Paolo Porcu, 64 anni originario di Desulo, è componente del consiglio di amministrazione della società Sardaleasing SPA. Dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Cagliari, si trasferisce in Emilia, dove ottiene il suo primo incarico presso la Banca cooperativa di Bologna ricoprendo anche il ruolo di responsabile dell’ufficio legale. Nel 1984, in seguito alla fusione con la Banca popolare di Modena, passa alla Bper, Banca popolare dell’Emilia Romagna. Dopo 18 anni, nel 2002, ritorna in Sardegna: prima alla direzione generale del Banco di Sardegna, dove nel 2004 viene nominato direttore controllo crediti e precontenzioso,  poi nel 2008, presso la Banca di Sassari con il ruolo di direttore generale che conserverà sino al 2014. Profondo conoscitore del tessuto imprenditoriale locale e delle dinamiche legate al sistema creditizio, discuteremo con lui in merito alle attuali difficoltà attraversate dalle imprese sarde, alle problematicità di accesso al credito e alle politiche bancarie nei confronti delle startup.

 

Partiamo:

1.       Lei ha maturato nel corso del tempo una profonda conoscenza del tessuto imprenditoriale della Sardegna. Qual è l’attuale situazione del comparto economico isolano e quali sono i settori che soffrono maggiormente?

La situazione è di grave crisi. Soffrono soprattutto il commercio e l’edilizia. La forte presenza di una articolata amministrazione pubblica (Comuni, province, regione e enti controllati) ha svolto una funzione di stabilizzatore sociale, grazie alla quota rilevante di lavoratori a tempo indeterminato. Questo effetto si è dispiegato essenzialmente nelle aree in cui la macchina pubblica è più presente.

 2.       Operando nel settore creditizio ha avuto modo di cogliere quelle che sono le difficoltà attraversate dalle imprese locali anche antecedentemente alla particolare congiuntura economica attualmente attraversata. Quali sono, a suo avviso, le maggiori difficoltà riscontrate dagli imprenditori?

Inefficienza della pubblica amministrazione, costo elevato dell’energia, qualità inadeguata dei servizi e della consulenza all’impresa, sia di matrice pubblica che privata.  Il tessuto produttivo, costituito essenzialmente da piccole e piccolissime imprese, ha bisogno di servizi e consulenza di qualità, in assenza dei quali fatica a crescere e a svilupparsi.

 3.       L’accesso al credito ha rappresentato in Sardegna un elemento di forte criticità per le PMI che, con l’acuirsi della crisi economico-finanziaria, hanno visto un progressivo irrigidimento nelle relazioni con il sistema bancario, con una continua contrazione dell’erogazione del credito. In tutto questo quanto hanno influito i nuovi parametri imposti da Basilea III?

Moltissimo. E ciò ha avuto un effetto prociclico, cioè ha contribuito ad aggravare la crisi. Vedrei però anche gli aspetti di medio lungo termine, che sono positivi. Una gestione attenta e rigorosa del credito rappresenta un fattore positivo per l’economia. Le banche svolgono correttamente la loro funzione sociale se accompagnano le imprese meritevoli e scoraggiano quelle con scarse prospettive. A tal fine è importante anche che cresca a capacità degli operatori finanziari di valutare l’idea e il business. Un elemento di positività importante è che nel nostro paese le banche hanno il loro core business nell’attività di intermediazione, con un presidio della qualità del credito migliore che all’estero e con una scarsa incidenza della speculazione finanziaria. Per questo l’Italia è lo Stato europeo in cui vi è stato meno bisogno di un intervento pubblico per la gestione di crisi bancarie.

 4.       Negli ultimi anni il costo del credito, complice la riduzione dei tassi applicati dalla Banca Centrale Europea, finalizzata a sostenere una ripresa dell’economia, ha registrato una flessione. Come mai, nonostante questi interventi, la domanda di credito è rimasta pressoché immutata?

La domanda di credito è debole perché le aspettative degli operatori sono negative. Nel nostro paese, in particolare, è diffusa la sensazione che non si stiano superando i limiti strutturali che ostacolano la competitività del sistema produttivo. L’incremento della disoccupazione incide negativamente sulla domanda di consumi. Anche coloro che hanno un reddito sicuro, a causa dell’incertezza consumano meno. La prudenza nelle scelte delle imprese che si rivolgono al mercato interno, la gran parte, soprattutto al sud, ne è logica conseguenza. Per questo si investe poco.

 5.       È interessante rilevare la presenza di differenze significative del costo del credito in funzione dell’area geografica di appartenenza. Come è facilmente intuibile, sono le imprese del Mezzogiorno (e tra queste la Sardegna) a pagare un  prezzo più alto, con un tasso effettivo che supera di due punti percentuali quello praticato alle imprese del Nord Est. È solo una componente legata al rischio oppure influiscono altri fattori?

Il maggior rischio di impresa nel sud è reale. Le imprese qui operano in contesto molto meno favorevole, e più lontano, anche fisicamente, dai mercati esterni. Anche se le statistiche guardano alle medie. Abbiamo imprese, anche al Sud, con una rischiosità contenuta, che pagano prezzi (tassi) inferiori a quelli di operatori della penisola. A penalizzare le imprese del Sud sono i limiti derivanti dallo storico operare in un contesto più chiuso, meno competitivo, più protetto, in cui si cresce meno. Ciò fa si che il numero di imprese deboli sia da noi maggiore, e di conseguenza il costo del credito in media ne risente rispetto a territori in cui vi è una maggiore incidenza di imprese internazionalizzate e che vendono sui mercati esteri.

 6.       Come è giustificabile, a suo avviso, il fatto che le imprese sarde debbano talvolta sostenere un costo del credito maggiore rispetto a quello praticato in altre regioni italiane con “fondamentali” peggiori dei nostri?

Il costo del credito di un’impresa dipende non solo dalla bontà del contesto in cui opera, ma anche e soprattutto dalla sua affidabilità e dalla sua solidità. E’ normale che qualche impresa sarda paghi un costo del credito superiore a quello di qualche impresa operante in regioni con fondamentali peggiori dai nostri. Sarebbe sbagliato se il nostro costo medio del credito fosse maggiore di quello di regioni con fondamentali peggiori. Ma così non è.

 7.       Come è possibile fare arrivare denaro fresco a una percentuale elevatissima di imprese sarde nonostante esse siano per lo più non bancabili e sottocapitalizzate?

Avendo la capacità di leggere caratteristiche del business e prospettive dell’impresa anche al di là di quanto ci dicono i bilanci. Un esempio è il settore agricolo. Tante microaziende affidabili e con prospettive che talvolta non hanno neanche un bilancio. E lo stesso vale per l’artigianato.

 8.       C’è un margine di discrezione nella valutazione del singolo imprenditore?

Certo. La capacità dell’imprenditore di realizzare la sua idea e di gestire la sua azienda è uno degli ingredienti del successo. Pertanto se ne tiene conto in misura rilevante nella valutazione delle richieste di credito.

 9.       Quali sono le politiche del credito attuate dalle banche nei confronti delle start-up?

Vi sono alcune banche (quella che ho diretto sino a poco tempo fa, per esempio) che prevedono delle linee di finanziamento specifiche per le star up. Si tratta di imprese con un livello di rischio elevato. Il ruolo delle banche deve essere quello di accompagnare anche tali imprese nell’attività ordinaria, fermo restando che il considerevole livello di rischio di una start up si sposa, per le operazioni di investimento, più con l’intervento di un fondo di venture capital che con il credito ordinario.

 10.   Che suggerimento darebbe ad un giovane sardo?

Confrontarsi con i contesti economici esterni, fare esperienze all’estero, ricercare la qualità e l’eccellenza. È la chiave del successo. Il tempo delle facili rendite è finito e non si torna indietro. 

Simone Tatti

photo: Alec Cani

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Simone Tatti
Author: Simone Tatti
Giornalista, data analyst e performance strategist per aziende, istituzioni e privati che hanno bisogno di implementare il proprio business e costruire un’immagine positiva mediante comunicazione tradizionale e digitale. Economista di formazione, con master in sviluppo territoriale e gestione d’impresa mi appassiono al mondo dei media dopo aver vinto il primo concorso universitario Heineken – Ichnusa in “Marketing e Comunicazione”. Scrivo con costanza da circa nove anni su testate giornalistiche off e online prediligendo la produzione di reportage e articoli di analisi statistico/economica. Per amore verso la mia terra, fondo www.focusardegna.com. Ho curato l’immagine e la comunicazione di progetti di destinazione turistica (i.e. Distretto Culturale del Nuorese e Sardinia East Land | destinazione globale Nuorese Ogliastra) e la gestione dei canali social di affermati mass media (Unione Sarda, Videolina e Radiolina). Di recente anche startupper.

Per sapere altro su me o quel che faccio, visita il mio sito www.simonetatti.it.

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