Francesco Casu è uno dei più interessanti registi multimediali attivi sul territorio. Grande amante e conoscitore della Sardegna, specializzato in regia multimediale alla Kunsthochschule für Medien di Colonia, ha diretto per cinque anni il canale Tiscali Arte vincendo il premio WWW del Sole 24ore come miglior sito d’arte italianoHa progettato e realizzato diversi musei e mostre multimediali: Museo del Vino (Berchidda), Museo dei Tenores (Bitti), Città dell’impresa (Cagliari), il Museo Parodi, quello delle Janas (Setzu) e lo spazio Planetario (Cagliari). Ha progettato e diretto, come regista, le mostre interattive "Abitare il libro" e "Abitare la Musica" che, in Italia e all'estero, hanno riscosso un grande successo di critica e pubblico per la loro modernità e innovazione tecnologia e artistica.

Vanta inoltre una lunga collaborazione con l'artista Maria Lai con la quale ha realizzato la video installazione “Filando stupore nel cielo”. Ha inoltre firmato la regia di “Fili di Memoria” , il film sulla storia della radio e della televisione in Sardegna  prodotto dalla RAI.Attualmente sta lavorando ad un percorso multimediale su Salvatore Cambosu e Pietro Casu e al progetto Torri multimediali di Sardegna dove la torre diventa interfaccia conoscitiva tra mare e terra. Con lui parleremo del ruolo delle nuove tecnologie per la promozione territoriale, di buone pratiche culturali, di Maria Lai, progetti futuri e formazione professionale. 

 Partiamo.

1-  Quali sono i campi di azione di un regista multimediale?

Un regista multimediale deve saper padroneggiare diverse competenze che, in stretta relazione con diverse discipline, vivono in forme esperienziali sinestesiche e interattive, tramite differenti media e interfacce; per dirla più semplicemente, con la nascita dei new media si è superata la logica lineare e unidirezionale della comunicazione audiovisiva e si aperta la logica “on demand” delle informazioni, ovvero la possibilità degli ipertesti e degli ipermedia che consentono una navigazione attraverso diversi supporti: testi, audiovisivi, animazioni 3d e scenari di realtà virtuale o dispositivi cinetici dove lo spazio può diventare interfaccia. I campi dunque sono tanti: dai più tradizionali filmati ai format interattivi con app web e per pad, agli allestimenti museali multimediali fino al performing media come i concerti interattivi o le scenografie in video-mapping sulle architetture. Ho avuto l’occasione di sperimentare i più differenti media, dagli ologrammi alla spazializzazione dei suoni fino all’ utilizzo di interfacce create ad hoc per musei e installazioni. Nell’ ambito del performing-media ho avuto l’onore di partecipare a prestigiosi concerti di musica e immagini con musicisti come Paolo Fresu e Romeo Scaccia con i quali attraverso un sistema di VJ interattivo ho potuto creare una stretta relazione tra regia e musica live ed improvvisazione, uscendo dal rigido schema di un editing predefinito per arrivare ad una creatività più diretta dove le immagini assumono una valenza evocativa molto simile al linguaggio intuitivo della musica. Altro campo d’azione è la relazione tra le immagini audiovisive e tutti i sensi coinvolgendo anche l’olfatto, il gusto ed il tatto come abbiamo fatto nell’allestimento di Berlino dove i visitatori potevano degustare e sentire gli aromi tipici della nostra terra attraverso diffusori olfattivi. Un regista multimediale può dunque spaziare dai format più tradizionali fino alle più avanzate frontiere della comunicazione digitale.

2- Recentemente ha lavorato all’ allestimento di “Sensi di Sardegna”(curato dalle Camere di Commercio di Cagliari, Nuoro e Oristano), al Sardegna Store di Berlino: com'è andata? Quali son state le reazioni del pubblico tedesco?

“Sensi di Sardegna” è un allestimento multisensoriale ed interattivo ideato e creato con la preziosa collaborazione delle camere di commercio di Cagliari, Nuoro e Oristano con il compito di promuovere la conoscenza dell’offerta turistica ed eno gastronomica dei territori coinvolti. L’esperienza Berlinese è andata molto bene perché abbiamo sperimentato un nuovo format di promozione turistica che coinvolge il visitatore in una dinamica esperienziale diretta della Sardegna attraverso l’uso coordinato dei cinque sensi. Il visitatore era dunque chiamato ad interagire in appositi tavoli percettivi  e portare con sé un ricordo più vivo ed emozionale della Sardegna.  Il pubblico mostrava un forte interesse a vivere una esperienza inedita a metà strada tra il racconto e la realtà visto che i sapori, gli aromi e le sensazioni olfattive erano vere e vivevano in  una trasposizione visiva sincronizzata. Ovviamente un lavoro così complesso ha visto la collaborazione di tante professionalità e non posso esimermi dal citare lo splendido lavoro di design dell’arch. Merone che ha saputo interpretare lo spazio dandogli un nuovo ritmo percettivo e collaborando attivamente e direttamente alla creazione del format multimediale originale. Altrettanto preziosa la grandissima capacità organizzativa delle Camere di Commercio che hanno collaborato attivamente nell’allestimento, coordinando e supervisionando tutte le attività e tutte le problematiche gestionali.

3- Cosa ha portato in Sardegna delle sue numerose esperienze all'estero?

Sicuramente il fatto di aver studiato prima a Parigi per la tesi di laurea - Centre Pompidou-  e poi a Colonia per la specializzazione in regia multimediale mi ha aperto un confronto internazionale ed una metodologia nel lavoro preziosissime che mi hanno cambiato la vita. Entrare in contatto con insegnanti come Fabrizio Plessi, Dieter Jung, Bian Eno solo per citarne alcuni mi ha dato la possibilità di credere nelle mie potenzialità collaborando in progetti prestigiosi come l’allestimento della videoscenografia per il concerto in diretta mondiale da New York di Pavarotti, Domingo e Carreras. 
L’altro aspetto importante che ho scoperto in Germania è la meritocrazia, se hai idee e buona volontà ti viene realmente data la possibilità di crescere e quegli anni di formazione non sono stati soltanto teorici ma ricchi di produzioni, collaborazioni e realizzazioni. In Sardegna ho portato questa mentalità del fare molto e parlare poco che caratterizza il modello educativo e formativo anglosassone. E’ un bene prezioso molto importante quello del cimentarsi e vedere realizzati i propri progetti sapendo collaborare e dialogare con gli altri ed infatti il mio gruppo di lavoro è molto aperto e collaboro con tante differenti professionalità che condividono la metodologia dell’impegno e della dedizione al lavoro in una visione di qualità sempre crescente delle proprie produzioni.

4- Cosa manca alla promozione culturale della Sardegna? Secondo lei si fa abbastanza per rendere fruibile e maggiormente accattivante il nostro patrimonio culturale?

Credo che ci sia ancora un atteggiamento di campanile che riecheggia l’antico motto dei “malunidos”, dobbiamo fare squadra e promuovere come sardi “uniti” tutto il nostro prezioso patrimonio culturale, fare rete e mettere a sistema tutto l’intero territorio come un grande museo en plein air da promuovere come un unicum inscindibile ricco di varietà e specificità.
Ancora mi capita di andare a vedere qualche Domus de Janas come quella meravigliosa di Oniferi che contiene i petroglifi più antichi della Sardegna e trovarla muta e abbandonata in un campo con una recinzione aperta da saltare per potervi accedere. E’ una immagine triste ma mostra come ancora i nostri tesori sono spesso, troppo spesso, abbandonati e inconsapevolmente non gestiti.
Bisognerebbe prima di tutto riappropriarsi di questa immensa eredità facendo crescere la consapevolezza di ciò che si possiede, questo è un passaggio culturale che chiede un nuovo scarto mentale soprattutto nei giovani. Spesso mancano indicazioni stradali e diventa veramente difficile raggiungere i punti di interesse eppure basterebbe, con tutti gli strumenti di georeferenziazione disponibili, creare delle app. che ti guidino ai luoghi più belli senza il rischio di perdersi in strade improbabili, sperando di incontrare qualcuno che ti aiuti. I paesi dell’interno devono organizzarsi per far crescere strutture d’accoglienza all’altezza del turista contemporaneo; oggi si assiste ad un turismo culturale “mordi e fuggi” e questo non porta alcun sviluppo del territorio. Puoi avere un bene unico ma diventa “invendibile” se non si crea al contempo una struttura d’accoglienza adatta alla fruizione e al tempo stessa integrata nel territorio. In sintesi le  parole chiave sono: strutture d’accoglienza adeguate, modalità espositive e divulgative accattivanti e servizi in multilingue presso tutti i beni artistico-culturali.

5- Musei multimediali in Sardegna: come sono stati recepiti?

Il nostro studio ha realizzato in questi anni diversi musei multimediali e mostre itineranti per raccontare la Sardegna e le sue specificità attraverso i new-media e il pubblico e la critica specializzata hanno sempre apprezzato molto queste nuove modalità espositive. Il problema è che spesso questi musei vengono gestiti da personale non altamente qualificato che non sempre ha piena consapevolezza delle potenzialità insite nel museo stesso. Una logica spesso “impiegatizia” caratterizza le innumerevoli cooperative di gestione museale senza una spinta imprenditoriale per attivare eventi ed iniziative che tengano sempre vivi questi spazi, proponendo aggiornamenti ed implementazioni che li rendano al passo coi tempi e con la comunicazione sui social media e sulla rete.

6- Tra i suoi ultimi progetti vi è la regia del documentario “Radici”, dove si scopre la figura dello scrittore Salvatore Cambosu e, al contempo, si apre una riflessione sul discorso delle origini e della salvaguardia della nostra cultura. Come raccontarla e come salvarla?

Radici è un filmato e al contempo un infopoint on demand dove testimoni autorevoli, compaesani ed amici ci raccontano il cosiddetto”scrittore nascosto” che, come appare chiaro dall’opera, così nascosto non era, anzi viene fuori un Cambosu comunicatore attivo, aperto ai linguaggi e agli stili della contemporaneità, tutt’oggi attuale, capace di accendere nelle nostre coscienze l’esigenza di ricordare da dove veniamo per attingere dall’humus fecondo identitario nuovo slancio per le sfide del presente e del futuro. Antonello Menne, curatore con Eleonora Frongia della ricerca e del libro che sta alla base del dvd ha mostrato nel corso del lavoro un notevole talento nella scrittura per immagini, tanto che con grande generosità, professionalità e impegno ha accettato il mio invito a condurre con Daniela Deidda, attrice e autrice di testi divulgativi, lo spettatore per mano, nel viaggio alla scoperta delle radici socio-culturali di Salvatore Cambosu. E’ nata così una sceneggiatura a più mani, dove Antonello ha svolto il ruolo di guida e di selezione dei contenuti tratti dal vasto archivio di Radici. Abbiamo girato la conduzione per le strade e le piazze di Orotelli evocando il genius loci di Cambosu e respirando le atmosfere così care al nostro autore. Nel finale compaiono le strade di Orotelli girate in camera-car in sovrapposizione con le splendide immagini di Fiorenzo Serra, gentilmente concesse dalla casa editrice Ilisso e dalla famiglia Serra. In voice-over si snoda uno splendido testo di Menne che racchiude il senso di tutto il lavoro, nell’adagio che invita i giovani a ricongiungersi col proprio passato e diventare una comunità che vive l’identità come apertura al mondo e al futuro.
Credo che Radici sia un opera importante anche per la metodologia utilizzata che ricalca lo stile di Cambosu, che scendeva per le strade e tra la gente per ascoltare le testimonianze dirette; così le giovani ricercatrici (orotellesi DOC) del progetto Radici armate di telecamere e taccuino sono andate a registrare le memorie e le testimonianze di tantissime persone, studiosi,amici e conoscenti. Credo che ogni comunità dovrebbe riappropriarsi delle proprie memorie prima che sia troppo tardi e “sos mannos” scompaiano silenti lasciandoci  veramente orfani. La Sardegna è un’ isola unica nel Mediterraneo per densità di tradizioni, costumi e specificità linguistiche ed etnomusicologiche. Di recente ho firmato come curatore e regista per il gruppo editoriale Unione Sarda insieme all’ etnomusicologo Marco Lutzu, l’Enciclopedia Multimediale della Musica Sarda, un lavoro in oltre trentadue volumi composto da volumi cartacei, dvd e cd audio voluta e sostenuta fortemente dall’editore  Dott. Sergio Zuncheddu che ci ha lanciato la sfida di chiudere un’ opera così importante in meno di nove mesi. Una sfida che abbiamo accolto creando ad hoc un team di esperti e studiosi, fotografi, cameraman, tecnici, grafici   che hanno lavorato a ritmi veramente intensi, spinti da una forte motivazione per l’ottenimento di un risultato di qualità che segnasse culturalmente la nostra terra nell’affondo serio e divulgativo al contempo nel patrimonio musicale e poetico sardo. Credo che questi siano esempi virtuosi di come “giocarsi” le radici immettendole nel linguaggio contemporaneo della comunicazione multimediale senza tradire il valore forte e l’originalità del messaggio.

7Ha lavorato alla videoinstallazione “Filando stupore nel cielo” e collaborato, in diverse occasioni, con la grande artista Maria Lai. Che ricordo ne conserva?

Ho avuto la fortuna di incontrare Maria Lai già quando studiavo a Colonia nel 1995 e da giovane studente avevo esposto una mia videoinstallazione intitolata il “limite illimite” esposta in una mostra dove lo spazio era scandito da immagini di confine che alludevano all’infinito come dimensione spirituale di apertura alla poesia e al mistero. Maria vide la mia opera a Cagliari e mi fece chiamare dal curatore della mostra Gianni Murtas esprimendo il desiderio di conoscermi, io ero emozionato per questa attenzione al mio lavoro e arrivai all’appuntamento carico di attese. Appena la vidi col suo sorriso irresistibile, tutto si sciolse in naturalezza e ricevetti il suo forte abbraccio come una sorta di benedizione. Ricordo ancora le sue parole sussurrate nell’orecchio:”prima o poi dobbiamo fare qualcosa insieme” e così è stato, tanti anni dopo. Abbiamo progettato e realizzato mostre, installazioni interattive, videofiabe animate e spettacoli multimediali. Lavorare con lei è stata un esperienza unica e ricchissima, difficile da raccontare in poche righe; ma sempre divertente , entusiasmante aperta al mistero e alla scoperta di nuove possibili soluzioni. Era una sorta di gioco dove partivamo da alcune premesse ideative e poi si iniziava un viaggio che non sapevi quanto tempo avrebbe richiesto. Avevo sempre la netta sensazione che con Maria il tempo era sempre tempo ben speso, aveva una resistenza al lavoro unica ed una forza di concentrazione straordinaria, quasi da monaco zen. Mi ricordo che una volta, mentre stavamo preparando l’allestimento del set per le riprese dinamiche dei presepi, io, esausto per il lavoro - ero ospite a casa sua a Cardedu come capitava spesso nei periodi di lavoro intenso-  le confessai la mia stanchezza dopo la giornata di riprese e lei, con un sorriso affabile, mi disse:”vai a riposare io continuo a sistemare” . Dalla mia stanza al piano di sopra sentivo Maria armeggiare, spostare tavole, battere chiodi e pensai che quella donna di novant’anni aveva una energia incredibile, un furore creativo pazzesco che non sentiva la stanchezza. Che lezione! La sua dedizione al lavoro era totale, monastica oserei dire, una monaca dell’arte che ogni giorno giocava la sua partita col mistero poetico del suo originalissimo percorso creativo.
Credo che l’eredità più bella che mi ha lasciato è l’atteggiamento interiore con cui affrontava i lavori e le sfide creative, un atteggiamento fatto di silenzio, ascolto e tanto, tanto lavoro. Citava sempre questa frase di Cambosu tratta da Miele Amaro:”Non ti stancare tenta e ritenta con cautela, con cautela sempre maggiore e chissà che dopo tanto e poi tanto forse un giorno, indimenticabile giorno sarai finalmente poeta: poeta che anche con un solo verso potrai far nascere tempesta e arcobaleno e consolare i vivi e resuscitare i morti”. Questa continua tensione fatta di innumerevoli tentativi continui è il ricordo più bello che conservo di lei.

8- Quali sono ad oggi le buone pratiche da usare come spunto per la nostra promozione artistico e culturale?

Credo che bisognerebbe guardare agli esempi virtuosi europei soprattutto in Francia dove piccoli paesini come i nostri son diventati gioiellini di accoglienza dove vivere delle esperienze estetiche, enogastronomiche e culturali all’interno di bellezze naturali. Un mix che forse in parte si è realizzato a Berchidda, mio paese di origine, grazie all’opera di Paolo Fresu che è riuscito ad innestare le tematiche della musica jazz internazionale con le tradizioni locali  fondendo in una unitaria visione g-local (globale e locale) l’intero paese che ha accolto con entusiasmo questa sfida.

9- “Lasciare la Sardegna con la consapevolezza del ritorno”. È un consiglio che si sente di dare ai giovani universitari?

Certamente sì, occorre confrontarsi, fare esperienze comparative innesta un processo di crescita e di identificazione e ci costringe a metterci in discussione ed abbandonare modelli sbagliati e cercare nuove prospettive per leggere la realtà. Credo che l’età migliore sia quella degli anni universitari quando la persona è già in parte strutturata ma ancora fresca per cogliere dinamiche formative aperte al cambiamento e alla crescita. Il ritorno credo sorga spontaneo, l’importante è arricchirsi di esperienze e competenze e comprendere come giocarsele in SardegnaQuando son tornato in Sardegna mi veniva difficile spiegare che lavoro facessi e cosa significasse multimedialità, ma era un vantaggio sugli altri che ancora non conoscevano questi nuovi linguaggi e per me è stata una competenza che mi ha immesso immediatamente nel modo del lavoro accrescendo così ulteriormente la mia professionalità. Così, consiglierei ad un giovane di cercare la propria vocazione lavorativa e se necessario partire per trovare l’eccellenza e poi tornare con un progetto in testa e tanta buona volontà per realizzarlo senza mollare mai il sogno di un lavoro che piace, perchè il fare con passione qualcosa credo faccia la differenza.

10 - Concludiamo con una riflessione su una frase di Victor Hugo: “Fate come gli alberi: cambiate le foglie e conservate le radici.  Quindi, cambiate le vostre idee ma conservate i vostri principi."

 Saper cambiare è fondamentale, bisogna continuamente rinnovarsi e saper accogliere le diverse stagioni della vita cercando sempre per quanto possibile di migliorarsi.  Credo sia importante saper vivere il presente con intensità e non stare alla finestra ma immergersi nella vita con coraggio. Il regista Francoise Truffaut dice al giovane regista che sta iniziando: “fai la tua ripresa come fosse l’ultima ripresa". E’ un invito a fare le cose seriamente, mettendosi in gioco totalmente. Quando da bambino giocavo a pallone ricordo ancora un amichetto che vedendo il mio scarso impegno in partita mi urlava :”ooh si giogausu giogausu” che tradotto suona:  "se si gioca, si gioca davvero", mostrando come il gioco fosse una cosa seria, molto seria. Cosi è la vita, il lavoro, l’amore vanno giocati con tutto se stesso sapendo cambiare ma restando fedeli. Martin Buber in un saggio “L’io e il tu” dice:”Il Signore nel suo giudizio finale non ti chiederà perché hai fatto o non hai fatto questo o quello ma ti chiederà perchè non sei stato te stesso” Credo che sia vero, sia per chi ha la fede, sia per chi non l’ha, seguire il comandamento interiore per diventare sempre di più se stessi crescendo, maturando, scegliendo e vivendo senza la paura di voler cambiare per raggiungersi.


Si nasce ritornando, ritornando al sé più autentico.

 

Mariella Cortes

 

Autore dell'articolo
Mariella Cortes
Author: Mariella Cortes
Curiosa per natura, alla perenne ricerca di luoghi da scoprire, persone da raccontare e storie da ritrovare. Giornalista dal 2004 per carta, televisione, radio e web, lavoro a Milano come formatrice per aziende e professionisti e come consulente di marketing e comunicazione. FocuSardegna è il filo rosso che mi lega alle mie radici, alla mia terra che, anche nei suoi silenzi, ha sempre qualcosa da dire. Mi trovi anche su: www.mariellacortes.com
Dello stesso autore: