lo sostengo a viso aperto. Cioè la società, la gente, il popolo sardo, la cultura sarda della gente, è più avanti delle sue amministrazioni. Le faccio un esempio c’è un progetto che si chiama “Sartegna d’autore”, arte no?Già nella parola c’è arte, e presenta dieci pittori contemporanei sardi che però non solo esporranno le loro opere nei musei della Sardegna, ma anche in continente, e non sono pittori che fanno il solito nuraghe, per carità bellissimo, piuttosto che la pecora o il mare, sono pittori informali che portano fuori quell’idea di un’arte si sarda, perché magari poi usano il sughero piuttosto che forme materiche collegate alla terra sarda, però vanno oltre lo stereotipo, questo per quanto riguarda il progetto artistico. Per quanto riguarda il progetto letterario secondo me la Sardegna produce degli scrittori,  ma è anche avvalorato da tanti critici, di gran lunga superiori a molte altre regioni, noi abbiamo una cultura della lingua e della tradizione molto avanzata, quindi sono molto favorevole a questo rinascimento sardo, secondo me c’è, più nella coscienza di chi fa cultura piuttosto che di chi dovrebbe agevolare con le istituzioni, le quali invece sono un po’ arretrate. 

 8.      Le figure femminili hanno costituito gran parte dei suoi lavori letterari, donne di un certo spessore realmente vissute, sulla base dei suoi studi approfonditi  che collegamenti o differenze più in rilievo trova con le donne moderne?

 Innanzitutto fino all’800 le donne che scrivevano e arrivavano ad essere pubblicate e quindi famose era perché o erano amanti di qualche uomo famoso, o parenti di qualche uomo politico. Oppure perché facevano scandalo, mi viene in mente Sibilla Aleramo. Oggi certamente la donna ha più possibilità, qual è il pericolo forse? Sempre quel “Grande Fratello” che vive nell’ombra. La donna oggi, soprattutto le ragazze, non possono pensare che basti mostrare il seno o il sedere per arrivare, difendiamo la nostra cultura, la nostra specificità, la nostra differenza, perché è bello essere donna, così come è bello essere uomo. Evviva siamo diversi e ognuno ha una sua identità forte. Io scrivo col mio corpo di donna, non posso scrivere come un maschio perché lui scrive trasferendo la sua realtà col suo corpo. Dopo le grandi rivoluzioni come il femminismo eccetera tutte le ragazze credono che sia sempre stato così, se pensiamo al diritto di voto, praticamente l’abbiamo avuto avantieri! Invece io penso purtroppo anche osservando la cultura televisiva che sia troppo facile basandosi solo sulla bellezza esteriore, invece la bellezza di una donna è la sua interiorità, idem per l’uomo. Anche in questo senso quindi c’è un pericolo di superficialità, un guardare troppo all’esteriorità,  invece le nostre madri, parlando sempre di letteratura, come la nostra Grazietta o Matilde Serao,  hanno sempre lavorato su di loro. Matilde Serao era brutta, anche Grazia Deledda aveva degli occhi bellissimi ma non possiamo dire che era bella. Ma avevano un  potere e un carisma fortissimo perché avevano coltivato se stesse. Parliamo del versante maschile, Gabriele D’Annunzio era bello?Orribile, era bruttino, dalla maturità in poi mi riferisco. Però quando parlava aveva un potere sulle donne, le stregava con la sua cultura. Quindi oggi dobbiamo batterci perché le donne capiscano che non è soltanto l’aspetto fisico la parte su cui devono lavorare, ma sulla loro creatività e ricchezza interiore, che è quella che illumina anche un volto non bellissimo. 

9.      Secondo lei può una donna oggi essere emancipata, libera, impegnata lavorativamente, femminile, compagna fedele, mamma, donna appunto senza perdere la propria integrità e naturalezza?

 Certamente, io ne sono proprio convinta. Ci sono troppi luoghi comuni anche qui sulle donne libere, mamme non mamme. Tutto questo ce l’hanno attribuito molto spesso i maschi. La letteratura mondiale è piena di donne, ma le figure femminili e quindi la realizzazione culturale intorno alla donna il più delle volte, anzi quasi sempre, è uscita dalla penna di un maschio. Pensi a Flaubert “Madame Bovary c’est moi”. Non è vero Madame Bovary non era sua, era lui, questo bovarismo era una malattia di cui Flaubert era succube. Quindi noi abbiamo l’immagine del bovarismo adesso come di una donna, ma Madame Bovary c’est moi significa che effettivamente la donna è entrata attraverso lo sguardo di un maschio, quindi non è presentata direttamente ma sempre mixata. La donna è una, non è che io sono mamma, sono scrittrice, sono editrice, sono professoressa, queste sono tutte Neria! L’uomo è integrale, la donna è integrale e Neria in questo caso è Neria in tutto quello che è, in un pezzettino non sono più io, ma sono io perché son tutte queste cose.   

 10.  Ultima domanda di rito, che consiglio si sente di dare a chi ha la passione per la scrittura e nello specifico ai giovani scrittori sardi?

 Di non demordere, di scrivere, scrivere comunque, la Sardegna è una terra troppo particolare. Io darei proprio un consiglio seguendo Grazia Deledda, lei non ha mai tradito la sua identità, però non l’ha sentita come una gabbia. L’identità può essere come un’arma a doppio taglio; l’identità sarda è tale solo se ci si mette a confronto con gli altri, in questo modo capisco cosa sono io nel confronto, e quindi capisco la mia ricchezza. A volte vengono degli scrittori da me a dirmi “ah guardi ho pubblicato questo libro con…”e mi dicono dei nomi magari continentali,  e si prendono delle grandi fregature.  Agli scrittori sardi giovani e meno giovani dico siate accorti, sul mondo della scrittura esistono troppi sciacalli che vanno ad approfittarsi di questa voglia di scrivere, continuate a studiare, a leggere, a credere in voi stessi come faceva Grazia Deledda. Una volta le chiesero quale era la sua dote più importante nelle sua vita e lei ha risposto la perseveranza, lei aveva un obiettivo e su quello è andata. Il vostro obiettivo qual è?Scrivere?Una persona non può scrivere se non legge, leggete molto e scrivete molto, perché arriverà quel momento in cui qualcuno vi legge e vi dice che siete bravi. Ecco per esempio questo concorso di Galtellì per chi scrive secondo me è una bellissima occasione, provate e prendete i concorsi come una palestra, come prova di voi stessi.

 

Natascia Talloru

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Natascia Talloru
Author: Natascia Talloru
Freelance nel settore culturale. Dopo anni di formazione scientifica tra Cagliari e Milano, mi indirizzo nello studio delle terapie naturali, della medicina alternativa e antropologica, in particolare della Sardegna. E’ in Barbagia, nei luoghi del cuore, che le mie passioni per il giornalismo, la comunicazione e la musica si trasformano nel tempo in lavoro. Attualmente scrivo su testate giornalistiche online/offline e collaboro con diverse realtà locali nell’ambito della comunicazione web. Ho ideato Ilienses, un progetto musicale, culturale e audiovisivo sulla Barbagia, di cui sono anche General Manager. Vagabonda errante per natura, trovo la mia pace dei sensi nell’abitare e vivere i paesi della Sardegna, a contatto con la terra e le sue meraviglie.
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